Robinson, 15 giugno 2019
La miseria del Chiapas e del mondo
22 gennaio 1998 – Alcuni dati statistici del Chiapas per aiutare a comprendere il mondo. Oltre a essere il primo produttore di caffè e banane, il secondo di miele e cacao, il quarto nel settore zootecnico, oltre a generare il 46% dell’energia elettrica del paese, è nel Chiapas che si trovano i più importanti giacimenti di idrocarburi del Messico, con riserve stimate tra 20mila milioni e 60mila milioni di barili. Nonostante queste ricchezze, il 60% della popolazione (quasi un milione di abitanti) non ne ricava alcunché o guadagna meno del salario minimo, l’analfabetismo raggiunge il 30%, con variazioni tra il 50 e il 70% nelle aree indigene. Dove va a finire, allora, il denaro, se non è messo al servizio dello sviluppo del Chiapas? Che cosa rappresentano gli indigeni in questo scenario? Un funzionario del governo messicano, un tal Hank González, a cui si deve riconoscere il merito della franchezza, ancorché brutale, se non si preferisce piuttosto denunciarne il cinismo, ha appena dato la risposta: «Ci sono cinque milioni di contadini d’avanzo», ha detto. Questo è il problema che il neoliberismo trionfante vuole risolvere in modo radicale: fare scomparire a poco a poco (un genocidio su scala planetaria farebbe troppo scandalo), sottraendo o negando loro condizioni minime di vita, le centinaia di milioni di esseri umani che sono d’avanzo, siano essi indios dell’America o indios dell’India, o neri dell’Africa, o gialli dell’Asia, o sottosviluppati di ogni dove. Quello che si sta preparando nel pianeta azzurro è un mondo per ricchi (la ricchezza come una nuova forma di arianesimo), un mondo che non potendo, ovviamente, fare a meno dell’esistenza dei poveri, ammetterà di conservare solo quelli che saranno strettamente necessari al sistema.