Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 18 Martedì calendario

Il palazzo occupato di Casapound costa allo Stato 4,6 milioni

Per 15 anni CasaPound ha occupato un palazzo causando un danno di quasi cinque milioni di euro. Un mancato guadagno, calcolato in base agli affitti, che il proprietario, lo Stato, non ha incassato a partire dal primo gennaio 2004, pochi giorni dopo il blitz dei neofascisti, fino al 31 maggio 2019. Lo stabile in questione è il pregiatissimo immobile di sei piani nel cuore di Roma, in via Napoleone III al civico 8. La procura della Corte dei Conti, il vice procuratore generale Massimiliano Minerva, in un dettagliato atto d’accusa, l’invito a dedurre, lungo 24 pagine, spiega perché a dover pagare il conto salato debbano essere i dirigenti pubblici. 
OMISSIONEIl magistrato, in una sola parola omissione, individua le responsabilità dei funzionari che, di fronte allo scempio dell’occupazione nel centro della Capitale, il palazzo è alle spalle della stazione Termini, non si sono attivati per far sgomberare l’edificio. Minerva ne individua 12, sette dell’agenzia del Demanio e cinque del ministero della Pubblica Istruzione. A loro si rivolge il vice procuratore generale e chiede conto dell’«inerzia», in funzione del ruolo e del tempo trascorso dietro ad una scrivania senza attivarsi. Un «danno (calcolato in 4 milioni e 640 mila euro) derivante dall’omissione delle azioni civili e penali volte ad ottenere l’indennità di occupazione o il risarcimento». Agenzia del Demanio e Miur, si legge nelle carte della procura contabile, sono rispettivamente il proprietario e il titolare all’uso governativo dello stabile. Perciò i soggetti titolati a promuovere le azioni legali contro CasaPound per rientrare in possesso del palazzo. 
ESPROPRIO AL CONTRARIOLa passività dei dirigenti, che in questi anni hanno scelto la via «dell’inerzia», viene più volte criticata da parte del procuratore generale. Il magistrato, si legge nell’invito a dedurre, spiega come «l’ordinamento italiano non prevede forme di uso, a titolo gratuito, di immobili pubblici a favore di soggetti privati». Inoltre sottolinea il paradosso, una «sorta di espropriazione al contrario», che non è «tollerabile in uno stato di diritto». Una condizione che, secondo il ragionamento di Minerva, si sarebbe quasi cristallizzata, accettata tacitamente da tutti gli attori pubblici e che «ha finito per sottrarre, per oltre tre lustri, un immobile di ben sei piani, sede storica di uffici pubblici, al patrimonio (indispensabile) dello Stato causando, in tal modo, un danno certo e cospicuo all’erario». A dire il vero il Miur, come compare anche nell’invito a dedurre, si sarebbe attivato, con una denuncia presentata ai carabinieri, poco dopo l’occupazione da parte dei neofascisti. Ma la sua azione, anche in questo caso, sarebbe stata caratterizzata da una certa superficialità che ha determinato la fine di ogni procedimento penale: il ministero della Pubblica Istruzione «si è limitato a presentare soltanto una denuncia querela, tra l’altro in assenza di procura speciale» il giudice, in primo grado, ha poi «definito il processo con sentenza, il 2 ottobre 2007, di non doversi procedere (danneggiamento e invasione di edifici, ndr) per difetto di querela»nei confronti di 4 estremisti di destra dal momento che «l’atto presentato da G.F., dipendente del Miur, era sprovvisto di procura». 
IL PALAZZONel cuore della capitale, con vista sulle cupole della basilica di Santa Maria Maggiore, la stazione Termini dietro l’angolo. L’immobile è la sede ufficiale di CasaPound, un edificio pubblico occupato senza titolo dal 27 dicembre 2003. Non si tratta di un appartamentino popolare in uno dei quartieri periferici. Nel 2012 all’edificio «con deliberazione dell’assemblea capitolina» viene attribuito un valore di 11 milioni e ottocento mila euro. Si tratta di cinquantotto vani, ventotto appartamenti, tre magazzini, tre stanze di uso comune, in una zona dove i prezzi di mercato sono tra i più alti di Roma. Sei piani, una quarantina di finestre con affaccio sulla centralissima via Napoleone III, una terrazza con vista mozzafiato. Una sala per gli incontri politici all’ultimo piano dove ospitare presentazione di libri, conferenze stampa e confronti in diretta streaming con le star del giornalismo.