Corriere della Sera, 12 giugno 2019
La Merkel era un’informatrice della Stasi?
Berlino Angela Merkel ha lavorato per la Stasi, la polizia segreta che spiava i cittadini della Germania Est? La domanda non è nuova. Chi mette il nome della cancelliera su Google, inciampa quasi subito sulla sigla IM Erika, dove IM sta per Inoffizielle Mitarbeiterin, collaboratrice non ufficiale, la sigla con cui la Stasi indicava gli informatori che non erano suoi agenti. Secondo una folta schiera di complottisti, Erika sarebbe il nome di copertura di Angela Merkel nella sua attività di delazione.
C’è qualcosa di vero o è una fake news? Una cosa è certa: gli archivi della Stasi non hanno mai pubblicato documenti che suffragassero il sospetto. La risposta alle diverse richieste pervenute è stata che «la premessa per il rilascio è che ci sia una documentazione sul lavoro da IM». E ancora: «Altro tipo di documenti possono essere presi in visione solo con il consenso dell’interessato». Detto altrimenti, non ci sono carte che dimostrino che Angela Merkel fosse informatrice dei servizi.
«Il che però non significa che non ci siano mai state», spiega Hubertus Knabe, in un saggio dedicato al tema e pubblicato ieri sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Knabe, 60 anni, storico, è un’autorità in materia: dal 2000 al 2018 ha diretto la Fondazione del Memoriale di Hohenschönhausen, l’ex prigione della Stasi trasformata in centro di documentazione e di ricerca, diventata celebre anche per aver fatto da set al film premio Oscar «Le vite degli altri». È significativo che un giornale autorevole come la FAZ dedichi un’intera pagina al tema. Tanto più che il saggio di Knabe solleva più interrogativi e suggestioni di quanti ne risolva.
Andiamo con ordine. Merkel stessa ha raccontato di essere stata avvicinata nel 1978 dalla Stasi, che voleva assoldarla. Successe al Politecnico di Ilmenau, in margine a un convegno di studi. Lei rifiutò. Ma, osserva Knabe, «queste proposte non venivano fatte a caso», la precondizione fra l’altro erano provate «qualità personali e politico-ideologiche». Pensavano di potersi fidare, in altre parole. Proposte del genere venivano protocollate con pignoleria dalla Stasi: nessuno può dire se esistono, ma se ci fossero, per vederle occorrerebbe il consenso dell’interessata. Merkel, in modo del tutto legittimo, non l’ha mai dato.
Alcune tracce, mai provate ma molto evocate sulla rete, emersero nel 2005 in un celebre documentario della televisione pubblica Wdr. Come la foto della Merkel, trovata da un reporter negli atti relativi alla sorveglianza di un noto dissidente, Robert Havemann. I complottisti ne hanno dedotto che la futura cancelliera, la quale visitò in effetti il dissidente portata nell’appartamento da un amico, lo abbia spiato. In realtà si è scoperto che la foto non era della Stasi ma era quella della patente di guida. In ogni caso, Merkel aveva allora 25 anni e secondo Knabe è del tutto «improbabile» che i servizi usassero un non professionista per un compito così delicato. Resta un dubbio però, nota lo storico: perché non ci furono conseguenze per lei dalla visita a un dissidente?
Un altro fumus verrebbe dal fatto che Merkel lavorasse fianco a fianco con numerosi IM, almeno tre dei suoi colleghi – nome in codice Einstein, Bachmann e Manfred Weih – erano infatti informatori. Ma questo in verità non prova nulla. Meno chiare invece sono le circostanze dei suoi due viaggi nella Repubblica Federale, nel 1986 e nel 1989, un grande privilegio nella Ddr. A causa della non pubblicazione del dossier che la riguarda, non è chiaro se vennero autorizzati dalla Stasi e se lo furono sulla base di quali motivazioni. Speculazioni provocano anche i numerosi viaggi in Polonia, che però erano spesso di studio. Uno in particolare, nel 1980, quando al ritorno Merkel venne fermata alla frontiera con materiale di Solidarnosc. Anche se l’episodio fu subito comunicato alla centrale, ecco la stranezza, la cosa non ebbe alcuna conseguenza negativa.
Poi c’è il ruolo nella Frei Deutsche Jugend, l’organizzazione giovanile del regime comunista, che Merkel ha sempre minimizzato, dicendo che «ci stava volentieri ma per opportunismo» e che era addetta a «procurare i biglietti per il teatro». Chiosa Knabe: «Questa descrizione suona eufemistica, la FDJ era un’organizzazione fortemente ideologizzata».
Conclusione: non c’è alcun atto o documento che provi il sospetto che abbia lavorato per la Stasi, ma a Merkel «si può rimproverare il fatto di non parlare in modo aperto del suo passato nella Ddr».