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 2019  giugno 18 Martedì calendario

Le tedesche manager part-time

Quote rosa, ma le donne dirigenti sono sempre poche. Colpa degli uomini, o colpa loro? Forse, si chiede la Süddeutsche Zeitung, non vogliono sacrificare la vita privata e la famiglia alla carriera. Hanno saggiamente altri valori. Molte manager si dimettono dopo poco tempo, o non si dimostrano all’altezza, perché non hanno l’esperienza necessaria per guidare un’azienda. Perché non adattare il ruolo alle donne, piuttosto che costringerle a comportarsi come uomini?Il quotidiano di Monaco cita l’esempio di Bianca Reeh, 37 anni, dirigente dal 2016 in una società di distribuzione. Guida con successo un team di sei venditori e di tre consiglieri pur essendo una madre single. Ma lavora come chefin, capa, part-time, sulla base di 25 ore settimanali. Non contano gli straordinari, ma l’impegno durante l’orario normale. L’anno scorso Frau Bianca è diventata il braccio destro del proprietario dell’azienda, nonostante sia disponibile solo per tre giorni e mezzo alla settimana, poi si dedica esclusivamente alle due figlie di undici e sei anni. L’azienda approfitta del suo talento manageriale, e lei non sacrifica la vita privata.
Come ci riesce? È necessario organizzare il lavoro, spiega, ed essere elastici da una parte e dall’altra. Perché rimandare al tardo pomeriggio i colloqui organizzativi invece di tenerli già al mattino, come è quasi sempre possibile? Ma quando si entra in un periodo critico per l’azienda, Bianca è sempre disponibile nel suo tempo libero. Se ci si trova in un posto di comando, si può dirigere anche da casa, se la squadra è ben organizzata, e se si è fatto in modo di responsabilizzare i collaboratori. Le donne sono più capaci di gestire il ruolo, mentre gli uomini vogliono sempre affermare il loro potere di capi, anche nelle piccole cose.
Non è un caso isolato. Il 15% delle manager lavora come Bianca. Il modello part-time per dirigenti prende piede in Germania, scrive il quotidiano di Monaco. Il contratto a orario ridotto, sotto le 30 ore settimanali, non è riservato alle donne, ma i capi che lavorano part-time sono appena l’1% benché, secondo un sondaggio, il 40% sarebbe disposto a condividere la scelta di Bianca Reeh. I tedeschi non sono tuttavia all’avanguardia in Europa, superati solo dalla Finlandia e da Malta.
In certi casi, le donne si spartiscono il potere al vertice, come Christiane Haasis e Angela Nelissen, da otto anni alla Unilever di Amburgo. E ognuna lavora al 60%. «Naturalmente, all’inizio, è stato necessario organizzare la nostra collaborazione», dice Frau Nelissen, 50 anni, «soprattutto nei rapporti con gli altri». A evitare che la doppia direzione generasse equivoci, Angela e Christiane agiscono con una sigla comune, formata con le loro iniziali: con «Chan» firmano anche le mail e gli ordini di servizio. Angela ha tre figlie, dai 12 ai 17 anni, ed è presente in ufficio da lunedì a mercoledì. Christiane ha un figlio decenne e viene in ufficio dal martedì al venerdì. Alla Unilever lavorano dieci coppie sul modello part-time. Qual è il vantaggio per un’azienda? Non si spreca l’esperienza della dipendente, costringendola a rifiutare la promozione a dirigente, e se si lavora in coppia in realtà un capo è sempre presente.
Secondo i pregiudizi le donne non riuscirebbero a collaborare tra loro, invece ci riescono meglio degli uomini, che sono più competitivi. Il manager che decide da solo è costretto invece a qualche assenza per motivi di salute, o per impegni privati non rimandabili. Le donne hanno uno stile diverso nel dirigere un’azienda, e nell’intuire gli interventi necessari. Perché rinunciare al loro talento?