Libero, 17 giugno 2019
Nessuno sa cosa sia il Csm, figuriamoci l’Anm
Premessa non di poco conto. Secondo un sondaggio pubblicato ieri dal Quotidiano Nazionale solamente il 14% degli italiani sa cosa sia il Csm, Consiglio superiore della magistratura. Figuriamoci quanti cittadini hanno contezza invece dell’Anm, Associazione nazionale magistrati... Ancora meno. Incredibile, la giustizia è una materia fondamentale della società, tuttavia la stragrande maggioranza della gente non ne conosce il funzionamento. Immaginiamo poi che solo gli addetti ai lavori siano edotti della differenza tra un pm, pubblico ministero, e un giudice. Tra la procura e il tribunale. Fra chi si occupa delle indagini e coloro i quali hanno il compito di emettere sentenze. Mentre sulla salute ci sentiamo, sbagliando, tutti dottori, e in ambito calcistico ci consideriamo allenatori migliori di Ancelotti o Allegri, quando entriamo in contatto con un magistrato accendiamo invece un cero alla Madonna. Sai come entri, non come ne esci. Come possiamo dunque giudicare quello che sta accadendo al Csm o all’Anm? Ieri si è dimesso il presidente del cosiddetto sindacato delle toghe. Dicono che abbia lasciato in quanto “travolto” dallo scandalo che ha investito il Consiglio superiore, organo di autotutela dei giudici e previsto da più articoli della Costituzione. Pasquale Grasso, presidente fino a ieri mattina, ha mollato il colpo con queste parole: «Vi ho ascoltato e compreso. Ovviamente rassegno le mie dimissioni, lo faccio serenamente, dicendo no a me stesso. Nel ricordo di un grande intellettuale del passato, che ricordava che i moralisti dicono no agli altri, l’uomo morale dice no a se stesso». E poi: «Vi rispetto più di quanto voi abbiate rispettato me». Incomprensibile. Qual è stata la colpa di Grasso? Lui faceva parte di una corrente, Magistratura indipendente, che aveva chiesto ai consiglieri togati autosospesi del Csm di non lasciare. L’Anm però ne aveva sollecitato con forza le dimissioni. Tocca fare un’altra premessa: il Consiglio superiore della magistratura è composto da presidente della Repubblica, un vice, due pezzi grossi della Cassazione, 16 membri della magistratura e i cosiddetti laici, ovvero professori o uomini di legge votati dal Parlamento. Neanche trenta persone formano il Plenum, che è la massima autorità all’interno del Csm. Bene, morto un Papa se ne fa un altro. Così alle 16.30 l’Anm ha scelto il nuovo presidente: Luca Poniz, che di mestiere fa il pm a Milano, e fa parte della corrente Area. Vanno invece a un’altra corrente, Unicost, la vicepresidenza e la segreteria dell’associazione. Vicesegretario infine è un membro di Autonomia&Indipendenza, la corrente di Pier Camillo Davigo, che rientra così a fare parte della giunta. Ci avete capito qualcosa? No, ma forse nemmeno i giudici sono consapevoli di essere sotto choc. Di essere fuori dalla realtà. Le correnti? Mettiamoci nei panni di un cittadino. Per quale motivo deve esistere la destra e la sinistra o il centro pure nella magistratura? Come si fa a parlare di indipendenza del giudizio se Anm e Csm si spartiscono i posti, come prevede la legge, in base a chi governa in quel momento il sindacato togato? Poniz, dopo l’elezione ha detto: «C’è una gigantesca questione morale all’interno della magistratura. Il fango non interessa tutti noi, io mi sento estraneo come molti di noi, ma c’è stata una degenerazione delle correnti in carrierismo. Il magistrato deve tornare a fare il suo mestiere». Giusto. E ancora: «Stop alle porte girevolì tra politica e magistratura». Bene. Peccato che sia proprio la Costituzione, come abbiamo scritto prima, a imporre una commistione tra politica e magistratura all’interno del Csm e quindi a tutti i livelli della giustizia. È impossibile immaginare un cambiamento se la riforma parte dai giudici. Non spetta a loro proporre o votare leggi. Tocca al Parlamento e al governo escogitare qualcosa. Però quel qualcosa sarà un brodino, dato che Lega e M5S hanno idee opposte su procure e dintorni. Forza Italia ne ha altre ancora e il Pd è l’ultimo partito che può metterci becco, visto che il cosiddetto scandalo è nato proprio dalle cene fra membri del Csm ed esponenti dem. Per cui c’è poco da essere ottimisti. I cittadini sognano di ottenere processi più brevi, meno delinquenti in giro e punizioni per i magistrati che sbagliano. Ma dovranno accontentarsi di belle parole. I problemi quotidiani della gente non interessano più di tanto... Le correnti sono più importanti.