Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 12 Mercoledì calendario

Quel neonato sopravvissuto ai genitori

La morte è un vuoto che si crea di colpo. Uno spazio bianco, una cancellatura al posto di un corpo noto. Se nessuno se ne accorge, se nessuno percepisce un vuoto, una mancanza, la morte non esiste. È nel dolore che si lascia dietro, la morte. Anche in un bambino di sei mesi, come quello che nell’incidente di ieri ha perso entrambi i genitori. Tornavano dalle vacanze, e la loro auto ha tamponato un tir, alle tre di notte, sull’autostrada A21, in provincia di Pavia. 
Soltanto dopo aver tirato fuori dalle lamiere Ebubekir Sulejman e la moglie Ezgona Mksuti, entrambi ventiquattrenni, i poliziotti della Stradale si sono accorti che nel sedile dietro, ancora legato nel seggiolino, c’era un bambino, incolume. Gli mancheranno gli odori, gli abbracci, il latte.
Le voci note, il seno sul quale abbandonarsi per poter dormire, i due individui, ancora senza nome, nel quale riporre tutta la fiducia possibile. 
Di colpo il cavo al quale era stato attaccato fino a quel momento, fuori e dentro il vetro della madre, ciondolerà. Sarà inspiegabile, immedicabile quell’assenza. Ma non potrà raccontarla, perché non ha ancora le parole. E allora potremmo anche immaginare che quella morte, che ha infierito su qualcuno di così giovane da non essersi ancora radicato nell’esistenza, da non aver condiviso a sufficienza il mondo, se ne vada in fretta dai suoi ricordi. E quindi, in qualche modo, non esista. Che età bisogna avere per essere orfani? Per sentire cioè che prima c’erano dei genitori e poi più niente alle spalle? 
La letteratura lo racconta quel dolore, il dolore di chi rimane. Ha raccontato perdite lancinanti, amici, amori. Ha osato perfino raccontare il lutto più grande, la morte di un figlio, l’orrore. Qualche anno fa uno scrittore francese, Philippe Forest, ha perso sua figlia di quattro anni per una malattia, un tumore. Ne ha scritto un libro, si intitola L’enfant éternel. Ma in italiano ha un titolo ancora più bello, anche a detta dell’autore: «Tutti i bambini tranne uno». È una citazione, si tratta dell’incipit del romanzo di John Matthew Barry, nato come un’opera teatrale e divenuto una delle storie più celebri della letteratura. «Tutti i bambini crescono, meno uno. Sanno subito che crescono, e Wendy lo seppe così. Un giorno, quando aveva tre anni, e stava giocando in giardino, colse un fiore e corse da sua madre. Doveva avere un aspetto delizioso, perché la signora Darling si mise una mano sul cuore ed esclamò: Oh, perché non puoi rimanere sempre così! Questo fu quanto passò fra di loro circa l’argomento, ma da allora Wendy seppe che avrebbe dovuto crescere». Il libro di Forest è spaventoso e magnifico, una lettura che non esce mai più dal cuore. Pauline, la figlia, ha tre anni, ma è più alta delle bambine della sua età. Durante una visita dalla pediatra, una visita di routine in cui si parla di vaccini e richiami, viene fuori questo suo fastidio al braccio, che va e viene. Un anno dopo Pauline è morta. Non diventerà mai grande, non crescerà. «Il lungo anno in cui morì mia figlia fu il più bello della mia vita», scrive Forest. Anche Peter Pan, che non voleva crescere, era orfano. O meglio, era volato via dalla finestra, che la madre aveva dimenticato spalancata, quando aveva solo sette giorni. Finisce nell’isola di Kensington e quando le fate lo lasceranno finalmente libero e vorrà rivedere sua madre sarà troppo tardi. La finestra della sua casa sarà chiusa, per sempre, su un’altra famiglia, un altro figlio da cullare.
Gli orfani, quando sono così piccoli, non hanno le parole. Anche la letteratura si arrende, non lo sa dire come possa un neonato congedarsi dai genitori. Però una cosa la sa la letteratura di loro, e l’ha raccontata tante volte. I bambini e le bambine orfani sono degli eroi. E spesso dei super eroi. Superman, Spiderman, Batman, hanno tutti perso i genitori quando erano bambini. Ma anche Pippi Calzelunghe, che solleva il suo cavallo senza sforzo. E Luke Skywalker, Harry Potter, James Bond, Lisbeth Salander, la protagonista della saga di Stieg Larsson, Millennium. Perché per sopravvivere servono coraggio, nobiltà e abilità straordinarie, le stesse virtù contraddistinguono gli eroi.