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 2019  giugno 18 Martedì calendario

L’emendamento per salvare la popolare di Bari



Per la Banca Popolare di Bari arriva «l’aiutino» del governo.Con un emendamento della maggioranza al decreto Crescita, approvato ieri in commissione, ha preso forma in maniera definita il piano per trasformare le Dta (deferred tax asset, crediti fiscali differiti) in crediti d’imposta veri e propri. La differenza tra le due categorie è sostanziale. I crediti d’imposta sono infatti computabili ai fini del calcolo del Cet1 – il capitale di migliore qualità, principale parametro di solidità di una banca -.
La misura prevede che ad usufruire della facilitazione siano tutte le società, finanziarie e non finanziarie, che nascano da una aggregazione e che abbiano sede al primo gennaio 2019 Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna. A confermare che sia una misura tagliata su misura per la popolare pugliese, da tempo in difficoltà, sono le parole del relatore del decreto alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, il leghista Giulio Centemero, unita alla lettura della relazione tecnica di accompagnamento al decreto. «È chiaro che in un Paese banco-centrico in cui le aziende dipendono dal credito bancario il fallimento di istituti di credito provoca costi sociali enormi», ha detto Centemero, aggiungendo che la norma, che avrebbe già il via libera della Commissione Ue, «non riguarda solo gli istituti di credito ma – ha aggiunto – è evidente che al Sud ci sono istituti in crisi che potrebbero, creare problemi qualora andassero in default o non fossero sufficientemente capitalizzati». Nella relazione tecnica si spiega come una stima delle Dta convertibili nelle regioni interessate dà un totale di 2,96 miliardi, dei quali 2,52 per le imprese non finanziarie. Le Dta bancarie convertibili ai sensi della nuova norma sarebbero quindi circa 440 milioni. La Popolare di Bari ha da sola 424 milioni di euro di Dta a livello consolidato, comprese dunque quelle che fanno capo alla Cassa di risparmio di Orvieto, che però ha sede fuori dal perimetro di applicazione della legge.
Forse è per questo che, nelle more della definizione del provvedimento – la cui prima formulazione risale a un mese fa – la Bari ha annunciato la settimana scorsa di aver ricevuto un’offerta vincolante per la quota di maggioranza della CrOrvieto.
La Popolare di Bari, principale istituto del Sud, è da tempo in difficoltà. La settimana scorsa oltre alla cessione di Orvieto ha annunciato anche un ampliamento delle perdite del 2018 a 397,2 milioni, con un Cet1 ormai ridotto al 7,52% a fronte di una richiesta minima dell’8,8%. La banca ha anche annunciato lo slittamento al 13 e 14 luglio dell’assemblea per approvare il bilancio d’esercizio. La misura prevista nel Dl Crescita consentirebbe di rafforzare l’istituto senza traumi, con un costo per i conti pubblici di circa 600 milioni, spalmati su oltre 10 esercizi, in termini di minori incassi fiscali per via del riconoscimento dei crediti d’imposta.
«È un provvedimento che ci auguriamo metta fine ad un lunghissimo periodo di incertezze», ha detto il presidente di PopBari, Marco Jacobini. Anche perché «imporrà ai cda degli istituti di credito una riflessione nel valutare ipotesi di aggregazione, fermo restando che queste devono creare valore per gli azionisti», ha detto il presidente della Banca Popolare Puglia e Basilicata Leonardo Patroni Griffi. Ovvero, uno dei principali candidati alla fusione con Bari.