La Stampa, 18 giugno 2019
Prende il via il processo a Salvini. È accusato di vilipendio per aver detto: «Qualcuno usa gli stronzi che mal amministrano la giustizia. Difenderò qualunque leghista che venga indagato da quella schifezza che è la magistratura italiana che è un cancro da estirpare»
Inizia domani in Sesta Sezione Penale il processo a carico del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini accusato dalla procura di Torino di vilipendio dell’organo giudiziario (art 290 del codice penale). E in aula sarà il Procuratore Aggiunto Emilio Gatti (capo del pool che indaga anche sui reati a sfondo politico) a rappresentare l’accusa dopo aver seguito come titolare l’intera inchiesta ereditata dall’ex capo dei pm Armando Spataro andato in pensione a dicembre 2018. Nel marzo scorso i legali di Salvini avevano chiesto che l’inchiesta venisse avocata dalla procura generale. Con una motivazione chiara: e cioè che alcune delle frasi pronunciate dall’imputato e finite al centro delle contestazioni del pm fossero state decontestualizzate rispetto al senso generale del discorso tenuto dal vicepremier a Collegno. Era il 14 febbraio 2016, congresso della Lega piemontese. Disse, secondo la ricostruzione dell’accusa: «Qualcuno usa gli stronzi che mal amministrano la giustizia. Difenderò qualunque leghista – disse Salvini – che venga indagato da quella schifezza che è la magistratura italiana che è un cancro da estirpare». La frase fu pronunciata in riferimento al rinvio a giudizio di Edoardo Rixi, all’epoca vicesegretario nazionale della Lega, nell’inchiesta sulla presunta Rimborsopoli ligure. Fu lo stesso Salvini poco dopo a precisare con una nota: «Come ovvio, e per fortuna, ci sono tanti giudici che fanno benissimo il loro lavoro: penso a chi è in prima linea contro mafia, camorra e ’ndrangheta. Purtroppo – scrisse all’epoca – è anche vero che ci sono giudici che lavorano molto di meno, che fanno politica, che indagano a senso unico e che rilasciano in 24 ore pericolosi delinquenti. Finché la magistratura italiana – aggiunse Salvini – non farà pulizia e chiarezza al suo interno, l’Italia non sarà mai un Paese normale». La precisazione non bastò a evitargli l’iscrizione nel registro degli indagati. Alla richiesta dei suoi legali di effettuare nuovi accertamenti ha risposto pochi mesi fa la Procura Generale guidata dal Pg Francesco Saluzzo bollando l’istanza come «totalmente infondata». Aggiungendo peraltro come le immagini dell’intervento del vicepremier fossero state correttamente – e integralmente – acquisite da un servizio giornalistico Rai. Il fascicolo è rimasto dunque alla procura ordinaria e il procedimento penale è andato avanti. Poco prima – il 9 ottobre 2018 – il ministro della giustizia Alfonso Bonafede aveva rilasciato l’autorizzazione (prevista dall’articolo 313 del codice penale) senza la quale l’accusa sarebbe andata incontro a prescrizione certa. Fu il primo a farlo dopo i tre solleciti inviati da Spataro ai suoi predecessori a capo del delicato dicastero, rimasti senza risposta. Un via libera arrivato a distanza di due anni dalla prima richiesta dell’allora capo della procura.