Corriere della Sera, 16 giugno 2019
Keanu Reeves non tocca mai le donne
N el generalizzato – e generalmente insincero – «volemose bene» del mondo dello spettacolo, tra baci e abbracci e selfie a volontà, non poteva non fare notizia l’inattuale, quasi ottocentesca discrezione di Keanu Reeves. L’attore di Matrix e della saga di John Wick attualmente campione d’incassi si presta volentieri a foto di gruppo, a selfie con le fan, ma sempre – se n’è accorto qualcuno su Twitter e le immagini sono subito diventate virali – senza toccare le donne che appaiono nella foto con lui. Keanu sorride, sempre bello anzi bellissimo – è probabilmente il 54enne più giovanile di Hollywood, non è cambiato granché rispetto al ragazzino di Belli e dannati, 1991 – ma le mani restano sospese nell’aria, a una spanna dai fianchi, dalle spalle, dalla schiena delle donne, famose e non famose, nella foto con lui. Le sue immagini diventano sempre virali perché, da Matrix in poi, il popolo di Internet lo ama di un amore speciale.
Ma perché fa così? Twitter non sarebbe Twitter, nel bene e nel male, se non ci fosse una disparità quasi comica di opinioni. Ci sono quelli che vedono in Keanu un mistico: «Non vuole mescolare campi d’energia con gli sconosciuti». La fazione di Keanu preoccupato: «Non vuole accuse di molestie nell’era #metoo». I seguaci di Keanu gentleman vittoriano: «Rispetta le donne, meno male che c’è ancora qualcuno che fa così».
Al di là del motivo per il quale Reeves si limita a tenere le mani a distanza di sicurezza – magari, semplicemente, non gli piacciono le mani addosso – questo è l’ennesimo aneddoto che si aggiunge alla fitta pubblicistica su uno degli attori più famosi della nostra epoca, i cui film hanno complessivamente incassato miliardi al botteghino, ma che è riuscito a mantenersi lontano dallo star system.
Keanu star riluttante, che ha ammesso di aver accettato il ruolo del protagonista di Matrix non perché ne avesse compreso il potenziale commerciale ma perché «il kung-fu è una figata»; il ragazzo esploso grazie al film d’azione Speed (quello dell’autobus con una bomba a bordo che non può fermarsi altrimenti salta in aria) che giudicò severamente sotto il profilo della qualità, «diciamo che non è Shakespeare» spiegò asciutto, gelando tutto l’apparato pubblicitario della produzione.
Keanu che da ragazzo si unì all’altra grande giovane star emergente di quegli anni, River Phoenix, per girare non un kolossal di successo ma un film d’essai nel quale interpretava un ragazzo di vita. Keanu fanatico della motocicletta che al termine delle riprese dei due sequel di Matrix regala a ogni stuntman – una ventina in tutto – una Ducati nuova fiammante, che oltre a essere un pensiero di straordinaria gentilezza è una spesa non piccolissima anche per un uomo molto ricco come lui.
Qualche anno fa una sua foto che lo ritraeva pensieroso era diventata virale esplodendo sui social media nel fenomeno «Sad Keanu», Keanu triste: invece di irritarsi (Ben Affleck per esempio non prende di buon grado i «meme» a lui dedicati) Reeves scrisse un libro di poesie tristi, omaggio spiritoso a quella presa in giro via Internet. Era Ode to Happiness, «Ode alla felicità», un libro illustrato (da Alexandra Grant), di sole 40 pagine ma che aveva trovato un editore di assoluto prestigio, Steidl.
Keanu non ha fama di intellettuale – se ne è astutamente tenuto alla larga, è felice di passare per il surfista di Point Break – ma è un uomo coltissimo, lettore di assoluta voracità che anni fa in una celebre intervista con una rivista americana, durante una visita alla sua libreria preferita, Book Soup a West Hollywood, spiazzò l’intervistatore citando a raffica autori difficili come James Salter, Alina Reyes, David Mitchell e poi Sam Shepard, Houellebecq, e facendo all’intervistatore una domanda passata alla storia tra i fan di Keanu – «hai letto Bataille, vero?» – che è un modo geniale di mettere in riga qualcuno che si aspettava, per l’appunto, d’incontrare un monosillabico surfista di bellissimo aspetto. È anche un difensore attentissimo della sua privacy: nel 1999 ha subito una doppia perdita terribile, prima la bimba che la sua compagna portava in grembo e poi la sua compagna: da allora, la sua vita privata è off limits per tutti. Il fascino di Keanu Reeves, immutabile attraverso i decenni, è fatto di tutti questi ingredienti. La prova? Al botteghino di John Wick, ora giunto al numero tre, una specie di film-videogioco nel quale interpreta un killer invulnerabile e amante dei cani, il successo è garantito da un pubblico più ampio di quello dei normali film d’azione: il popolo di Keanu.
Qualche settimana fa, la casa di moda Saint Laurent ha presentato la nuova campagna: invece di un modello, c’è proprio lui, Keanu, in abito scuro da Matrix e in giubbetto di pelle da motociclista. La barbetta, i capelli lunghi, e quello sguardo. Eserciti di donne etero e uomini gay hanno strappato pagine delle riviste, stampato la foto da Internet, trasformando uffici insospettabili in camerette da teenager con la foto attaccata col nastro adesivo alla parete. Succede, tra gli adulti, quasi solo per lui. E, probabilmente, succederebbe anche se non ci fossero i social media.