Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 16 Domenica calendario

Intervista a Alicia Giménez-Bartlett

«La novela negra per me è il nuovo romanzo sociale. Il romanzo è sempre stato il testimone della vita del popolo, ma ultimamente gli scrittori pensano molto a se stessi, alle proprie esperienze, e a volte dimenticano un po’ le cose più semplici, le più volgari: quelle che succedono in strada, alla gente comune». Lo dice Alicia Giménez-Bartlett, 68 anni, signora del giallo europeo, sorridente all’ombra delle rovine della Basilica di Massenzio. È a Roma per il Festival Letterature, la rassegna ideata e diretta da Maria Ida Gaeta di cui è stata ospite in una serata dedicata ai cinquant’anni di Sellerio, la casa editrice che l’ha fatta conoscere al pubblico italiano. I casi di Petra Delicado, ispettrice della polizia nazionale a Barcellona, sono bestseller in Italia come in Spagna e in Germania. Mio caro serial killer, l’ultima indagine di Delicado e che ora esce con Repubblica nella collana “Emozione noir”, vede la protagonista alle prese con una serie di efferati omicidi che hanno come vittima le donne. L’ispettrice non si lascerà spaventare. Del resto è lei la più recente incarnazione dell’acume e dell’ironia di Alicia Giménez- Bartlett. Un’autrice che con il suo primo libro, Exit, negli anni Ottanta, non aveva avuto paura di scrivere una commedia sul fine vita. Negli ultimi anni però si è dedicata soprattutto ai polizieschi. «Il giallo, in una maniera semplice, facile da leggere, riesce oggi a fare da testimone del presente. Perciò non c’è niente di più interessante del noir». Per questo ci piace così tanto leggere degli omicidi del nostro e degli altri Paesi? «Perché vogliamo sapere come vive la gente in quei posti. A volte non siamo tanto interessati ai pensieri dello scrittore, quanto a quello che il giallo ci rivelerà di quella nazione. È uno scambio culturale». E a Barcellona che atmosfera si respira? «Dopo le rivolte separatiste non si sente la tensione sociale in strada. La gente continua a vivere tranquillamente. Almeno finché non si va nello specifico. So di famiglie che non si riuniscono più a Natale… Beh, questo è un aspetto positivo della cosa (ride, ndr), ma il resto è un po’ triste». Parliamo di Petra. «Petra sta invecchiando: non in fretta quanto me, ma… è più tranquilla: non si arrabbia come un tempo, in pubblico». Ha mai pensato di mandarla in pensione? «Sì, ma per adesso non è il momento. Sto scrivendo la sua biografia. Sappiamo tutto di come conduce un’indagine, ma non sappiamo nulla della sua vita privata. E poi, chissà, dopo essere andata in pensione potrebbe continuare a collaborare con la polizia. Potrei farne una Miss Marple che dice parolacce e beve whisky». È vero che il nuovo libro lo sta scrivendo a mano? «Per me la letteratura è suono, non immagini. E a volte sento il bisogno di non usare il computer e di accompagnare il ritmo del pensiero all’andamento lento della mano». Non l’aveva mai fatto prima? «Sì, con un libro, Segreta Penelope (2003), che non ha avuto alcun successo. Lo scrissi sette volte a mano e due al computer. Molto lavoro non garantisce la qualità letteraria». Parlando di qualità, non ha mai cambiato traduttrice. «Maria Nicola è fantastica. Si rende conto di cose che non ha visto il traduttore, che so, tedesco». E ora è in cantiere una serie tv Cattleya che sarà trasmessa da Sky. «Sono stata sul set a Genova – una città che ha molto in comune con Barcellona – e ho conosciuto gli attori. Mi piace il fisico di Paola Cortellesi. Non è una diva, è molto simpatica, parla con la gente: sono qualità adatte a Petra». Ha mai incontrato Andrea Camilleri? «Non proprio. Tempo fa dissi che era un po’ antifemminista. Camilleri mi rispose in un’altra intervista. Disse che le autrici di noir non hanno senso dell’umorismo, con l’eccezione di Alicia Giménez-Bartlett (ride, ndr). Grazie maestro!».