la Repubblica, 11 giugno 2019
La Francia litiga per il gallo Momo
Troppo mattiniero e troppo chiassoso, il gallo Maurice è diventato suo malgrado il simbolo del mondo rurale minacciato dalla modernità. Accade a Saint-Pierre d’Oléron, capoluogo dell’omonima isoletta sulla costa atlantica francese, dove Maurice detto Momo, un’ampia cresta, lunghi bargigli e l’aria torva, importuna con il suo canto i vicini di casa della signora Corinne Fesseau. Ora, quella che è nata come una lite di condominio s’è in fretta trasformata, soprattutto grazie ai social, in un affare di Stato. Un’affaire in cui si contano non pochi elementi comici, quale per esempio, l’ufficiale giudiziario inviato dal tribunale di Rochefort a registrare i decibel dei vocalizzi di Momo. Nel 2017, una coppia di pensionati, vicina di casa della signora Fesseau, comincia a scriverle lettere di protesta sostenendo che «gli strepiti del suo gallo sono davvero insopportabili». Non avendo ricevuto risposte, pochi mesi dopo la coppia sporge denuncia per rumori molesti. La signora Fesseau, di professione cantante folcloristica locale, decide allora di lanciare una petizione online per salvare il suo amato volatile, ergendosi a paladina della ruralità contro chi vive in città, come appunto la coppia di pensionati che sull’isola possiede la sua seconda casa «dove trascorre non più di un paio di settimane l’anno».
In poco tempo i sostenitori online del gallo Momo superano i centomila, mentre l’associazione dei Coqs d’Oléron en colère, ossia dei galli di Oléron arrabbiati, creata dalla cantante, ottiene l’appoggio del sindaco dell’isola, Christophe Sueur. Il quale, in sostegno alla causa, promuove un’ordinanza municipale destinata «a salvaguardare le abitudini legate alla campagna, e in particolar modo quelle che riguardano gli animali di fattoria». Oltre al canto del gallo, l’ordinanza si prefigge di difendere il suono delle campane, il muggito delle mucche, il gracchiare delle ranocchie e quant’altro rumore appartenga al mondo agricolo- contadino. In aiuto alla signora Fesseau, la cui fama canora non aveva mai raggiunto i vertici ai quali l’ha condotta il suo Momo, s’aggiunge un agricoltore in pensione, che in una lettera aperta chiede che di tutti i rumori della campagna diventino patrimonio nazionale. Insomma, è bastato il canto di un gallo ad esacerbare le rivendicazioni di chi vuole ad ogni costo proteggere l’autenticità della provincia ormai assediata da chi non la rispetta.
Giovedì scorso, a Rochefort, la giustizia avrebbe dovuto deliberare chi ha ragione e chi torto. Tutto è stato però rinviato al prossimo 4 luglio, lasciando così in sospeso il destino del gallo Momo. Nel frattempo, a nulla è servito tenerlo chiuso all’interno del pollaio fino alle otto e trenta del mattino, perché due ore prima il suo canto potente ne oltrepassa le pareti per andare a trapanare le sensibili orecchie della coppia di pensionati. Stanco di questa vicenda su cui il regista Claude Chabrol avrebbe imbastito una deliziosa commedia, l’avvocato dei pensionati vorrebbe ora giungere a un compromesso per evitare il processo e risolvere il litigio il più in fretta possibile. «È una lite tra vicini di casa come ce ne sono tante un po’ ovunque, e mi sembra che si dovrebbe trovare un accordo amichevole». Lo stesso sostiene il difensore della signora Fesseau, secondo il quale «le parti farebbero meglio a sedersi davanti a un aperitivo, come si fa da queste parti». Ma la cantante folcloristica non ci sta. Anche perché il suo Momo, depresso da quando è stato rinchiuso nel pollaio, non canta più come una volta.