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 2019  giugno 15 Sabato calendario

L’arte di nascere

di Michela Marzano La storia «dell’arte di assistere la partoriente e il neonato» affonda le proprie radici nell’arcaica cultura corale femminile, quando erano solo le donne ad aiutare le altre donne a partorire, nonostante «bastasse un attimo perché il giorno più bello potesse trasformarsi nel più funesto, perché si perdesse la vita donandola». Un’arte fatta da donne per le donne, quindi. Che per secoli è stata circondata da un’aura di mistero, talvolta anche avvolta dal sospetto di “stregoneria”. Almeno fino all’inizio del XIX secolo quando in Francia, poco alla volta, l’ostetricia viene legittimata a scienza: con la formazione di una cattedra all’interno della facoltà di medicina, le donne – pur continuando a occupare posizioni subalterne – cominciano pian piano a condividere con gli uomini la possibilità di esercitare il proprio lavoro all’interno dell’ospedale. È allora che inizia quel processo che, col passare del tempo, contribuirà a riportare consapevolmente la figura femminile, declinata nelle figure della levatrice, del medico e della madre, al centro della scena del parto. Dopo aver raccontato la storia di Augusto Bozzi Graville, il primo medico ad aver sottoposto le mummie ad autopsia, e aver scritto numerosi saggi sulle origini del pensiero medico moderno, Paola Cosmacini torna in libreria con Un legame sottile, Madame Boivin, Monsieur Tarnier e l’ostetricia in cui narra, appunto, la storia di Marie- Anne Boivin, la prima levatrice a diventare medico, e di Stéphane Tarnier, il primo ostetrico che incoraggiò un approccio perinatale globale comprendente madre e figlio. L’ideale e sottile legame che unisce questi due personaggi, spiega Paola Cosmacini, permette d’altronde «non solo di compendiare la stessa storia del parto che nei secoli passa dalle mura domestiche alla stanza di ospedale, ma aiuta anche a raccontare la storia delle donne». Madame Boivin nasce prima della Rivoluzione francese e riesce con fatica – ma senza mai rinunciare alla propria femminilità – a «raggiungere la hauteur» dei colleghi maschi. Monsieur Tarnier muore nel 1897, dopo la guerra franco- prussiana, e rappresenta un accademico tradizionale, in tutto e per tutto uomo di scienza, incapace di prendere in considerazione Marie-Anne Boivin come interlocutrice pari grado. Avendo però entrambi lavorato a Parigi, alla Maternité di Port- Royal, sono queste due le figure emblematiche che permettono a Paola Cosmacini non solo di svelare le due facce, maschile e femminile, dell’arte ostetrica durante il suo divenire ottocentesco, ma anche di comprendere la differente situazione nella quale si trovavano all’epoca gli uomini e le donne nei confronti delle medicina. È per questo che Cosmacini ne ricostruisce con attenzione la vita e l’opera, segue il loro operare e le loro battaglie, cerca di farli dialogare nonostante siano vissuti in tempi non coincidenti. L’una e l’altro, spiega bene l’autrice di Un legame sottile, hanno d’altronde contribuito ad aiutare la donna a riappropriarsi consapevolmente del momento del parto, e a non contemplare più la morte come evento possibile, come «naturale probabilità». La nascita, continua Cosmacini, ha una storia che non può essere ridotta a semplice retrospettiva di tecnica ostetrica. E spesso il “di più” è legato proprio alle esperienze personali che ogni levatrice e ogni medico hanno vissuto nel corso del proprio operare: «È dunque per questo che, da medico e madre, sono entrata nella vita di una levatrice e di un medico che di questa storia della nascita furono, a Parigi, tra i protagonisti». Un legame sottile ha lo scopo encomiabile di raccontare l’evoluzione del ruolo delle donne e degli uomini nelle cure rivolte alle donne che partoriscono, e di farlo attraverso due figure emblematiche dello «spirito medico avanguardista» – che è poi il vero motore della trasformazione dell’ostetricia moderna – ridando in particolare spazio a una levatrice- medico che, rimasta silenziosa tra le pagine della storia, ha contribuito in maniera significativa all’evoluzione dello statuto della donna. Peccato solo che, talvolta, l’accumulazione di citazioni e di fonti affatichino la lettura, e indeboliscano a tratti la forza della narrazione.