Corriere della Sera, 17 giugno 2019
Il ritorno della Boschi
«Sono arrivati più attacchi a Lotti dall’interno del Pd che dagli avversari politici». Tra quelli che la conoscono bene, e codificano alla perfezione stilemi e liturgie della vecchia corazzata renziana, più d’uno è disposto a scommettere che dietro la frase con cui Maria Elena Boschi è tornata ieri a occupare il centro della scena ci sia, in realtà, più di un significato nascosto.
Come quei vecchi dischi in cui solisti e rock band si divertivano a inserire una traccia fantasma, anche l’ex ministro delle Riforme ha elaborato il suo messaggio in codice. Diretto non a Nicola Zingaretti, ipsa dixit, «con le cui scelte non c’è alcuna polemica», che ha costruito «una segreteria nominando solo donne e uomini che l’hanno sostenuto», che ha compiuto decisioni «legittime». Bensì al suo rivale interno, Luca Lotti. Col quale, salvo obblighi dettati dalla contingenza o dalla fredda buona educazione, di fatto non si parla da anni.
Sia chiaro, anche la Boschi è personalmente colpita dal caos che s’è abbattuto su Lotti. E la sua solidarietà umana è senz’altro sincera. Ma dietro quell’annotazione all’apparenza diretta alla nuova maggioranza del Pd – «gli sono arrivati più attacchi da dentro che dagli avversari politici» – c’è in realtà il senso della resa dei conti finale in seno al vecchio giglio magico.
I distinguo
Sono arrivati più attacchi a Luca Lotti dall’interno del Partito democratico che dagli avversari politici
Negli ultimi mesi, a Lotti, la Boschi ha privatamente imputato il tentativo di chiudere i conti col renzismo «consegnandosi» a Zingaretti. Mentre il primo tesseva la tela col favorito alla vittoria finale del congresso del Pd, la seconda s’è spesa con tutte le sue forze perché «il patto» non venisse sottoscritto. Adesso, come annotano i deputati a lei più vicini, è arrivato il conto salato, salatissimo. «Luca era l’unico che parlava con Zingaretti e questi sono i risultati. Visto come la maggioranza del Pd l’ha scaricato subito?».
La disputa che un tempo avrebbe avuto il significato della resa dei conti per chi dovesse essere il braccio destro del «Capo», ora che Renzi non è più il capo, assume i contorni di un romanzo d’appendice. Che la Boschi e Renzi stiano da una parte (entrambi hanno votato al congresso per la coppia Giachetti-Ascani) e Lotti dall’altra (che aveva definito «incomprensibile» la candidatura di Giachetti) è, per ora, quasi un dettaglio.
Per ora. Il domani, a dispetto della decisione di fermare gli orologi già sintonizzati sulla scissione dal Pd, riguarderà il ruolo che la Boschi punterà a riavere negli assetti del centrosinistra allargato. Chi la conosce bene, sa che lei è perfettamente consapevole di non poter ambire a ruoli di primo piano. E in omaggio (forse inconsapevole) al detto che circolava nelle nomenklature dei vecchi partiti comunisti del Patto di Varsavia – «quando non hai una soluzione non hai neanche un problema» – non si pone problemi di leadership. Ma rimane in campo, questo si. Resta da vedere quali saranno i confini del campo. L’altro giorno, su Instagram, ha postato le foto di un aperitivo coi colleghi di Forza Italia Andrea Ruggieri e Alessandro Cattaneo. Non sono ovviamente prove di un percorso comune. Ma indizi, magari, sì