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 2019  giugno 16 Domenica calendario

I tedeschi ci rimandano i miganti sedati

BERLINO – Non ha fatto in tempo di dire, in inglese, «non voglio venire» che quattro poliziotti lo hanno buttato a terra, lo hanno immobilizzato e gli hanno stretto le manette intorno ai polsi e alle caviglie. Poi lo hanno trasportato nell’hangar di un aeroporto e lo hanno fatto salire su un aereo con destinazione Roma. Era il 23 novembre del 2018 e Abukkabar M., originario della Sierra Leone, si è ritrovato con “più di cinquanta” richiedenti asilo come lui sull’aereo che dalla Germania trasportava i “dublinanti” in Italia, «e una marea di agenti che li scortavano». Soprattutto, racconta, «ho visto qualcuno scalmanato, che cercava di ribellarsi al trasferimento. Dopo un po’, però, i rivoltosi erano diventati improvvisamente tranquilli, se ne stavano quasi addormentati nei loro sedili, buoni buoni». La testimonianza di Abukkabar – che non vuol essere citato per intero perché nel frattempo è riuscito a fuggire di nuovo in Germania, ha chiesto di nuovo asilo lì e ha paura di ritorsioni – conferma un sospetto che passa da mesi di bocca in bocca, tra le organizzazioni che assistono i migranti. Il timore è che i profughi vengano sedati per evitare che si ribellino ai trasferimenti. E che subiscano dei maltrattamenti. A noi, Abukkabar ha detto al telefono di essere stato trattato «come un animale». Proprio la scorsa settimana la Germania ha approvato una stretta sui migranti che mira ad accelerarne i rimpatri. Per i Verdi «un giorno nero per la democrazia» per alcune regole discutibili come la possibilità di fare irruzione negli appartamenti o quella di metterli in carcere in prossimità della data di espulsione. Anja Tuckermann è una scrittrice berlinese che si è occupata molto di migranti, ha anche visitato strutture di accoglienza italiane a Roma, a Pomezia e Frascati. Di quei centri ha un ricordo “agghiacciante”, ci rivela. Nessuno dei profughi voleva restare in Italia. «Mi dicevano tutti “vogliamo tornare in Europa” e l’Europa cominciava per loro al di là delle Alpi». Ma Tuckermann ha assistito anche in Germania alcuni migranti negli attimi drammatici dei loro trasferimenti. Ed è stata testimone di scene “insopportabili”. Una sera era al cellulare con chi assisteva una famiglia che doveva essere messa su un aereo. «Davanti ai figli piccolissimi sia il padre sia la madre sono stati ammanettati dalla polizia con le mani dietro la schiena, come dei criminali. E poi portati via. I bambini, spaventati a morte, hanno continuato a urlare e a piangere per ore, finché non sono stati ricongiunti con i genitori». Il motivo di quella separazione, di quella tortura inutile? Ignoto. Uno dei più impegnati difensori dei diritti dei profughi ha un nome e una faccia: Stephan Reichel presiede “Matteo”, l’associazione bavarese che si batte per trovare un asilo nelle chiese ai “dublinanti”. Il senso è quello di garantire loro riparo nelle parrocchie protestanti e cattoliche finché non scadano i termini per fare domanda in Germania. Anche Reichel, che è quotidianamente in contatto con miriadi di profughi che rischiano di essere riportati soprattutto in Italia, parla di “probabili sedazioni” per impedire che fuggano o che si ribellino ai trasferimenti. «E non solo in Germania: due mesi fa so che un profugo afgano proveniente da Lione è arrivato stordito a Monaco. Lo ha assistito un professore che lo ha portato in ospedale, poi un ragazzo afgano che conosco è andato a trovarlo lì per dargli un po’ di conforto». E tra i profughi gira la voce che sia meglio non accettare bottigliette d’acqua prima di salire sugli aerei. Perché potrebbero contenere calmanti o sonniferi. Reichel è preoccupato in particolare per la pressione enorme che il governo e i Land stanno esercitando sulle parrocchie perché non concedano più protezione ai richiedenti asilo. Tra lo Stato tedesco e le Chiese non c’è un codice scritto ma una consuetudine su questi delicatissimi casi. Dunque, molto margine di manovra, se lo Stato decide di fare la faccia feroce per rispedire i profughi in Italia o negli altri paesi Ue dove dovrebbero finire secondo le regole di Dublino. E secondo Reichel, è esattamente quello che sta accadendo. Tanto che nel 2018, secondo i numeri del ministero dell’Interno Horst Seehofer, i rifugiati che hanno trovato riparo nelle parrocchie sono stati 1.521, circa 400 a trimestre. Nei primi tre mesi di quest’anno, la cifra è scesa a 250. E la stretta denunciata da Reichel e molti volontari, a tratti sta assumendo i contorni di un assedio. Un esempio clamoroso ce lo racconta un insegnante di Bamberga, Christian Witte, impegnato anche lui nell’assistenza dei richiedenti asilo. «Tre settimane fa due eritrei che erano stati accolti dal convento di Plankstetten sono stati arrestati in mezzo alla strada. Il motivo è semplice: i due dormivano e lavoravano nei locali del convento, ma erano costretti ad attraversare una strada pubblica. È lì che la polizia li ha arrestati. Un vero e proprio agguato». E per uno di loro, in un giorno tragico. Quello in cui scadevano i 18 mesi di Dublino. Il giorno dopo, avrebbe potuto chiedere asilo in Germania.