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 2019  giugno 18 Martedì calendario

In Italia ci sono sempre più donatori


C’era una volta l’Aido, l’Associazione italiana donatori d’organi. C’è ancora, per fortuna, con la sua storia pionieristica e meritoria di rompighiaccio. Nacque a Bergamo nel 1973 su impulso di un gruppo di persone che si era formato attorno a Giorgio Brumat, il quale alla fine di quell’anno raccolse 9.224 volontari. Dopo vent’anni erano saliti a quasi 900mila in tutta Italia e dopo altri 25 sono giunti a sfiorare 1,4 milioni di iscritti, più della metà dei quali concentrati in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ma oggi l’esercito dei donatori raccoglie quasi 5 milioni di italiani grazie alla maggiore sensibilità al tema dei trapianti che coinvolge anche il Parlamento e gli enti locali.
Dal 2001 il sistema sanitario pubblico può raccogliere le dichiarazioni di volontà relative alla donazione di organi e tessuti, dal 2012 lo fanno anche i comuni italiani nel momento in cui un cittadino deve chiedere o rinnovare la carta d’identità. In questi 7 anni le anagrafi hanno incamerato 4 milioni di dichiarazioni, con il 71 per cento di consensi e il 29 per cento di opposizioni. Una circostanza di routine burocratica come quella di farsi consegnare un documento amministrativo diventa un’occasione di riflessione e di solidarietà. Si può accettare o rifiutare liberamente, senza costrizioni, e da un paio d’anni si può anche prendere tempo per riflettere e comunicare successivamente l’opzione. Gli addetti comunali sono tenuti a spiegare, non a convincere. Niente forzature. Ma la domanda è posta, e l’interrogativo comporta una risposta, una presa di coscienza e una scelta. La cultura della donazione si diffonde. E i chirurghi hanno qualche possibilità in più per salvare una vita.
Secondo i dati del Centro nazionale trapianti, nel solo 2018 sono stati 1.689 i donatori di organi, 13.482 i donatori di tessuti, 3.725 i trapianti di organi da donatori deceduti e viventi. I pazienti seguiti nei centri specializzati dopo un trapianto sono complessivamente 39.553. L’anno scorso le nuove dichiarazioni di volontà registrate al Sit (Sistema informativo trapianti) sono state 1.924.017. Dal 2002 a oggi 105.326 pazienti sono transitati in una lista d’attesa per ricevere un organo, 56.765 sono stati i trapianti eseguiti e 313.628 sono i malati trapiantati che vengono seguiti nelle strutture sanitarie in follow up. 
È un fenomeno in forte crescita. Che comunque non deve la sua diffusione soltanto alla generosità e all’accresciuta consapevolezza degli italiani. Alle spalle c’è un lavoro importante quanto discreto che coinvolge diverse realtà, e una capillare attività di formazione degli addetti all’anagrafe. E crescerà ancora. Non tutti i comuni italiani sono abilitati e attivi per trasmettere le dichiarazioni di volontà al Sit: al momento il loro numero è fermo a 6.091, tre quarti del totale, ma comprende oltre 55 milioni di residenti, cioè oltre il 90 per cento degli italiani.
Finché non sono intervenute le aziende sanitarie e le anagrafi, il tema della donazione di organi era affidato alla testimonianza e alla sensibilità dei volontari, magari all’emotività suscitata in certe zone da casi particolari come un trapianto eccezionale. Con le nuove normative la questione è diventata di rilievo nazionale, con campagne informative e un’attività di formazione per gli addetti all’anagrafe. Nel prossimo decennio la domanda raggiungerà tutti gli italiani, determinando un profondo cambiamento culturale.
Le aree geografiche finora più sensibili sono al Nord. Il capoluogo che primeggia è Bolzano, con il 98,8 per cento di consensi sulle dichiarazioni espresse, seguito da Verona (91,9), Prato (90,5), Genova (88,7), Novara (88,4). Sesta città è Palermo (88,1%), settima Cagliari (87,4). Ma le quote più elevate si registrano nelle località minori. Oltre una decina di piccoli comuni non hanno né astensioni né opposizioni ma il 100 per cento di consensi dalla donazione. A Taurianova (Reggio Calabria), 15mila abitanti, e Assemini (Cagliari), 27mila, la percentuale è del 99,9. Tutti donatori.