Il Sole 24 Ore, 16 giugno 2019
La crescita dell’Africa
C’è chi promette un piano Marshall per il suo sviluppo. Chi, preoccupato dai flussi migratori, rafforza la sicurezza sui confini. E chi, in modo discreto, sta continuando la sua offensiva commerciale a caccia di nuovi business.
L’Africa ha molte facce. È l’ultimo grande mercato emergente. È il continente che da qui al 2050 registrerà una crescita demografica imponente. È la regione che possiede oltre il 60% della terra arabile non ancora sfruttata di tutto il pianeta. Oltre a grandi giacimenti di idrocarburi, materie prime e metalli preziosi. È un continente dinamico, in crescita. Ma è anche un continente afflitto da gravi problematiche. Se in diversi Paesi la corruzione è ancora endemica e il cammino verso la democratizzazione è lento, nuove minacce stanno assumendo dimensioni preoccupanti. Il jihadismo internazionale sta prendendo sempre più forza in diverse regioni. Mentre i flussi migratori premono sulle frontiere europee. Proprio ieri due attentati in Somalia e Kenya hanno causato la morte di venti persone.
Volenti o nolenti, i Paesi europei, in prima linea quelli affacciati sulla sponda nord del Mediterraneo, come l’Italia, avranno sempre più a che fare con l’Africa.
I flussi migratori
Secondo le proiezioni dell’Undesa (United Nations Department of Economic and Social Affairs), più della metà della crescita demografica globale prevista tra oggi e il 2050 sarà concentrata proprio in Africa. Quattro anni fa, nel continente vivevano 1,2 miliardi di persone. Nel 2050 saranno più del doppio, 2,5 miliardi. Tra soli sei anni ci saranno al mondo più africani che cinesi. La Nigeria diverrà il terzo Paese più popolato al mondo già prima del 2050, alle spalle di Cina e India.
Questo imponente incremento demografico si rifletterà in un deciso aumento dei flussi migratori, sia all’interno del continente, sia al di fuori. Secondo il World migration report del 2018, dal 1990 il numero di migranti africani che vivono fuori dell’Africa è più che raddoppiato, con una crescita più pronunciata di flussi verso l’Europa. Nel 2015 nove milioni dei migranti nati in Africa e che vivevano fuori dal continente abitavano proprio in Europa. L’Asia ne contava solo quattro milioni, il Nord America due.
Crescita continua
A fare da contrappeso alle preoccupazioni su migrazione ed estremismo islamico, ci sono le grandi opportunità che questo Continente offre ai Paesi intenzionati ad investire. Tra il 2015 e il 2020 per le economie subshariane è stimata una crescita del 20 per cento. La Banca africana di sviluppo ritiene che nel 2019 l’economia del continente crescerà del 4 per cento. Nel 2017, anno in cui i ribassi dei prezzi di petrolio e gas continuavano a incidere negativamente sui bilanci dei Paesi esportatori di energia, l’aumento del Pil era stato comunque del 3,5 per cento.
Certo, non tutti i Paesi presentano le medesime potenzialità e gli stessi tassi di sviluppo, ma la crescita sembra destinata a coinvolgerne molti. Addirittura un terzo di quelli dell’Africa subshariana – evidenzia il Fondo monetario internazionale- registrerà una crescita superiore al 5 per cento. Etiopia, Kenya, Ruanda e Tanzania figureranno nella lista delle 10 economie che cresceranno di più nel 2019, redatta da AfDB.
In Africa si sta facendo largo una nuova classe media. Il Pil pro capite nelle regioni subsahariane è cresciuto del 40% rispetto al 2000. L’accesso alla rete mobile è ormai onnipresente. Nei prossimi anni il numero di telefoni portatili crescerà più del doppio rispetto alla media mondiale.
Dopo aver pagato a caro prezzo – anche con la recessione – la loro petro-dipendenza, alcuni Paesi africani hanno iniziato ad avviare quel processo di diversificazione rimandato da tempo. Un percorso che dovrà essere accompagnato da dolorose e riforme strutturali, come il taglio dei sussidi.
Porti, ferrovie, autostrade. Capi di Stato e di Governo africani hanno compreso quanto un’adeguata rete infrastrutturale sia una condizione imprescindibile per sviluppare le loro economie, diversificarle e rendere i prodotti competitivi all’estero. I Governi hanno messo in cantiere decine di miliardi di dollari di investimenti. Un’opportunità che le potenze industriali internazionali, ma anche quelle emergenti, non si stanno facendo scappare.
Caccia al business africano
Tredici anni fa, nel 2006, i primi partner commerciali del continente africano erano, in ordine, Stati Uniti Cina e Francia. Ora la Cina si trova saldamente al primo posto, seguita dall’India. Gli Usa sono arretrati al terzo, la Francia addirittura al settimo posto. Cosa è accaduto? In questi anni il commercio della Cina con l’Africa ha registrato una crescita del 226%, mentre quello dell’India, del 292 per cento. È impressionante l’ascesa di altri Paesi sul palcoscenico africano. Per quanto partisse da dati piuttosto basi, dal 2016 al 2018 il commercio tra Turchia ed Africa è balzato del 216%, quello della Russia del 335%, e quello dell’Indonesia del 224. Quanto agli investimenti diretti stranieri, dal 2011 al 2016 quelli cinesi sono cresciuti da 16 a 40 miliardi di dollari. Vicino quindi al Paese che ne investe di più, la Francia, (49 miliardi di dollari).
L’offensiva diplomatica
Negli anni a venire l’Africa sarà dunque un continente sempre più strategico. Lo conferma la continua apertura di rappresentanze diplomatiche. In soli sei anni, dal 2010 al 2016, ne sono state aperte più di 320 (tra consolati e ambasciate). Solo la Turchia ne ha inaugurate 26. Quanto all’India, nuova potenza molto attiva in Africa Orientale, intende aprirne altre 18.
L’Africa è divenuto un grande business per i Paesi esportatori di armi. È il maggior mercato per la Cina, che nel periodo 2013-2017 è passata a una quota del 27% di tutte le armi importata dall’Africa subsahariana, denuncia lo Stockholm international peace reasearch. Dal 2014, la Russia ha firmato 19 contratti di fornitura di armi con Paesi africani. Mentre nel 2017 la Turchia ha costruito la sua più grande base militare all’estero, nella turbolenta Somalia.
Integrazione: sogno o realtà
Perché possa divenire realmente competitiva, l’Africa ha però bisogno di quell’integrazione economica tra i suoi Stati che attende da troppo tempo. Ma se il presidente dell’Unione Africana, Paula Kagame, riuscirà a strappare la ratifica degli ultimi tre Paesi, finalmente entrerà in vigore l’African continental free trade Agreement, la più grande area di commercio libero al mondo. L’Africa avrà così anche una voce sola e chiara in diverse negoziazioni. E non è poco.