Corriere della Sera, 14 giugno 2019
Mira Sorvino e il suo stupro
WASHINGTON «Anch’io sono vittima di uno stupro». Mira Sorvino si interrompe per l’emozione. «Non ho mai parlato di questo in pubblico». L’attrice, 51 anni, ha vinto il premio Oscar come «migliore attrice non protagonista» per il film «La Dea dell’amore» di Woody Allen. Da un anno, però, l’opinione pubblica, non solo americana, l’ha vista in prima fila tra le oltre 80 donne che hanno accusato di abusi sessuali il produttore di Hollywood, Harvey Weinstein.
Mercoledì 12 giugno la star partecipa a una conferenza stampa, con il Governatore di New York, Andrew Cuomo. Obiettivo: premere sul Congresso dello Stato per rafforzare le misure di protezione contro gli assalti sessuali.
Ma a un certo punto, a sorpresa, Mira racconta ai giornalisti: «Questo intero movimento “MeToo” per me è stato meraviglioso, ma anche molto traumatico a livello personale, perché ho dovuto rivivere il mio passato e i miei demoni in un modo che non avevo mai esplorato a fondo. Non avevo mai cercato l’aiuto di cui avevo bisogno, così questo anno e mezzo è stato un periodo molto interessante, aspro e stupendo per me. Ma ora sono qui, davanti a voi per dire che non solo sono stata una vittima di un assalto sessuale e di molestie per mano del signor Weinstein, ma che sono anche sopravvissuta a uno stupro». Una breve pausa e poi riprende: «Non l’ ho mai raccontato in pubblico perché talvolta è impossibile condividere questo genere di cose. Lo faccio oggi e lo faccio qui perché spero possa aiutare tutte le vittime di stupro che ora sono uscite allo scoperto e che vogliono giustizia; possa aiutare tutte le donne che sentono il bisogno di prendere tempo per superare il trauma».
La legge americana classifica la violenza sessuale in diverse categorie di reato: lo «stupro di secondo grado» prevede, tra gli altri casi, l’esistenza di una qualche relazione tra il criminale e la vittima. È quello che è accaduto a Sorvino: un appuntamento concluso con lo stupro. «Pensi di doverti vergognare. Ti senti come se fosse stata colpa tua: non avresti dovuto bere quel bicchiere, avresti dovuto essere più intelligente, proteggerti meglio... Sono cresciuta in una casa cristiana, con una madre molto forte, quasi fondamentalista, in una famiglia patriarcale italiana. E allora puoi ancora avere la sensazione che sia qualcosa di vergognoso rendere pubblico un sopruso sessuale. Come se fossero dei panni sporchi da non lavare davanti agli altri».