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 2019  giugno 13 Giovedì calendario

I giudici andranno a lezione dalla Crusca

«In punto di rilevanza, l’ordinanza ritiene la decisione del ricorso strettamente dipendente dall’esito del giudizio di costituzionalità e ravvisa nel giudizio principale un petitum separato e distinto dalla questione di legittimità costituzionale. L’ordinanza riconosce anche l’attualità dell’interesse a ricorrere, che permane nonostante le intervenute proroghe del termine fissato dalla legge per l’attuazione dell’obbligo legale gravante sugli enti locali ricorrenti».
Siete ancora svegli? Se sì, vi diciamo che si tratta della prosa di una frase a caso di una sentenza a caso: in questo caso parliamo della Corte Costituzionale, il top in fatto di giurisprudenza. Ma se ci spostassimo su un dispositivo redatto dalla Corte di Cassazione, dalla Corte d’Assise, da qualsiasi tribunale ordinario o giudice di pace, il tenore letterario non cambierebbe. Roba che al confronto Moccia pare Proust.
Il linguaggio della giustizia ha le sue necessità tecniche, come qualsiasi gergo specialistico. Ma siamo proprio sicuri che non si possa partorire qualcosa di meglio da un punto di vista linguistico? Convinto di sì, Marco Lipari, presidente dell’Ufficio studi della giustizia amministrativa, ha stretto un accordo con l’Accademia della Crusca per migliorare le tecniche di redazione dei provvedimenti giurisdizionali e dei pareri consultivi. L’accordo, che ha la durata di quattro anni e non comporta alcun onere finanziario per la macchina giudiziaria, «mira a sostenere la lingua italiana – secondo quanto si legge nella nota che arriva chiaramente dalla Crusca – nel suo valore storico di fondamento dell’identità nazionale, e ad assicurare la massima efficacia, precisione e trasparenza dell’attività dei Tar e del Consiglio di Stato».
Perché il latinorum delle sentenze non è solo noioso, è spesso anche pochissimo chiaro, ambiguo. E una giustizia che non si fa capire non è mai una buona giustizia. «Le decisioni del giudice devono essere comprensibili a tutti, grazie a una motivazione chiara e a un linguaggio appropriato. Il giudice non deve persuadere, ma dare conto della propria decisione, per questo profili processuali e forme di linguaggio devono stare insieme nella redazione della sentenza, che è la ragion d’essere del giudice», dicono a braccetto il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, e il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini.
Giudici a lezione d’italiano, quindi? Più o meno. Il percorso di italianizzazione della giustizia amministrativa si snoderà attraverso percorsi di formazione e di sensibilizzazione in materia linguistica dei magistrati, del personale amministrativo, dei tirocinanti e degli operatori del diritto attraverso studi, ricerche, corsi di specializzazione, formazione e aggiornamento sulla lingua del diritto e attraverso l’organizzazione di convegni, seminari e laboratori.
La legge è uguale per tutti. Se si capisce, è più uguale ancora.