La Lettura, 16 giugno 2019
Demetrio e Polibio, la prima opera scritta da Rossini a 14 anni
«Donami omai Siveno, o le trafiggo il petto». È il momento cruciale. Polibio, re dei Parti, è pronto a svenare il genero Siveno, pur di non restituirlo a Demetrio, re siriano; ma anche Demetrio è pronto a uccidere Lisinga, figlia di Polibio, pur di riavere Siveno. Quando, di colpo, riconosce, addosso al ragazzo, una speciale medaglietta. Siveno è suo figlio, stop, tutti si abbracciano e il drammatico Quartetto ha lo stacco della più classica agnizione: «Figlio, qual gioia io provo, or che tu salvo sei...». Siamo nel Secondo Atto, Scena Seconda, di Demetrio e Polibio, la creazione giovanile di Rossini, forse la sua prima in assoluto, che il Rossini Opera Festival riporta in scena, dal 12 al 23 agosto, diretta da Paolo Arrivabeni, regia di Davide Livermore, con Jessica Pratt, Cecilia Molinari, Juan Francisco Gatell e Riccardo Fassi. Con una novità. A Pesaro, mentre si è appena inaugurato il Museo Nazionale Rossiniano di Palazzo Montani Antaldi, un «nuovo» manoscritto rossiniano è entrato nelle collezioni della Fondazione Rossini, a Palazzo Olivieri, nel Tempietto Rossiniano. È l’unica parte autografa di Demetrio e Polibio che ci sia giunta. Una versione di quel Quartetto diversa da quella che risale alla «prima» dell’opera (Roma, 1812) e che normalmente si esegue.
«Dopo una lunga trattativa e il contributo di alcuni privati – spiega a “la Lettura” Ilaria Narici, direttore scientifico della Fondazione Rossini – siamo riusciti ad acquistare questo manoscritto da Lucrezia Hartmann, discendente degli eredi di Ester Mombelli», ovvero la cantante che, con la sorella Anna, fu la prima interprete dell’opera; entrambe, peraltro, figlie della librettista, Vincenzina Viganò Mombelli, e del compositore e tenore Domenico Mombelli. «È un manoscritto – prosegue Narici – di 22 carte, in formato oblungo, reca il basso, le parti di canto e dell’orchestra, con differenti inchiostri. Non è interamente di mano rossiniana: si vede l’intervento di un copista, che però agisce sotto la vigilanza del compositore. Le differenze rispetto alla versione romana? Iniziano nella terza sezione del brano, quando Demetrio canta “Figlio?” e Siveno risponde “Oh dio!”. L’analisi del manoscritto si deve a Daniele Carnini, che cura l’edizione critica dell’opera, in uscita nel 2020: dallo studio comparato di tutti i manoscritti e dei documenti attinenti, Carnini arriva a un ripensamento della datazione, che dovrebbe essere il 1810. Si tratta di un’opera a più mani: Rossini scrive sicuramente il Quartetto e altri brani, mentre, forse, allo stesso Mombelli si possono far risalire la Sinfonia e una o due arie». L’autografo è accompagnato da una curiosa «certificazione»: «Ne narra la nascita, con alone di leggenda: a Bologna, in uno spettacolo di burattini, Rossini, che era il burattinaio, d’un tratto si chiude in una stanza e non vuole uscire “prima di aver finito un lavoretto”. E quando ricompare, consegna alla Mombelli il Quartetto, fresco d’inchiostro»...