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 2019  giugno 19 Mercoledì calendario

Nel mondo ci sono 70 milioni di persone in fuga. Servono posti per 1,4 milioni di rifugiati ma, nel 2018, gli Stati ne hanno messi a disposizione solo 81.300

Pensate all’Italia intera in fuga. Anzi di più. Più di 70 milioni di persone costrette a lasciare le loro case per sfuggire a guerre, violenze, persecuzioni, fame. malattie, povertà. Mai così tanti. È un record assoluto che fa paura quello rivelato dal Global Trends, l’annuale report dell’Unhcr, alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato. E fa ancora più paura a fronte dell’assolutamente insufficiente disponibilità di molti Paesi, a cominciare dall’Europa, ad accogliere chi scappa da luoghi in cui non vengono rispettati i diritti umani, come non si stancano di ripetere ogni giorno le agenzie dell’Onu che lavorano sui processi migratori, Unhcr e Oim.
Dieci anni fa gli sfollati forzati erano “solo” 43 milioni, ora siamo vicini al raddoppio. Un aumento vorticoso che non è stato determinato solo dal conflitto siriano. Certo, gli anni tra il 2012 e il 2015 hanno segnato un picco, ma fa riflettere il dato del 2018 in cui il numero delle persone in fuga è cresciuto di ben 2,3 milioni di persone.
C’è un nuovo punto di crisi nel mondo ed è il Venezuela da cui, solo nel 2018, sono partite oltre 3 milioni di persone, ad un ritmo di 5.000 al giorno. Ma se ( nei grandi numeri) i Paesi in cui i venezuelani cercano rifugio sono innanzitutto quelli circostanti, dell’America Latina e dei Caraibi, c’è un dato, piccolo in termini assoluti ma significativo come tendenza, che vede più che triplicato il numero delle persone che decidono di percorrere una nuova, inedita rotta verso l’Europa, Spagna e Italia in primis. In aereo, naturalmente, con regolare biglietto e senza necessità di visto. Poi, una volta arrivati dall’altra parte dell’Oceano, decidono di avanzare richiesta di asilo. Sono raddoppiati, da dieci a ventimila, i venezuelani che hanno chiesto asilo in Spagna, e aumentati del 316 per cento ( anche se con numeri decisamente più bassi) anche quelli che hanno scelto l’Italia. Un flusso che sembra temporalmente coincidente con la politica del muro di Donald Trump. Insomma, per chi aveva scelto di trovare rifugio negli Stati Uniti e non è riuscito a passare, la strada europea è apparsa più praticabile e meno rischiosa.
Se il Venezuela, con un richiedente asilo su cinque, è il Paese da cui nel 2018 è fuggita più gente, il Libano si conferma invece quello che ( in proporzione alla popolazione locale) ospita più rifugiati, ben uno ogni sei residenti. Qualche sorpresa riserva anche la classifica degli Stati che accolgono il numero più alto di profughi: la Turchia su tutti, per il quarto anno di fila, con 3,7 milioni di persone, seguita da Pakistan, Uganda, Sudan e, primo Paese europeo, la Germania con poco più di un milione di profughi. Sempre di più i minori costretti a fuggire soli, senza famiglia. Circa la metà della popolazione dei rifugiati del 2018 è sotto i 18 anni.
A fronte di questo picco di fughe, i ritorni nei Paesi d’origine non tengono il passo: più di 210.000 persone hanno deciso di rientrare in Siria nel 2018 ma, secondo l’Unhcr, non ci sono ancora le condizioni di sicurezza per avviare un programma di rimpatri. Qual è dunque l’unica risposta possibile a questa fuga globale dalle tante aree di rischio del pianeta? La parola magica è reinsediamenti, ma le cifre sono scoraggianti. Servirebbero posti per 1,4 milioni di rifugiati ma, nel 2018, gli Stati ne hanno messi a disposi zione solo 81.300: il gap tra domanda e offerta supera il 90 per cento e continua a salire.