La Stampa, 17 giugno 2019
Intervista a Pier Paolo Pasolini
Un colloquio di Lietta Tornabuoni pubblicato nel 1968 sulla rivista Pirelli ora raccolto in un’antologia
Pasolini sembra credere profondamente ed emotivamente in tutto ciò che dice, almeno nel momento in cui lo dice. Il suo discorso non è mai stracco, casuale o distratto; ma sempre attento, impegnato, impregnato di ragionevolezza e di pazienza didascalica. Appare appassionato e sincero. Questo gli dà un grande fascino oratorio e una straordinaria capacità di convinzione: come il pifferaio di Hamelin, quando parla riesce quasi sempre a influenzare il suo pubblico, ad incantarlo, a trascinarselo dietro dovunque vuole. Il conformismo borghese della casa, degli abiti, dei modi, della parte palese della sua vita, è singolare in Pasolini, che dell’odio e della ripugnanza per la classe e la mentalità borghese («un marchio d’infamia, una malattia») ha fatto la propria divisa morale, estetica e politica. Ancora di più contrasta con le sue opere recenti, nelle quali il populismo lirico, il misticismo estetizzante e il civismo emotivo sono stati sostituiti dalla violenza, dalla provocazione, dall’orrore e dalla tragedia. Anche di questo parliamo, stamattina.
«I moralisti terrorizzati»
«Qualche tempo fa», racconta Pasolini, «ho avuto una grave malattia, un’ulcera che mi ha portato vicino alla morte e mi ha tenuto un mese a letto, immobile. In quel mese ho letto certi testi. E dopo, confusamente, ho scritto sei tragedie. Era il periodo della protesta violenta dei negri; l’estate precedente avevo visto la violenza nel mondo del Village a New York. Forse c’è entrato un fatto psicologico, o anche il trauma fisico. Non so. Da tutti questi elementi mi è nata l’ispirazione di un cinema che si potrebbe definire cinema della crudeltà. Cioè di film che esprimano una rivolta esistenziale irrazionale, violenta, fisica: in contrasto con la razionale rivolta marxista contro la società. Teorema porta il segno di questa violenza: è una parabola tutta sopra le righe e la seconda parte è terribile, presenta una gamma di sentimenti e di figure che imbarazzano, che urlano, che si denudano, che gridano la propria disperazione, che danno fastidio.
«Lo stesso si può dire di Porcile, il mio nuovo film. Naturalmente, la stampa fascista si è sfrenata in gran spiritosaggini su questo titolo: non gli è venuto neppure in mente che i porci sono loro. Il film racconta due storie atroci: il cannibalismo e la bestialità ne sono soltanto i dati esterni. Nell’identico filone rientra il film che progetto di dirigere con Maria Callas come protagonista, Medea: crudeltà, violenza, strage, distruzione e autodistruzione. I motivi di questa scelta... Un motivo può essere il desiderio di provocare, di scuotere: e di riproporre l’orribile ma reale dimensione della tragedia in un mondo che vive nella tragedia, ma che cerca di nasconderla sotto un’apparenza di falsa civilizzazione, di razionalità e di opulenza. Ma poi ci sono altri motivi, ragioni più profonde».
Teorema è l’unico dei film appartenenti a questo nuovo corso che sia stato presentato al pubblico: e subito è stato fermato dall’intervento moralizzante della magistratura. «Io non mi sento colpevole di nessun reato» dice Pasolini «e la censura mi colpisce sino a un certo punto. A me interessa fare i film, interessa che li vedano certe persone. Il resto è un problema del produttore. Naturalmente, capisco benissimo perché Teorema sia parso scandaloso. I moralisti sono terrorizzati da ogni verità sulla famiglia. I difensori dell’ordine sociale costituito non sopportano l’immagine di una famiglia straziata infelice e non “familiare” come quella del film. Io non ho nulla contro la famiglia: lei lo ha visto, vivo con mia madre. Ma debbo dire che è una struttura arcaica, il covo dei sentimenti patologici preistorici dell’uomo. I moralisti, poi, sono sempre spaventati dall’argomento teologico». (…)
«Nenni? Il più simpatico»
Non diversamente da François Mauriac, Pasolini redige per un settimanale a rotocalco una rubrica personale in cui, grillo parlante informato e tempestivo, esamina gli avvenimenti e le persone del momento. Nonostante affermi di essere «un comunista dissidente, a sinistra del Pci, solo», e sia certo uno spirito indipendente, i suoi giudizi e le sue opinioni coincidono spesso con le posizioni del radicalismo, a volte addirittura con i luoghi comuni del buon senso.
Nenni? «Egli mi sembra l’uomo più simpatico del mondo politico italiano». Gli intellettuali affascinati dalla rivolta studentesca? «Mi fanno così ridere certi miei coetanei che improvvisamente riscoprono la vita e ti si presentano ridendo ironici, come se tu fossi rimasto vecchio e loro fossero di colpo tornati giovani. È una luce molto tipica, quella dei loro occhi: la luce che c’è talvolta nei pazzi. Ed è proprio per questo che talvolta sono simpatici. Altre volte è una luce odiosa: ricattatoria, ostile, piena del piacere sgradevole di vederti finito, superato. È una nevrosi di ansia mal capitalizzata, che rende sicari del terrorismo». Gli omosessuali? «Anch’io ho in me un momento, superato nella coscienza ma rimasto nella meccanica fatale di un’educazione, in cui verso l’omosessualità ho un moto di avversione razzistica. Mi pare, almeno per un infinitesimo di secondo, che l’omosessualità designi in un altro un carattere di inferiorità umana e civile. Tanto è il terrore di un’opinione pubblica terrorizzante». La poesia d’avanguardia? «La trasgressione al complesso di regole che seguiamo parlando, fatta dai poeti d’avanguardia, è portata velleitariamente a tali conseguenze, da non distruggere le regole: ma da farle rimpiangere». (…)
Personaggio che «fa notizia»
Curiosamente, quanto più Pasolini diventa provocatorio e incomodo, tanto più il suo pubblico si allarga. Curiosamente, quanto più lo circonda la scandalizzata deplorazione del mondo borghese, tanto più diventa, per così dire, commerciale: e commerciabile, e commerciato. Curiosamente, quanto più si accentua la sua eccentricità e diversità rispetto agli altri intellettuali italiani, tanto più Pasolini diventa un personaggio pubblico. Cioè un personaggio sempre fotografato ovunque vada, sempre consultato qualunque cosa accada o qualunque sia il problema in discussione, sempre seguito dalla curiosità, sempre considerato in qualche modo autorevole: un personaggio, insomma, che «fa notizia», che «fa opinione».