Corriere della Sera, 18 giugno 2019
I conti degli eventi
Non basta «un concetto, un’idea» (avrebbe detto Giorgio Gaber) per trasformare un «grande evento» in un successo duraturo e strutturale, capace di incidere nella vita quotidiana di una città e di progettare il suo futuro. Occorrono ingredienti manageriali e professionali solidi e precisi, capaci di attirare investimenti proiettati nel futuro per evitare che l’appuntamento si concluda e lasci tutto così com’era prima, vanificando un’opportunità irripetibile di cambiamento. Anche perché le città, in questa nostra difficile contemporaneità, sono organismi complessi e quindi delicati: è doveroso sapersi «muovere bene».
Se n’è parlato recentemente a Event-able, le città e l’eredità dei grandi eventi, un confronto organizzato al Padiglione Rinasco di Fabriano, nell’ambito della XIIIª Conferenza annuale delle città creative Unesco, da Ppan – Piattaforma di comunicazione e networking per il costruito. Il dibattito ha avuto come punto di partenza e di analisi un complesso database (https://event-able.org/) che ha raccolto tutti i materiali su ottanta casi di grandi eventi nel mondo dal 2004 a oggi.
I «casi» italiani
Per l’Italia si sono per esempio analizzati i casi di Genova Capitale Europea della Cultura 2004, del G8 a L’Aquila nel 2009, dell’Expo a Milano del 2015 e di Cortina 2021 per i Campionati mondiali di sci alpino. Ne hanno parlato l’ideatore dell’iniziativa Mario Kaiser (Design Advisor & Project manager e designer advisor dei Giochi Olimpici di Londra 2012, nonché consulente per Milano Expo 2015); Renato Quaglia, dell’European Festival Association Efa-Aef e Fondazione Foqus; Susanna Sieff, Fondazione Cortina 2021; Sonia Pallai, consulente per il Centro Studi Turistici Firenze. Punti di vista diversi ma tutti allenati all’analisi dell’impatto che può avere su un territorio la realizzazione di un avvenimento sportivo, di un appuntamento internazionale, di un evento culturale. Di qualcosa, insomma, destinato ad essere illuminato dai riflettori mediatici per un certo periodo. Il punto è: che cosa resterà?
Ed ecco qui, in sintesi, i cinque nodi che caratterizzano un «buon evento», così come emergono dall’incrocio tra le esperienze e dall’analisi del database. Primo punto: un «evento positivo» sa cogliere la vocazione del territorio, evita innesti artificiali e lontani dalla cultura e dalla sensibilità locale, fa in modo che il luogo venga percepito come il perno dell’appuntamento. Secondo: l’avvenimento si basa su una programmazione di lungo periodo per evitare improvvisazioni e per poter affrontare eventuali imprevisti. La programmazione sa essere trasversale (la pianificazione del territorio, lo scambio pubblico-privato, il nodo ambientale e quello della comunicazione). In questo modo le diverse realtà della città vengono coinvolte ed escono trasformate e arricchite dall’evento.
La collaborazione tra le città
Terzo: occorre certezza dei fondi e capacità di attirare risorse dai privati proprio puntando su una capacità di programmazione di lungo periodo. Quarto punto: è essenziale un programma culturale ampio e stratificato che coinvolga la popolazione locale e aumenti quindi la capacità di attrattiva del territorio anche nel futuro, a evento concluso. Quinto: è fondamentale «fare rete» con le città vicine per mettere a frutto non solo la collaborazione ma anche la competizione costruttiva. In questo senso assume importanza proprio la piattaforma che può aiutare a fare sistema tra le città dei grandi eventi.
Il confronto
Confrontando alcune kermesse simili, risultano evidenti le scelte fatte. Per esempio, Marsiglia Capitale Europea della Cultura 2013 ha portato circa 600 milioni di euro in infrastrutture culturali. Anche Genova ha fatto la sua parte, generando un aumento del turismo («spalmato» nel 2004, anno della sua carica di Capitale Europea della Cultura) di quasi l’8 per cento. «Nel 2004, anno di conferimento del titolo, Genova ha fatto registrare un repentino e notevole incremento sia di arrivi che di presenze (rispettivamente +17,4% e +10,5%)», dice il rapporto. Naturalmente iniziative come quelle di Expo non sono paragonabili, però vale la pena di ricordare i conti di Milano 2015: i ricavi dell’anno 2015 ammontano a 736,1 milioni di euro, fanno sapere da Event-able, mentre i costi di gestione stanno a 721,2 milioni.
Non tutte le scelte, però rispondono a parametri di decisioni eque, di opportunità e sostenibilità. Kaiser cita – come esempio non positivo – alcuni elementi dei Giochi Olimpici invernali di Torino 2006: «per due impianti sportivi, lo slittino del bob e i trampolini, il Cio e l’organizzazione non hanno voluto puntare su strutture già esistenti solo perché lontane e già sfruttate in edizioni precedenti, preferendo deturpare il versante di San Sicario senza aver nessuna sicurezza sulla gestione futura a Pragelato».
Renato Quaglia riflette: «Ogni evento va ricollocato in una visione di futuro della città, costruendolo insieme alla città e non prescindendo da lei. L’evento non deve più stupire, ma rappresentare uno strumento utile al cambiamento». Kaiser, ideatore dell’iniziativa aggiunge: «Le città sono macchine complesse e dobbiamo prendercene cura. In tutto il mondo sono al centro dell’agenda internazionale per numerosi aspetti politici, economici, sociali e ambientali. Rappresentano una delle sfide più importanti della contemporaneità. Oggi il 54% della popolazione globale vive nelle aree urbane e si stima che entro il 2050 questa percentuale aumenterà fino a raggiungere il 66%». Dunque occorre mettere nel conto anche la «delicatezza» delle città per evitare di provocare danni invece che favorire decollo e sviluppo.
Ed eccoci a Cortina 2021, nell’analisi di Susanna Sieff che puntualizza: «Stiamo cercando ovviamente di limitare l’impatto ambientale, che comunque in un territorio tutelato dall’Unesco come quello che ospiterà un importante appuntamento sportivo, è inevitabile ci sia. Il punto d’equilibrio può essere l’impatto sociale che darà una nuova veste a Cortina, garantendo all’evento il ruolo di acceleratore che gli è proprio».
Infine Sonia Pallai ha posto un problema di metodo: la ricerca come strumento per misurare e prevedere i risultati di un evento in termini economici e turistici. Per Pallai «La “misurazione” è essenziale per ricalibrare gli investimenti, e lo stesso è per il gradimento di chi partecipa all’evento» e per questo indica un interessante caso positivo: «La Regione Toscana – dice – da alcuni anni si è impegnata nello studio dell’impatto economico e turistico che ha il “wedding tourism”», ovvero l’organizzazione internazionale di matrimoni in terra toscana, un «must» per esempio in Russia come negli Stati Uniti.