La Stampa, 17 giugno 2019
Le nomine dell’Ue verso il rinvio
C’è un problema che potrebbe complicare la vita al governo giallo-verde: il possibile slittamento dell’accordo politico per le nomine ai vertici delle istituzioni europee. Nelle intenzioni del premier Giuseppe Conte quella trattativa dovrebbe intrecciarsi con quella per evitare la procedura di infrazione sul debito. Peccato che i tempi non collimino: la Commissione aspetta una risposta scritta dall’Italia entro la fine di questa settimana, ed è improbabile che nel frattempo il dossier nomine faccia passi avanti. Secondo le informazioni che circolano nelle istituzioni comunitarie, Emmanuel Macron sta facendo forti pressioni su Angela Merkel perché accetti la designazione a presidente del Consiglio europeo o della Commissione. Il presidente francese è convinto che solo così l’Ue avrebbe la forza per rafforzarsi politicamente e rintuzzare la crescita dei movimenti sovranisti. Ma Merkel è molto incerta: le sue dimissioni potrebbero provocare la crisi della grande coalizione con i socialdemocratici, usciti sconfitti dalle elezioni europee e pronti a passare all’opposizione.
Questo scenario è un doppio problema per il governo, anche perché allungherebbe la vita all’attuale esecutivo comunitario al quale è affidata la procedura sul debito. Se l’accordo politico slittasse a dopo l’estate, l’insediamento dei nuovi commissari non avverrebbe prima di febbraio 2020 e l’argomento preferito di Matteo Salvini – «non possiamo farci condizionare da una Commissione dimissionaria» – ne uscirebbe ridimensionato. Ecco perché in casa leghista l’aria si è fatta tesa. Si seguono con apprensione le mosse del premier, il quale vuole gestire da solo la trattativa con l’Europa. Non vuole terzi incomodi tra i piedi, ma a Palazzo Chigi spiegano che il presidente del Consiglio è consapevole che ogni suo passo dovrà essere coordinata con i due azionisti di maggioranza. Per questo non sembra aver fretta ad inviare l’attesa lettera di risposta sulla procedura d’infrazione. Conte attende dunque che Matteo Salvini torni dalla sua missione negli Stati Uniti (martedì) per valutarne i contenuti tutti incentrati sui conti del 2019, sui possibili risparmi da quota 100, reddito di cittadinanza e dalle maggiori entrate del gettito fiscale. In settimana dovrebbe esserci un vertice a tre e non è escluso che il leader leghista metta sul tavolo la carta della tassa piatta: di fatto si tratta di una rimodulazione e riduzione delle attuali aliquote fiscali. Il ministro dell’Interno potrebbe presentare il proprio progetto di riforma fiscale con le coperture che Conte e il ministro dell’Economia Giovanni Tria hanno chiesto per rendere credibile il provvedimento. L’attenzione di Bruxelles è soprattutto attorno alle mosse autunnali del governo.
C’è infatti un punto che nella Lega è diventata una convinzione: qualunque sarà la proposta a Bruxelles non sarà sufficiente a fermare la mannaia che Commissione ed Ecofin intendono abbattere sul nostro Paese. Questo convinzione ieri, ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, l’ha espressa in maniera brutale il presidente della commissione Finanze del Senato Alberto Bagnai. «La procedura di infrazione nei confronti dell’Italia è senza precedenti a fronte di una violazione tutto sommato minimale». E ancora: «In questo momento c’è evidentemente bisogno di creare un incidente che tenga l’Italia sotto un sostanziale potere di ricatto: ti faccio la procedura se tu non accetti una serie di cose». Per Bagnai si tratta di «un atteggiamento ricattatorio, mafioso». «Se si dovesse vedere che l’attacco al nostro Paese è pretestuoso il ministro Tria opporrebbe un fermo no». Una frase che sembra detta apposta per condizionare l’atteggiamento del ministro del Tesoro, molto più disponibile al dialogo con Bruxelles.
