Corriere della Sera, 17 giugno 2019
Dibba candidato premier?
Si sta preparando alle elezioni? La domanda aleggia nell’aria, in casa 5 Stelle. E, in effetti, la sensazione che Alessandro Di Battista stia scaldando i motori in vista di una possibile fine anticipata della legislatura si fa concreta dopo la lettura dell’anticipazione del nuovo libro, Politicamente scorretto, pubblicata dal Fatto Quotidiano. Una pagina nella quale l’ex deputato, attualmente senza incarichi, piccona il Movimento e spara contro «il M5S al governo» che, a suo dire, «ha avuto paura di dire la verità».
A parte l’uso disinvolto della parola «verità», l’attacco è diretto. Contro una linea troppo moderata che avrebbe portato il Movimento ad aver paura. «Paura di sembrare politicamente scorretti, una volta diventati Istituzione»; «paura di attaccare la Lega»; «paura di prendere posizioni scomode in ambito internazionale e sull’Europa». «Abbiamo perso – spiega usando una prima persona plurale puramente formale – perché ci siamo trasformati in burocrati rinchiusi 18 ore al giorno nei ministeri. Mentre Salvini al ministero non ci stava quasi mai». L’accento, più che sull’assenza del leader della Lega dal Viminale, viene posto sull’eccessiva presenza in ufficio dei governativi M5S.
Un attacco a Di Maio? O un gioco delle parti? Ogni volta che Di Battista esterna, si ripropone il duello, vero o costruito. Di certo c’è una dicotomia anche caratteriale tra i due e un’idea più movimentista e ribellista del Movimento in Di Battista. Impossibile, però, non notare la presa di distanza dall’M5S al governo e non ricollegarlo all’annuncio di ricandidatura di Di Battista, alle prossime Politiche, dove potrebbe esserci un cambio di testimone. Magari con una staffetta concordata: con Di Maio capo politico (può restare 10 anni, per statuto) e Di Battista candidato premier.
L’affondo
La tesi del saggio:
abbiamo perso perché ci siamo trasformati
in burocrati
Ma l’uscita non è piaciuta ai piani alti. La reazione di Di Maio è gelida: «Non ho letto l’articolo. Sono concentrato sulle cose da fare, a partire dal salario minimo». Ma c’è di più. Si fa sapere, quasi a smentire l’immagine di un vicepremier in marsina e incollato alle poltrone ministeriali, che Di Maio è costantemente sul territorio: è andato in Sardegna, per le Comunali, e il prossimo weekend sarà alle assemblee regionali M5S.
C’è anche un’altra questione. Di Battista non ha mai esplicitato la volontà di rientrare nel Movimento con un incarico. È vero che non gli è stato offerto ufficialmente, ma per lui si parla da tempo di un ruolo nella nuova segreteria in formazione. L’ex deputato sembra indeciso. E qualcuno ai piani alti si sta innervosendo: «O sta dentro o sta fuori».
La reazione
Nell’area governista c’è irritazione: «Prima sparisce e poi viene
a farci la morale»
Di Battista sembra godere ancora dell’appoggio di Davide Casaleggio, che lo «intervisterà» il prossimo fine a settimana a Catania, smettendo i panni del figlio del fondatore, anzi del «tecnico informatico», per indossare quelli di giornalista, in nome della disintermediazione. Il «giornalista» Casaleggio, naturalmente, non farà domande difficili.
Non è la prima volta che Di Battista è critico. Al suo ritorno dal Centro America, durante un incontro con i parlamentari, sbotta: «Basta farsi le foto in giacca e cravatta, con dietro le bandiere. Dobbiamo smetterla di farci foto in ufficio, come dei burocrati qualunque». Già allora i perplessi non furono pochi. E ancora di più furono dopo la sconfitta alle Europee. Il suo intervento in assemblea cade nel gelo più completo. Nessun applauso, nessun «grande Ale». Di Battista – «l’anguilla», come lo chiamano i suoi nemici – colpisce e sparisce. Come non c’era quando il governo ha giurato. «Sono a San Francisco – spiegò su Fb – ho scelto il viaggio, la strada, la scrittura, lo studio, la lettura e soprattutto l’assoluta libertà». Dopo 40 giorni di silenzio, annuncia: «Non mi candido alle Europee, non mi va». Fa sapere che andrà in India e che sta seguendo un corso da falegname. Poi torna, in piena campagna elettorale e comincia a sparare a zero. Di Maio e i suoi si irritano e chiedono di abbassare i toni. Da Floris, Di Battista è protagonista di un momento imbarazzante: «Che fate, non mi applaudite?». No. E così sparisce di nuovo. Per tornare dopo la sconfitta. E qui sono in molti, soprattutto tra i giovani, a irritarsi. «Prima se ne va, poi viene a farci la morale – dice un deputato —. Stiamo in ufficio a lavorare, non a farci i selfie».