Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 12 Mercoledì calendario

La politica sta uccidendo la sanità pubblica

«La sanità pubblica cade a pezzi e nel silenzio dei cittadini si avvia verso la privatizzazione»: il grido d’allarme è lanciato dal centro studi sulla sanità, Gimbe, che ha presentato nella Sala Capitolare del Senato, a Roma il suo rapporto 2019. «Ci troviamo davanti al lento e progressivo sgretolamento della più grande opera pubblica mai costruita in Italia – dice Nino Cartabellotta, presidente Gimbe -. La perdita di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico, oltre a compromettere la salute delle persone porterà ad un disastro sociale ed economico senza precedenti».La colpa? Un intreccio di fattori: la mancanza di un disegno politico di lungo termine, la scarsa attitudine degli attori della sanità a rinunciare ai propri privilegi, l’intromissione partitica nella gestione delle strutture sanitarie, le inefficienze non affrontate, la mancata programmazione del fabbisogno del personale, la scelta di privilegiare l’erogazione di sussidi alla cura. «Il governo», annota il rapporto, «ha puntato sui sussidi individuali (bonus 80 euro, reddito di cittadinanza, quota 100), indebolendo di fatto le tutele pubbliche in sanità ed aumentando la spesa delle famiglie».
Secondo Gimbe la spesa per la salute in Italia ammonta a 204.034 milioni, di cui 154.920 di spesa prettamente sanitaria, 41.888 milioni di spesa sociale di interesse sanitario, 7.225 milioni per deduzioni e detrazioni di imposta. «Al di là delle cifre – conclude Cartabellotta – la vera sfida è identificare il ritorno in termini di salute delle risorse investite in sanità: secondo le nostre analisi il 19% della spesa pubblica, almeno il 40% di quella delle famiglie e il 50% di quella intermediata non migliorano salute e qualità di vita delle persone. Ecco perché bisogna avviare riforme sanitarie e fiscali, oltre che azioni di governance a tutti i livelli, per ridurre al minimo i fenomeni di sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate e di sotto-utilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate».
Insomma, non si tratta di spendere di più ma meglio, premiando le competenze (anche organizzative) e non la fedeltà partitica. Ministro Giulia Grillo, se ci sei (ancora) batti un colpo.