La Stampa, 11 giugno 2019
Proteste a Hong Kong
Il milione in piazza non fa cambiare opinione al governo di Hong Kong: l’emendamento sulle estradizioni andrà avanti. La Cina, evocata dai manifestanti, chiama in causa il complotto delle «potenze straniere». Mentre la società civile torna in piazza domani.
Il capo dell’esecutivo Carrie Lam nei toni sembra voler ascoltare la massa che protesta contro la legge che consentirà di spedire i presunti criminali in Paesi con i quali non ci sono accordi giuridici (la Cina). Ma nella sostanza nulla cambia: l’emendamento resta in piedi, domani verrà votato dal parlamento. Resta alta la preoccupazione dei difensori dell’autonomia dell’ex colonia britannica, messa in discussione da questa riforma che garantirebbe alla giustizia cinese di mettere le mani sui ricercati, magari, è questo il timore, anche quelli politici.
Un meccanismo questo che potrebbe scardinare il principio che regola il rapporto tra Hong Kong e Cina, sintetizzato dalla formula «un Paese due sistemi», un principio che garantisce il rispetto di diritti civili che al di là della frontiera non sono affatto assicurati.
Pechino osserva, ufficialmente silente. Ma attraverso il China Daily si allude alla fantomatica ingerenza di «forze straniere», che vogliono danneggiare il governo centrale di Hong Kong. La testata del regime definisce così i manifestanti: «Alcuni apparentemente fuorviati dalle intenzioni dei cambiamenti, mentre altri stavano mettendo in atto manovre per promuovere la loro agenda politica». Il riferimento è probabilmente ad alcune riunioni tenute a Washington da esponenti dell’opposizione con il segretario di Stato americano Mike Pompeo.
Il capo dell’esecutivo di Hong Kong ha negato pressioni cinesi dietro la riforma e ha spiegato perché la proposta va avanti: «Questa è una legge molto importante, che aiuterà a mantenere la giustizia e ad assicurare anche che Hong Kong adempia ai suoi obblighi internazionali per quanto riguarda i reati trans-nazionali e trans-frontalieri».
Una posizione che non aiuta ad abbassare la tensione. Gli organizzatori della grande manifestazione di domenica scorsa, la più imponente dell’ultimo decennio con un milione di partecipanti, rilanciano e convocano un nuovo corteo per domani. Il Fronte per i Diritti Umani e Civili ha dato appuntamento alle 10 del mattino, esattamente quando il Consiglio legislativo, ovvero il parlamento locale, dovrà esaminare l’emendamento della discordia. «Lam sta spingendo Hong Kong ai bordi del precipizio», ha spiegato la deputata pro-democrazia Claudia Mo. Ed è proprio la Lam, nominata e non eletta, che rischia di finire in un angolo. Le polemiche riguardano anche le cariche della polizia a un corteo che fino a quel momento era stato assolutamente pacifico. Gli scontri hanno riguardato solo un piccolo gruppo di manifestanti, il bilancio finale parla di 19 arresti. Tra loro molti attivisti giovanissimi. Nessuno fa marcia indietro e domani si replica.