la Repubblica, 13 giugno 2019
Ritratto di Claudio Lotito
Dice vengo alle otto e si presenta a mezzanotte. «Dov’eri finito, presidente?». «Stavo con un monsignore all’Harrys Bar di Via Veneto». Scena felliniana. Prende quattro appuntamenti a sera e non arriva mai in orario. Una volta sveglia nel cuore della notte il segretario generale della Consob per spiegargli un ricorso. «Allora ci vediamo domani», fa il dirigente. «Se lei può, anche in pigiama, tra qualche minuto sono da lei», replica lui. E lo tiene due ore nella macchina blindata riempiendolo di chiacchiere. Claudio Lotito è dappertutto. Di persona e con i suoi quattro telefoni non smart, anti-intercettazione. Un Rugantino che batte la Capitale notte e giorno per aizzare, litigare, discutere, raccontare migliaia di pettegolezzi, di aneddoti, di segreti perché come ripete sempre «io sono fedele solo ai carabinieri e alla polizia». E lascia cadere il discorso come quando Totò pronuncia il suo «ho detto tutto».
Ha l’ossessione di farsi vedere, di esserci. Ci ha provato con la Federazione italiana gioco calcio, lo sport degli italiani, ma gli è andata male. Pensa anche di poter diventare un nuovo Berlusconi, l’uomo che disegna trame e potere. E fa soldi, tanti soldi. Viene da zero ma ha sposato una Mezzaroma, costruttori. Il vero punto di arrivo è diventare più ricco della moglie. Adesso è inciampato nel mercato delle toghe ma si immischia a tutto campo. Calcio (Lazio e Salernitana), affari, gerarchie vaticane, giustizia, politica, istituzioni, specie quelle in divisa. È il tipico prodotto della Roma dei potenti dove tutti parlano con tutti, amici e nemici seduti allo stesso tavolo in nome dell’inciucio. Piaceri e contro-piaceri, dev’esserci anche questo nella manifestazione d’interesse per Alitalia. Un regalo al governo gialloverde e poi a buon rendere. La sua filosofia di vita si riassume nell’aforisma: «Apro porta a chi porta, chiudo porta a chi non porta». Ecco.
Il presidente della Lazio si sente sempre dalla parte della ragione, non sbaglia mai. Però si era candidato il 4 marzo con Forza Italia e ha perso, niente posto al Senato. Ha fatto ricorso ma l’ha presa bene ed è tornato a fare la posta ai parlamentari in Piazza del Parlamento. Con il sole o con la pioggia, il presidente della Lazio aspetta sempre qualcuno.
L’offerta Alitalia è il salto di qualità. La prova del nove. Il tentativo di entrare nel salotto buono dall’ingresso principale. Diventare grande, non più solo un personaggio delle cronache sportive. Per entrare in partita servono almeno 200 milioni. Un passo lunghissimo visto che il cuore del suo business sono le aziende di pulizie. Così Lotito indossa la veste di capitano coraggioso che salva la compagnia di bandiera dalle mani dello straniero. Un terreno nuovo attraverso il quale Lotito spera di uscire dall’immagine folkloristica che tutti hanno di lui. Il romanesco, le citazioni in latinorum, le rodomontate. In privato Lotito è capace di parlare persino con passione di Dante e Pascoli e di tacere invece delle opere buone che compie. Ha pagato di tasca sua il tendone sotto il quale si sono svolti i funerali delle vittime di Amatrice. Ma preferisce glissare non senza una punta di polemica: «Gli altri hanno solo tagliato il nastro». Se parla della cittadina colpita dal terremoto, la sua terra di origine, si illumina e si commuove. Il resto è combattimento, competizione. «La mia villa a Cortina è più bella di quelle di Montezemolo e Della Valle». Oppure: «Gli ho soffiato 20 milioni», racconta quando gli riferiscono che Al Mansour, proprietario del Manchester City, ne fa un’imitazione macchiettistica.
È straripante, inarrestabile, sempre lancia in resta. Qualche volta scivola. Dopo l’incidente dei volantini insultanti con Anna Frank distribuiti dai tifosi della Lazio accetta un gesto di riparazione alla Sinagoga. Ma un audio lo inchioda: «Famo sta sceneggiata». Seguono polemiche e scuse ufficiali. Lotito però se la lega al dito, non accetta di essere stato messo alla berlina dalla comunità ebraica. «Dall’ambasciata d’Israele chiedevano un sacco di biglietti per le partite. Adesso si attaccano al tram».
Medita sempre vendette, rimonte, ripicche. Poi si dimentica. Dopo una giornata che ne vale due capita che si addormenti mentre parla al telefono. L’interlocutore sente che comincia a russare. La sua Lazio ha i conti in ordine, mai una mossa azzardata. Si vanta di pagare i debiti con il fisco ogni anno in anticipo. Adesso fa il salto mortale: l’offerta per Alitalia. «Doveva rimanere riservata, ma si sa come finisce quando arriva nelle mani del governo». Di riservato però quando si parla di Lotito c’è ben poco. Gli piace esserci sempre, come il prezzemolo.