Il Sole 24 Ore, 16 giugno 2019
Come dev’essere un gelato
Sostenibile, stagionale, evocativo, capace di raccontare il territorio, aperto alle contaminazioni con altri mondi gastronomici, attento alla salute e alle intolleranze dei consumatori. Ma soprattutto, ancor prima di ogni altra cosa, buonissimo. Così deve essere il gelato artigianale italiano, uno dei simboli del nostro Paese (che è leader in Europa per produzione) amato in tutto il mondo.
«Oggi il gelato non ha ancora la dignità di un dessert – commenta Marco Radicioni di Otaleg, tra le migliori insegne romane e non solo – ed è spesso considerato un alimento solo facile e rinfrescante. Invece quello di qualità è un vero e proprio piatto che richiede studio, ricerca e un’attenzione maniacale alla materia prima. Allo stesso tempo però non deve mai perdere la sua semplicità e la sua capacità di offrire un piacere immediato. È un’esperienza gastronomica importante ma anche accessibile a tutti con una spesa minima».
Mai troppo minima, però, perché anche nel mondo del gelato bisognerebbe avere più paura dei prezzi troppo bassi – non sostenibili da chi lavora seriamente in modo artigianale, un concetto spesso ambiguo e pasticciato – che di quelli alti. Prima di diventare un maestro gelatiere Radicioni era un semplice cultore che aveva “studiato sul campo”, mangiando una quantità indicibile di gelati. Dopo un po’ lo studio è diventato rigoroso ed è subentrata la voglia di superare i parametri classici per offrire un’esperienza diversa.
Fragoline o tiramisù?
Ora c’è una bella novità alle porte: tra un paio di mesi sarà pronta la nuova sede di Otaleg a Viale dei Quattro Venti, nel quartiere Monteverde, due piani di gelateria affiancata anche dalla pasticceria e dalla caffetteria, «perché oggi per un’attività del genere è fondamentale offrire anche altro, a patto che sia coerente con il messaggio principale, così da combattere il calo di un prodotto che ancora viene consumato principalmente nei mesi estivi». Intanto, nella sede nel cuore di Trastevere il viavai di turisti e di aficionados del rione è continuo. I bestseller di questa stagione sono le fragoline di Nemi, le more di gelso, il cocomero e il tiramisù. «E poi – prosegue Radicioni – sto lavorando tantissimo con le diverse ricotte che mi fornisce l’Antica Caciara Trasteverina (un’istituzione per gli amanti dei formaggi, ndr). La ricotta della domenica con il cacao è un gusto che mi ricorda le torte che mia mamma mi preparava da piccolo nei giorni di festa. Mi piace relazionarmi con gli altri artigiani, creare connessioni. E mi piace portare il mio gelato “a spasso”, fuori dal laboratorio, e inserire versioni inedite nelle carte di altri locali». Tra le tante idee c’è il gelato al wasabi – abbinato a decine di ingredienti, dalle spezie alle verdure – che Radicioni ha messo a punto per Umami, una trattoria giapponese della Capitale, oppure le pizze in versione gelato, ispirate alle creazioni di Pier Daniele Seu come la “margherita gialla”, un sorbetto di pomodorino giallo con la sensazione di affumicatura della provola (ma senza provola).
Whisky torbati e gusti bitter
Insomma, la memoria e la contaminazione sembrano essere le parole d’ordine dei gelati cosiddetti “gastronomici”, come sa bene anche Simone De Feo, ex informatico che ha trasformato la sua passione per il gelato in una carriera di successo. Nel 2010 ha rilevato la storica gelateria Il Capolinea, a Reggio Emilia, oggi Cremeria Capolinea.
«Amo molto i migliori whisky torbati scozzesi e i rum agricoli. Mi piace usarli – conferma De Feo – come ingredienti speciali del gusto zabaione o abbinarli ai cioccolati monorigine». Ecco allora sorprendenti variazioni sul tema come lampone, Barmaster Gin e rosmarino oppure zabaione all’Ardbeg. E ancora i gusti “bitter” come il cioccolato bianco con i luppoli americani o il sorbetto di melone e china: «Il gusto amaro è un gusto difficile da gestire in gelateria perché è tecnicamente complesso modulare la sua intensità. Ho risolto questo problema optando per le infusioni a freddo e prediligendo l’uso di materie prime con una carica aromatica unica, capaci di regalarmi bouquet aromatici lunghi e persistenti al palato».
Focaccina o brioche
A Reggio Emilia il primato del cono è messo in discussione dalla tipica focaccina, versione locale della più celebre brioche al gelato siciliana. Ecco perché De Feo, che da sempre propone le sue handmade, ha voluto coinvolgere in questi giorni alcuni professionisti della lievitazione che prepareranno focaccine d’autore farcite con il suo gelato: dalla veneziana con burro di centrifuga e composta di mandarino tardivo di Ciaculli del Forno Brisa di Bologna, abbinata al gusto cacao, miele e rosmarino, alla versione sfogliata con pasta di limone candito e panure di semi di papavero – signature di Pavè a Milano – da gustare in match con cremino al pistacchio. E c’è anche una versione salata: lievitato ai peperoni, farcita con un gusto a base di caprino, olio extravergine di oliva e pepe.
Per Gianluca Franzoni il gelato non deve essere solo sostenibile ma anche “libre”: il presidente e fondatore di Domori – azienda che ha rivoluzionato il mondo del cacao – ha appena lanciato a Milano un concept – rivoluzionario anch’esso – di gelato libero dalla “schiavitù” del latte e delle uova e valorizzato attraverso l’acqua, rigorosamente di sorgente. In questa nuova gelateria al 12 di via Carducci – disegnata da Co. Arch. Studio con una cifra essenziale e contemporanea – si utilizzano esclusivamente cacao e frutta secca, gli unici ingredienti – a detta di Franzoni – a poter garantire la massima espressione della materia prima, che viene esaltata dall’acqua in termini di aromi e cremosità. Otto i gusti – cioccolato criollo, cioccolato e whisky, crema libre, tiramisù, caramello, makaron, pistacchio e nocciola – proposti esclusivamente in coppetta, biodegradabile e a basso impatto ambientale, per apprezzarli nella loro integrità.
Il tour sensoriale
Per allenare il nostro palato a riconoscere la qualità, può essere utile partecipare alla seconda parte del Tour di degustazione sensoriale del gelato artigianale guidato da Roberto Lobrano – gelatiere e autore del manuale Il mondo del gelato edito da Slow Food Editore – che sta facendo tappa in alcune delle migliori gelaterie d’Italia. Si può imparare a riconoscere le differenze del gelato artigianale, mettendo alla prova le proprie capacità sensoriali e imparando a identificare descrittori non comuni – come l’astringenza, l’amarezza o l’acidità – utili a capire la qualità e ad acquisire più consapevolezza nelle scelte d’acquisto. «L’esercizio del separare le diverse sensazioni – conferma Lobrano – riesce nell’obiettivo di aumentare l’attenzione alle differenze, iniziando a creare una memoria di gusto». Consumatori evoluti sì, ma possibilmente senza mai perdere quella stessa gioia di quando, da bambini, sceglievamo i gusti con le mani appiccicate alla vetrina della gelateria.