la Repubblica, 13 giugno 2019
Cosa c’è nei caveau italiani
La collana di perle della nonna, il Rolex del regalo di compleanno, l’anello segreto donato dall’amante. E foto da conservare ma anche da nascondere, insieme a lettere e documenti riservati. C’è di tutto nelle cassette di sicurezza custodite nei caveau delle banche: gioielli, soprattutto, ricordi di valore anche solo affettivo e un fiume di denaro contante.
Quanto sia davvero, però, nessuno può saperlo. Il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, in due ripresa, aveva avanzato una stima: nel 2016, in un’audizione parlamentare, aveva parlato di 150 miliardi; un anno dopo in un convegno aveva alzato la cifra a 200 miliardi, tra le cassette di sicurezza in Italia e all’estero facenti capo a cittadini italiani. Denaro «di provenienza illecita», aveva spiegato con forza. Frutto di reati, in attesa di essere riciclato; nella migliore delle ipotesi proveniente da evasione fiscale. Secondo fonti bancarie, che monitorano costantemente gli accessi alle cassette e hanno dati precisi sulle somme depositate sui conti dai loro clienti, si tratterebbe però di una cifra molto sovrastimata; le stesse fonti parlano di appena qualche miliardo che potrebbe essere custodito nei caveau bancari; in caso contrario dovrebbe esserci un vorticoso giro di valige piene di banconote.
Ovviamente, le motivazioni per tenere una cassetta in banca sono mille. Ma tutte ruotano intorno alla “sicurezza": dai ladri, dagli occhi indiscreti dei parenti e, nel caso dei contanti, dal Fisco e dalla giustizia.
In realtà la sicurezza, e la riservatezza non sono totali neanche in banca. Dal 2013, i dati anagrafici di chi affitta una cassetta di sicurezza, insieme alle volte in cui ha avuto accesso alla medesima, vengono segnalati all’Agenzia delle entrate, che inserisce questa mole enorme di informazioni in un «Archivio dei rapporti» che ogni cittadino intrattiene con le istituzioni finanziarie. Non solo, dal 2017 la quinta Direttiva comunitaria antiriciclaggio ha imposto la nominatività delle cassette di sicurezza. Il Fisco può conoscere, indirettamente, anche il valore dei beni contenuti nella cassetta; o per meglio dire, il valore dichiarato dal titolare se c’è un’extra- assicurazione. Il contratto di locazione della cassetta, infatti, è accompagnato da un’assicurazione di base sul valore – dichiarato – dei beni in custodia. La copertura inclusa nella polizza standard varia da banca a banca ma in genere copre 5-10 mila euro. Poi si possono stipulare polizze aggiuntive, in genere con un massimale di 100 mila euro e chi fa una scelta del genere viene segnalato, anche per questo aspetto, all’Agenzia delle entrate.
La stessa inviolabilità delle cassette di sicurezza prevede qualche eccezione: la banca non ne conosce il contenuto, ma l’autorità giudiziaria può disporne l’apertura; se c’è il sospetto di evasione fiscale rilevante anche l’Agenzia delle entrate può disporre l’apertura, ma solo in seguito a procedure piuttosto complesse. In caso di successione, le cassette vengono invece aperte alla presenza di notaio ed eredi, mentre la banca può procedere all’apertura forzata se il contratto è scaduto da almeno sei mesi senza che sia stata restituita la chiave.
Nonostante le precauzioni prese per limitare l’opacità delle cassette di sicurezza il settore resta in larga misura poco conosciuto. A partire dal numero di cassette di sicurezza esistenti e, ancor meno, di quelle date in affitto. Le stime più attendibili sono di 1,5-1,7 milioni di cassette nei sotterranei delle banche, sebbene ci siano fonti che parlano di 3,4 milioni. Incerto è anche il numero di quelle date in affitto ai clienti: ad esempio Intesa ne ha 600 mila in tutta Italia, ma di queste solo 340 mila sono utilizzate. Per Unicredit invece l’ordine di grandezza è sulle 350 mila, di cui circa la metà occupate; Ubi ne ha affittate 74.200.