La Stampa, 14 giugno 2019
Usa, una chance per i giornali locali
L’ultima copia di carta del New York Times sarà venduta nel 2043, ha profetizzato qualche anno fa lo studioso dei media Philip Meyer. Ora il direttore del giornale globale di New York, Dean Baquet, avverte che «entro cinque anni» potrebbero sparire tutti i giornali locali americani, a meno che non siano salvati da qualche miliardario del posto. Parlando a una conferenza sul futuro delle news, Baquet ha detto che «oggi la più grande emergenza del giornalismo americano è la morte dei giornali locali, perché il loro modello di business non regge più e un giorno ci sveglieremo con interi Stati dell’Unione senza istituzioni giornalistiche». Baquet non si preoccupa di New York o di Los Angeles, ma delle zone rurali del paese e le sue inquietudini sono confermate da un’analisi dell’Associated Press elaborata sui dati raccolti dalla University of North Carolina, secondo cui negli ultimi quindici anni hanno chiuso 1800 giornali locali di carta, lasciando duecento contee americane senza un giornale e metà delle contee del Paese con un solo organo di informazione cartaceo.
Gli editori americani si stanno interrogando su questo declino, che ha ripercussioni sul dibattito pubblico e sulla solidità delle istituzioni democratiche, e cominciano a studiare le possibili soluzioni. Il punto di partenza è prendere atto della crisi, tanto più che il centro di ricerca sui media di Harvard prevede che entro il 2021 sparirà la metà degli attuali giornali locali superstiti, mentre Warren Buffett, il leggendario investitore che nel 2011 aveva cominciato a comprare giornali locali pensando che sarebbero riusciti a superare la crisi, l’anno scorso ha venduto le quote del secondo gruppo editoriale d’America e recentemente ha detto che «i giornali di carta sono destinati a scomparire, con l’eccezione dei tre principali quotidiani nazionali».
La previsione di Buffett e le parole del direttore del New York Times confermano la tendenza di un ristretto gruppo di grandi quotidiani nazionali che resiste e fa utili, mentre tutti gli altri chiudono, faticano o sperano di essere salvati da miliardari illuminati o da fondazioni filantropiche. Oggi il New York Times ha una redazione di 1550 giornalisti, la più numerosa della sua storia, e a maggio ha comunicato di avere oltre 3 milioni e mezzo di abbonati digitali a pagamento e un milione di sottoscrittori al giornale di carta, in totale 223 mila in più rispetto all’anno precedente. Il costo di un abbonamento al Times è di 15 dollari a settimana. Il Wall Street Journal di Rupert Murdoch, con una redazione di 1300 giornalisti e un abbonamento da 39 dollari a settimana, vanta un milione e settecentomila abbonati. Il Washington Post di Jeff Bezos ha un milione e mezzo di sottoscrittori digitali che pagano 10 dollari a settimana.
Se i grandi quotidiani sembrano aver trovato la strada per uscire dal tunnel, puntando sulla qualità dei contenuti, sugli abbonamenti digitali dei lettori e sulla diversificazione dei ricavi, ora l’attenzione di editori e analisti si sposta sul modo di salvaguardare il ruolo della stampa regionale e locale. In questi giorni è in corso la trattativa per la fusione dei due principali gruppi editoriali di giornali locali, GateHouse e Gannett (l’ex gruppo controllato da Buffett che edita, tra gli altri, Usa Today), che porterebbe alla nascita di un mega editore di 265 quotidiani e di circa 500 settimanali. La fusione è dettata dalla logica di fare economia di scala, ma anche dall’idea che soltanto unendo le forze si possano produrre contenuti all’altezza delle aspettative dei lettori sempre più esigenti.
I dati della ricerca dell’Università del North Carolina registrano anche la nascita di circa 400 siti di local news americani, in gran parte a copertura delle notizie nelle grandi città o in zone ricche del Paese che, quindi, non risolvono ancora il problema dell’impatto sociale su intere comunità extra urbane rimaste prive di un’informazione locale affidabile. La mappatura della stampa americana segnala anche grandi e gloriosi giornali regionali come il Los Angeles Times che, liberatisi da conglomerati industriali che credevano di poter gestire i giornali come una catena di supermercati, cominciano a costruire il futuro. Il Los Angeles Times è stato comprato dal miliardario del biotech Patrick Soon-Shiong e fa 150 mila abbonati digitali, il doppio di quanti ne aveva prima dell’arrivo, un anno fa, del nuovo editore.
Facebook e Google sono considerati i principali responsabili del declino della stampa locale, perché fanno il pieno dei ricavi pubblicitari digitali con investimenti su contenuti vicini allo zero e scaricati interamente sugli editori tradizionali. La scomparsa dei giornali locali sarebbe un problema anche per loro, perché verrebbero a mancare le notizie da veicolare sulle piattaforme social e per questo i due colossi della Silicon Valley si stanno impegnando in operazioni finanziarie a sostegno (300 milioni di dollari ciascuno) dell’informazione locale americana, sul modello di un analogo progetto europeo.
I dati delle ricerche segnalano una difficoltà maggiore per i giornali locali di media dimensione, quelli da 100 o 200 mila copie. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, il crollo dei ricavi diffusionali e pubblicitari di questi quotidiani, medi per la dimensione del mercato americano, non rende più sostenibile la loro importante struttura di costi redazionali. Il paradosso degli editori è che tagliare il numero dei giornalisti rende più complicato produrre contenuti che i lettori poi siano disposti a pagare e, dunque, il mondo dei media è arrivato al punto in cui dovrebbe capire se le cose vanno male perché la gente non è più interessata a leggere i giornali oppure, al contrario, se i lettori hanno perso interesse a causa dei tagli che hanno reso i giornali una lettura meno avvincente.