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 2019  giugno 18 Martedì calendario

Di Maio cerca di resistere fino al 20 luglio

C’è come un’aria di fatalità che strozza il respiro a Luigi Di Maio e a tutti i suoi uomini. Il sentimento di assedio, invisibile ma pervicace, è il prodotto dell’incertezza e della paura: cosa vuole fare davvero Matteo Salvini? È stata questa la domanda che ha aleggiato per tutto il tempo dell’incontro tra il capo politico e i ministri del M5S a Palazzo Chigi. Un confronto che qualcuno di loro attendeva da settimane, reputandolo necessario dopo la disastrosa sconfitta delle Europee. A quella domanda una risposta decisa e granitica non c’è stata, ma i grillini riuniti hanno condiviso una convinzione: che Salvini abbia ancora in testa di rompere prima del 20 luglio. E il viaggio in Usa del leghista, circonfuso dalla luce dei massimi vertici dell’amministrazione Usa, non ha fatto che irrobustire questi timori. Quella data è l’ossessione di Di Maio. Perché arrivarci con il governo ancora integro vorrebbe dire chiudere la finestra elettorale di settembre. E dunque del 2019. 

Nonostante qualcuno dei suoi lo stia persuadendo anche del fatto che a Salvini non convenga così tanto rompere e affrontare in solitaria una legge di Bilancio campale, Di Maio non riesce a togliersi dalla testa che il leghista sia alla ricerca della deflagrazione. Da un paio di giorni gira insistentemente la voce di un sms in cui il capo politico cita Laura Castelli che si dice convinta che Salvini abbia deciso la fine del governo. Perché Castelli? Perché è viceministra all’Economia, dove si discute di tasse e di coperture, e dove può confrontarsi con i colleghi leghisti interessati al tema. 
È evidente che da qui al 20 luglio l’arma più potente che ha in mano Salvini è la sfida con l’Ue sulla procedura di infrazione e sulla cosiddetta flat tax. Secondo Di Maio, il leghista potrebbe usare le debolezze di Giuseppe Conte per scatenare l’inferno con Bruxelles e puntare a nuove elezioni per farsi incoronare premier. Per questo ha chiesto a tutti di «evitare assolutamente scontri» sulla cosiddetta tassa piatta. Per non dare sponde polemiche al leader del Carroccio. Stesso ragionamento che ha fatto Alessandro Di Battista: «Salvini sta cercando il pretesto», ha detto l’ex deputato dopo le scudisciate al M5S governista contenute nelle anticipazioni del suo libro che hanno fatto infuriare Di Maio e entrambi i gruppi parlamentari. 
L’idea che tutto sia destinato a crollare si è rafforzata con la trasvolata negli Stati Uniti di Salvini, letta dai grillini come una sorta di legittimazione a futuro premier. In 24 ore il leghista ha incontrato il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence e il segretario di Stato Mike Pompeo. Il massimo dell’amministrazione Usa, appena un gradino sotto Donald Trump, quando invece a Luigi Di Maio, anche lui vicepremier, i pezzi più grossi rimasero inaccessibili nel suo viaggio americano di marzo. 
Nel M5S regna ancora una grande confusione di intenti. Di Maio lo ha fatto capire esplicitamente: «Abbiamo bisogno di tempo per rimettere in piedi il Movimento». Ma quel tempo potrebbe non essere nelle sue disponibilità. Ieri, il capo politico ha detto ai ministri di tenersi pronti al voto anticipato con un ordine chiaro: «Definire tutti i dossier ancora aperti», e prepararsi alla campagna elettorale con un bottino di risultati ottenuti in questo anno di governo. Poi: puntare su nuovi temi che abbiano la stessa potenza evocativa del reddito di cittadinanza. Dunque: lavoro e tasse. Salario minimo e taglio del cuneo fiscale, quest’ultimo da scippare al Pd e da inserire nella prossima legge di Bilancio. Di Maio ci vuole provare fino all’ultimo a evitare le urne anticipate. Ancora qualche ora prima della riunione sembrava ovvio a tanti, nel M5S, che si sarebbe parlato di rimpasto. Con due ministri nel mirino: Giulia Grillo, Salute, e Danilo Toninelli, Infrastrutture. Alla fine invece l’argomento sarebbe stato scongiurato. L’offerta resta in piedi, ma il vicepremier grillino vuole che sia Salvini a esporsi e chiedere nuove poltrone di governo. Se in cambio ottenesse di evitare le elezioni, Di Maio non avrebbe dubbi. 
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