il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2019
Gaetano Azzariti: «Difficile capire che si ascolta un deputato»
Gaetano Azzariti, giurista, professore, è nato a Napoli.
In un’intervista al Fatto Quotidiano l’onorevole del Pd Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa, ha sostenuto la tesi dell’inutilizzabilità dell’intercettazione ascoltata con il trojan alla riunione del 9 maggio. Incontro in cui il pm Luca Palamara e alcuni consiglieri del Csm hanno discusso della nomina del procuratore di Roma. Motivo dell’inutilizzabilità: gli inquirenti erano certi che all’appuntamento sarebbe intervenuto un deputato, lui, e dunque avrebbero dovuto lasciare spento il microfono. Applicando alla lettera l’articolo 68 della Costituzione secondo il quale l’intercettazione di un parlamentare può essere concessa solo con l’autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza. Articolo che, secondo il parere di alcuni giuristi, ha di fatto sancito il divieto di intercettare direttamente i parlamentari: perché se li avverti prima, staranno attenti a quello che dicono.
Professore Gaetano Azzariti, ordinario di diritto costituzionale all’Università “La Sapienza” di Roma: Ferri ha ragione nel contestare l’operato dei pm di Perugia?
L’onorevole Ferri solleva una questione tecnico giuridica molto controversa. Il trojan era stato inoculato sul cellulare di Palamara e quindi non stiamo nell’ipotesi di una intercettazione diretta del parlamentare, si tratta certamente di una intercettazione indiretta. Avvengono di frequente, in maniera casuale.
Però Ferri dice: gli inquirenti sapevano da prima che quella sera sarei stato lì con Palamara. E in quel caso?
Non so Ferri quali informazioni abbia per dare per scontato che i magistrati inquirenti conoscessero della sua partecipazione alla riunione e la dessero per certa. Bisognerebbe leggere tutte le carte. Se fosse stata solo ipotizzata la presenza di un parlamentare, una cosa è l’ipotesi e altra cosa è la verifica effettiva della presenza.
Ferri cita una sentenza della Corte Costituzionale, la 390 del 2007.
È una sentenza che insieme alla giurisprudenza complessiva sul tema delle intercettazioni indirette, è molto sofferta. È molto complicato capire quando dall’altra parte del filo c’è un parlamentare.
Qui non c’è una telefonata ma la registrazione di un trojan: che ne pensa di questo nuovo strumento per il quale molti protestano l’eccessiva invasività?
Astraendomi dal caso specifico, il trojan è la nuova frontiera delle indagini dei pm, è certamente un passo avanti. È una prospettiva da Grande Fratello, certo. Però è strano che a sollevare la questione dell’invasività dello strumento siano magistrati che lo utilizzano o potrebbero utilizzarlo. Avrebbe fatto piacere raccogliere questi impulsi di preoccupazione per la privacy delle persone non soltanto quando si riflette nei confronti dei magistrati.