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Le nomine dell’Ue
verso il rinvio
Ora è più difficile
l’accordo sul debito
Alessandro Barbera Amedeo La Mattina
C’è un problema che potrebbe complicare la vita al governo giallo-verde: il possibile slittamento dell’accordo politico per le nomine ai vertici delle istituzioni europee. Nelle intenzioni del premier Giuseppe Conte quella trattativa dovrebbe intrecciarsi con quella per evitare la procedura di infrazione sul debito. Peccato che i tempi non collimino: la Commissione aspetta una risposta scritta dall’Italia entro la fine di questa settimana, ed è improbabile che nel frattempo il dossier nomine faccia passi avanti. Secondo le informazioni che circolano nelle istituzioni comunitarie, Emmanuel Macron sta facendo forti pressioni su Angela Merkel perché accetti la designazione a presidente del Consiglio europeo o della Commissione. Il presidente francese è convinto che solo così l’Ue avrebbe la forza per rafforzarsi politicamente e rintuzzare la crescita dei movimenti sovranisti. Ma Merkel è molto incerta: le sue dimissioni potrebbero provocare la crisi della grande coalizione con i socialdemocratici, usciti sconfitti dalle elezioni europee e pronti a passare all’opposizione.
Questo scenario è un doppio problema per il governo, anche perché allungherebbe la vita all’attuale esecutivo comunitario al quale è affidata la procedura sul debito. Se l’accordo politico slittasse a dopo l’estate, l’insediamento dei nuovi commissari non avverrebbe prima di febbraio 2020 e l’argomento preferito di Matteo Salvini – «non possiamo farci condizionare da una Commissione dimissionaria» – ne uscirebbe ridimensionato. Ecco perché in casa leghista l’aria si è fatta tesa. Si seguono con apprensione le mosse del premier, il quale vuole gestire da solo la trattativa con l’Europa. Non vuole terzi incomodi tra i piedi, ma a Palazzo Chigi spiegano che il presidente del Consiglio è consapevole che ogni suo passo dovrà essere coordinata con i due azionisti di maggioranza. Per questo non sembra aver fretta ad inviare l’attesa lettera di risposta sulla procedura d’infrazione. Conte attende dunque che Matteo Salvini torni dalla sua missione negli Stati Uniti (martedì) per valutarne i contenuti tutti incentrati sui conti del 2019, sui possibili risparmi da quota 100, reddito di cittadinanza e dalle maggiori entrate del gettito fiscale. In settimana dovrebbe esserci un vertice a tre e non è escluso che il leader leghista metta sul tavolo la carta della tassa piatta: di fatto si tratta di una rimodulazione e riduzione delle attuali aliquote fiscali. Il ministro dell’Interno potrebbe presentare il proprio progetto di riforma fiscale con le coperture che Conte e il ministro dell’Economia Giovanni Tria hanno chiesto per rendere credibile il provvedimento. L’attenzione di Bruxelles è soprattutto attorno alle mosse autunnali del governo.
C’è infatti un punto che nella Lega è diventata una convinzione: qualunque sarà la proposta a Bruxelles non sarà sufficiente a fermare la mannaia che Commissione ed Ecofin intendono abbattere sul nostro Paese. Questo convinzione ieri, ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, l’ha espressa in maniera brutale il presidente della commissione Finanze del Senato Alberto Bagnai. «La procedura di infrazione nei confronti dell’Italia è senza precedenti a fronte di una violazione tutto sommato minimale». E ancora: «In questo momento c’è evidentemente bisogno di creare un incidente che tenga l’Italia sotto un sostanziale potere di ricatto: ti faccio la procedura se tu non accetti una serie di cose». Per Bagnai si tratta di «un atteggiamento ricattatorio, mafioso». «Se si dovesse vedere che l’attacco al nostro Paese è pretestuoso il ministro Tria opporrebbe un fermo no». Una frase che sembra detta apposta per condizionare l’atteggiamento del ministro del Tesoro, molto più disponibile al dialogo con Bruxelles.