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 2019  giugno 16 Domenica calendario

La rivolta omosessuale

Il 28 giugno ricorrerà mezzo secolo dalla «rivolta di Stonewall», celebrata in tutto il mondo come evento di nascita del movimento di liberazione gay, lesbico e trans. Il 27 giugno 1969 a New York era in corso la campagna per la rielezione del sindaco, e il primo cittadino uscente John Lindsay, che aveva perso le primarie del partito repubblicano, voleva mostrarsi «duro con il crimine» grazie a un repulisti dei bar gay. Aveva già fatto visitare dalla polizia cittadina i bar «Snake Pit» e «The Sewer», ed era riuscito a far chiudere lo «Checkerboard» e il «Tele-Star».
All’epoca l’omosessualità era un reato praticamente in tutti gli Stati degli Usa, quindi i locali frequentati da omosessuali erano, letteralmente, ritrovi di criminali. Come conseguenza, molti di questi ritrovi erano gestiti dalla mafia, l’unica organizzazione capace di «ammorbidire» la polizia a colpi di mazzette. Lo «Stonewall Inn», un bar con due sale da ballo nella centralissima Christopher Street, era di Tony Lauria (detto «Fat Tony», del clan mafioso dei Genovese), che pagava alla polizia 1.200 dollari al mese. Anche questo bar entrò nel mirino di Lindsay, perché le mazzette servivano solo a permettere di riaprire subito dopo i raid, non a evitarli.
La notte tra il 27 e il 28 giugno, alcune ore prima della retata la polizia infiltrò alcuni agenti in borghese per prendere nota degli atti «illegali»; bussò alla porta all’ 1.20 del 28 giugno. I clienti (poco più di 200) furono messi in fila per il controllo dei documenti. I minorenni, coloro che non avevano documenti e quanti indossassero vestiti non conformi al genere vennero fermati, gli altri furono via via fatti uscire in strada. Questa era la prassi per le razzie dell’epoca. Quella sera però le cose non andarono secondo copione. Tutte le persone in abiti femminili (fra cui cinque cosiddetti «travestiti») quella notte rifiutarono di accompagnare in bagno le agenti per la «verifica del sesso». Alcuni clienti rifiutarono di esibire i documenti. Una donna lesbica in abiti maschili ebbe una colluttazione mentre l’ammanettavano. La polizia decise di portare tutti al distretto, aggiungendo il personale del bar, e chiamò i furgoni cellulari. Molti clienti che erano stati fatti uscire, invece di disperdersi, si radunarono di fronte al locale, dove inizialmente si raccolse una folla tra le 100 e le 150 persone, composta anche da passanti e clienti usciti dai locali vicini. Quando arrivarono i due cellulari la folla era ormai cresciuta a circa 600 persone, e iniziò a schernire i poliziotti, poi a lanciare monetine e bottiglie, perché si era sparsa la voce che i clienti all’interno fossero stati percossi. La lesbica butch in abiti maschili, Stormé DeLarverie, portata al furgone, riuscì a divincolarsi più volte, e incitò i presenti a reagire.
Esistono molte versioni contraddittorie su che cosa avvenne a questo punto, ma è assodato che la folla cercò di ribaltare i furgoni e di tagliare le gomme alle auto della polizia, che riuscirono a partire con l’ordine di tornare con rinforzi. Iniziò una sassaiola, e la polizia dovette barricarsi nel locale, dove rimase assediata e dovette pure smorzare un tentativo di dar fuoco all’edificio. Arrivarono i reparti anti-sommossa, che iniziarono a caricare per disperdere l’assembramento, che nel corso della nottata sarebbe lievitato fino a circa duemila persone. I manifestanti reagirono cantando e ballando, gridando slogan come «potere gay» e «ostentando» la loro omosessualità. La polizia riuscì a disperderli alle quattro.
La sera successiva il bar era di nuovo aperto, ma la notizia degli scontri attrasse una folla di migliaia di omosessuali, che gremì all’inverosimile l’area. Si ripeterono i tumulti, fino a che alle due fu nuovamente chiamata la polizia antisommossa, che ebbe da fare sino alle quattro. Gli sconti proseguirono la notte successiva e, dopo due notti di pioggia e di pausa, per ulteriori due notti, per un totale di cinque. Gli scontri cessarono come erano iniziati, all’improvviso, ma si lasciarono dietro un fervore d’incontri politici e organizzativi, al grido di «Fuori la mafia e gli sbirri dai locali gay!». Alcuni gruppi nati da questo fervore decisero di celebrare la ribellione in cui, come disse il poeta Allen Ginsberg, «per la prima volta gli omosessuali avevano perso la loro aria ferita». Domenica 28 giugno 1970 si svolse così a New York il primo «Christopher Street day», poi diventato, in tutto il mondo, il Pride Lgbt.