La Stampa, 18 giugno 2019
L’arte della pedata
Arte e calcio, all’apparenza niente di più lontano: la quiete meditabonda del pubblico di una galleria contro il caos plebeo di uno stadio, le disquisizioni intellettuali contro le discussioni dei tifosi al bar, e via così, di cliché in cliché, a guardare dall’alto in basso quel che si scatena su un prato verde con due porte ai lati più lontani del rettangolo di gioco. E invece no, i due mondi sono più vicini di quanto si pensi e il buon vecchio football ispira da più di un secolo letterati, cineasti e naturalmente anche gli artisti. Ecco perché a Reggio Emilia, in coincidenza puramente voluta coi Campionati europei Under 21, hanno allestito L’arte del gol, un viaggio in 60 opere lungo i ripetuti incroci fra l’arte della pedata (copyright Gianni Brera) e l’arte propriamente detta.
Curata da Luca Beatrice e allestita ai Chiostri di San Domenico con l’organizzazione di Regione, Comune e Fondazione Magnani, la mostra esporrà da domani all’8 settembre creazioni di maestri come Depero, Munari, Guttuso, Schifano, Angeli, Maselli, senza trascurare la fotografia, con Letizia Battaglia e Olivo Barbieri, né i contemporanei come Cattelan o i calciatori artisti alla Gigi Meroni. In apertura campeggia una videointervista ad Andrea Pirlo, che quanto a ispirazione del gioco aveva poco da invidiare alla genialità di certe soluzioni artistiche. Concetto ribadito dal curatore: «Il calcio, di cui sono un grande appassionato, è una forma d’arte in sé, si pensi all’ésprit de finesse di un giocatore come Platini, o al Milan di Sacchi, o a Zidane e Van Basten – afferma Beatrice -. Siamo di fronte a una forma d’arte che ne ha ispirata un’altra».
Hanno cominciato i futuristi del secondo periodo a innamorarsi della sfera di cuoio, trascinati dalla popolarità crescente del calcio che andava di pari passo coi successi della Nazionale di Vittorio Pozzo negli Anni 30 e con la retorica di regime che ne esaltava le gesta. Retorica del tutto assente dal disegno a matita Giocatori di pallone, realizzato da Fortunato Depero fra il ’20 e il ’22, in bilico fra arte e design, così come da Il mago del calcio, opera di Bruno Munari del ’35, stilizzato e coloratissimo. Atletismo, forza fisica, veloci torsioni del corpo, come poteva restarne lontano il futurismo? Uberto Bonetti ne ha ricavato una plastica Parata, Giulio D’Anna il suo Football, Iras Baldessarri Giocatori di pallone. Leonardo Dudreville nel ’24 dipingeva un’azione classica con la freddezza contemplativa di un cronista.
Siamo alla seconda sezione, dalla Pop Art agli Anni 80, cambiano linguaggi e modalità espressive ma la passione continua ad ardere, anzi, brucia sempre di più nel decennio che segna il trionfo del calcio nell’immaginario sportivo e non solo del Paese. Renato Guttuso nel 1965 è autore de I giocatori, un balletto di calciatori in movimento che ne esalta il dinamismo. Il football del periodo, coi suoi duelli e le rivalità, è talmente popolare che ne scrive anche Pasolini: «Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da elzeviro. Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul Corriere della Sera: ma è più poeta di Rivera». La pop art non può che rispondere al richiamo forte della società: Mario Schifano, sia pure nel ’90, dipinge un campo di calcio e lo intitola Abita a casa del diavolo. Ettore Fico ritrae la Curva Maratona vestita di granata, Antonio Fomez a metà Anni 60 piazza Josè Altafini in rossonero fra altre immagini simbolo del periodo, da 007 a Kriminal. Titina Maselli interviene a modo suo su un foglio di giornale, una Gazzetta dello Sport di fine anni 70 che titola «Il campionato ritrova la Juventus». Ci sono poi i contemporanei, con Maurizio Cattelan e la sua squadra di immigrati chiamata A.C. Forniture Sud, sponsorizzata da una fantomatica azienda «Rauss» (che in tedesco suona come «via da qui!»), e c’è la videoproiezione di Paolo Canevari in cui un bambino palleggia con un teschio nel cortile del ministero serbo bombardato dalla Nato nel 1999. Andrea Chiesi offre la sua versione lunare e un po’ angosciata di un campo di calcio, Marco Lodola ritrae giocatori al neon per La grande squadra 2019.
Chicca finale i calciatori che, quasi fossero stanchi di essere oggetto delle attenzioni altrui, impugnano i pennelli a loro volta: Domenico Maria Durante, autoritratto in bianconero degli Anni 30 intitolato Campione di calcio e pittore. E Gigi Meroni, che sarebbe morto l’anno dopo aver dipinto questo bellissimo Saloon del 1966. Di sé, artista e giocatore, diceva: «Ho 23 anni e quindi tutto il tempo per aspettare: fra 10 anni nessuno si ricorderà di me e allora farò la personale, e la gente e i critici diranno: vediamo un po’ come dipinge questo Meroni, è un pittore nuovo, mai sentito nominare».