Libero, 16 giugno 2019
Non si sa più dove seppellire i morti
Ma quale riposo eterno: al giorno d’oggi non si trova pace più nemmeno al camposanto. In questo senso il caso di Ripatransone, in provincia diAscoli Piceno che detta così sembra pure una battuta, eppure non c’è niente da ridere. Al cimitero comunale di questo piccolo borgo marchigiano, che conta sull’unghia circa 4mila anime, non ci sono piùloculi disponibili. Sono semplicementefiniti, esauriti. È almeno dal novembre del 2018 che, da quelle parti, i funerali spaventano il doppio: oltre al dramma umano, c’è anche quello pratico. Cioè c’è da mettere in conto l’incognita di non sapere dove (e come) tumulare i defunti. Un dilemma non da poco. Al punto che, nel novembre scorso, l’amministrazione municipale aveva provato a metterci una pezza, annunciando un bando per la costruzione di 56 nuove cellette mortuarie che, manco a dirlo, non sono mai state realizzate. I lavori, affidati a una ditta regionale, in otto mesi non ne hanno scavata mezza.A sollevareil problema sono, sulle pagine locali deIl Resto del Carlino,i rappresentanti di minoranza del Comune di Ripatransone i quali, però, non sono gli unici a polemizzare su tombe, lapidi e mausolei. SOVRAFFOLLAMENTO Macchè. Di cimiteri sovraffollati (è proprio il caso di dirlo) ne è piena l’Italia. A Treviglio (provincia di Bergamo) i becchini comunali hanno registrato, e solo nei primi mesi di quest’anno, 31 cremazioni e 93 sepolture: troppe, stando alle stoccate del Pd lombardo che sottolinea come di questo passo «i colombari non saranno sufficientiadarrivare a dicembre». A Buccino (Salerno) il Comune sta pensando diinvestirela bellezza di un milione emezzo di euro per creare qualcosa come 672 loculi, 144 ossari e otto cappelle: il cimitero esistente è oramai pieno zeppo. A Piano Gatta (Agrigento) qualche mese fa i residenti si sonoarmati di carta e penna e hanno scritto addirittura al prefetto perché di loculi, nel loro camposanto, non ce n’erano, main compensoc’eranodecine di salme che “aspettavano” la cosiddetta degna sepoltura. Della serie, bisogna penare persino per avere una tomba di ’sti tempi. ACeglie, in Puglia, la gente è addirittura scesa in piazza con tanto di striscioni per rivendicare il diritto alla sepoltura. CRISI DEMOGAFICA Intendiamoci, la bara è sempre meglio rimandarla a data da destinarsi. Però prima o poi tocca a tutti. E la prospettiva di non avere un luogo dove riporla non è punto delle più allettanti. I più svelti sono corsi ai ripari affittando e prenotando in anticipo il posticino all’ombra del cipresso di turno, gli altri rischiano la crisi del loculo. Èanchevero chelapopolazione tricolore si fa di annoin anno più anziana: a ogni variazione dell’Istat calano le nascite e crescono i decessi (-2% le prime e +5,1%le seconde, sostengono i dati del 2018). Il risultato è che se l’accesso in sala parto è semplice, quello al cimitero è un calvario. Dopodiché è ovvio, ci auguriamo tutti divivereil piùalungo possibile. Ma i Comuni dello Stivale, specie quelli piccoli, stanno davvero facendoi saltimortali per ampliarei propri campisanti.A Gela (Caltanissetta) il cimitero Farelloè talmente stipato che la giunta comunale ha firmato, ad aprile, un provvedimento peracquisite 65loculi dalle confraternite private. Tutto fa brodo, l’importante è supplire alle carenze strutturali. Il mese scorso a Crotone i parenti di diverse persone decedute sonoandati su tutte le furie perché si sono visti “parcheggiare” i propri cari nella cameramortuaria collettiva. Di sotterrarli non c’era verso perché non c’eranoloculiliberi. Qualcuno se l’è cavata esumando i cadaveri più vecchi con lo scopo di far spazio a quelli nuovi, tuttavia questa non può che essere una soluzione tampone. (Parentesi: anche il Comune di Crotone, come quello di Ripatransone, aveva aperto una gara per la costruzione di 360 nuovi loculi.Ma la burocrazia ha tempi,verrebbe da dire, da funerale). Stessa scena da estrema unzione (mancata) l’estate scorsa a Roccamena, nel Palermitano: in quell’occasione decine di salme erano state conservatenell’ufficio delcustode del cimitero cittadino, in condizioni igienico-sanitarie che, col caldo, non erano delle migliori. Il motivo era semprelo stesso, di spazio disponibilenulla. Poi ancora: Messina, Termoli, Bari, Albenga, Latina, Crema. La lista è lunga. CODA AI FORNI E non è che siano tutte rose e fiori nemmeno per quanti scelgono la cremazione. È in aumento nel nostro Paese, anzi è un vero e proprio boom, ma i forni crematori non sono sufficienti a coprire le richieste avanzate. In tutta la provincia di Brescia, tanto per dirne una, si contano oltremille cremazioni all’anno ma l’impianto adibito a farle è solo uno. Come a dire, c’èla fila pure lì. Idem a Treviso dovei (pochi) servizifunerari che si occupano di questo sono stati costretti, nel 2018, a triplicarei turnigiornalieri per venire incontro alle esigenze della popolazione. Dicono, tra l’altro, che lo sforzo non basti.