Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  giugno 10 Lunedì calendario

Che cos’è il liberalismo

Nel c orso del XX secolo tre grandi narrazioni hanno tentato di offrire una spiegazione della storia umana e una visione del futuro del mondo: la narrazione fascista, la narrazione comunista e la narrazione liberale. La narrazione fascista spiegava la storia come una lotta tra le diverse nazioni e prefigurava un mondo dominato da un solo gruppo umano che sottomette tutti gli altri attraverso la violenza. La narrazione comunista spiegava la storia come lotta fra le classi e prefigurava un mondo in cui i gruppi erano tutti uniti da un sistema centralizzato che assicurava l’uguaglianza, anche se a scapito della libertà. La narrazione liberale spiegava la storia come scontro fra libertà e tirannia e prefigurava un mondo in cui tutti gli uomini cooperavano tra loro, con un controllo centrale al minimo, anche se al prezzo di una certa disuguaglianza. La Seconda guerra mondiale e la Guerra fredda hanno messo al tappeto la narrazione fascista e comunista, lasciando alla narrazione liberale il ruolo di guida predominante del passato dell’uomo e manuale indispensabile per il futuro del mondo. Almeno così è sembrato per un certo periodo. Negli ultimi anni, tuttavia, un numero crescente di responsabili e movimenti politici hanno contestato elementi chiave del liberalismo. La narrazione liberale è destinata a raggiungere il fascismo e il comunismo nella pattumiera della storia? All’inizio del 2019, è difficile pronunciarsi. Il liberalismo è sicuramente in crisi, ma quello a cui abbiamo assistito recentemente non assomiglia a un abbandono integrale della narrazione liberale. Si tratta semmai di un passaggio dall’"approccio del menu fisso” alla “mentalità del buffet”. È difficile cogliere le evoluzioni attuali, perché il liberalismo non è mai stato monolitico. Il liberalismo tiene in gran conto la libertà, ma la libertà non ha lo stesso senso nei diversi contesti. Per gli uni, il liberalismo implica elezioni libere e democratizzazione. Per gli altri, è sinonimo di accordi commerciali e di globalizzazione. Altri ancora associano il liberalismo al matrimonio gay e all’aborto. Jair Bolsonaro è un liberale? A questa domanda, un militante per i diritti dei gay non darà la stessa risposta di un economista marxista. Il liberalismo offre diverse raccomandazioni di comportamento in campo economico, politico e personale, sul piano nazionale e internazionale. La tabella qui sopra riassume le grandi componenti del liberalismo. Secondo la narrazione liberale che ha dominato il mondo negli ultimi decenni, esistono legami solidi ed essenziali fra i sei elementi raffigurati. Avere uno senza l’altro è impossibile, perché il progresso in un campo è condizione indispensabile per il progresso negli altri, e lo stimola. Per esempio, le elezioni libere sono essenziali per il successo dell’economia di mercato: senza democrazia, i mercati finiscono preda del clientelismo e della corruzione delle autorità. Allo stesso tempo, l’uguaglianza dei sessi incoraggia la pace internazionale, perché generalmente sono i valori patriarcali e i politici macho che alimentano le guerre. Contestualmente, l’integrazione economica mondiale va di pari passo con la libertà dei consumatori: se posso scegliere tra cento marchi mondiali, invece che fra tre marchi nazionali, godrò di una maggiore libertà individuale. E così via. Insomma, se un Paese vuole assaggiare un piatto del menu liberale – la liberalizzazione economica, per esempio – non ha altra soluzione che prendere tutti gli altri piatti. I movimenti populisti e nazionalisti oggi hanno un punto in comune: anche se si dichiarano «antiliberali», nessuno di loro rigetta interamente il liberalismo. Rigettano semmai l’approccio del menu fisso e vogliono scegliere i piatti di loro preferenza, nel buffet liberale. Così, Trump è un convinto sostenitore dell’economia di mercato e delle privatizzazioni, ma pensa di poterli fregare tutti sabotando la cooperazione multilaterale e perfino il libero scambio. La Cina difende il libero scambio e la sua “Nuova Via della Seta” è uno dei progetti di globalizzazione più ambiziosi mai tentati: non mostra però lo stesso entusiasmo verso il concetto di libere elezioni. In Gran Bretagna, i brexiter difendono la democrazia e non hanno niente contro l’individualismo, ma non amano la cooperazione multilaterale e l’idea di accordare troppo potere a organizzazioni internazionali. Viktor Orbán ha definito il suo regime «democrazia illiberale», sostenendo che sia possibile, in Ungheria, avere elezioni libere senza difendere i diritti delle minoranze, la diversità e l’individualismo. Il solo piatto che tutto il mondo o quasi desidera, almeno in teoria, sono delle relazioni internazionali pacifiche. È la torta al cioccolato del buffet liberale. All’inverso, la sola cosa che quasi nessuno vuole è l’immigrazione. Anche alcuni dei sostenitori più accaniti della democrazia, dell’individualismo e della cooperazione multilaterale storcono il naso all’idea di accogliere troppi immigranti. Resta da capire, però, se l’approccio del buffet sia praticabile. L’analogia potrebbe essere fuorviante. Nei ristoranti, un menu fisso è un assemblaggio arbitrario di piatti indipendenti. La narrazione liberale invece insiste da sempre sul fatto che il sistema liberale è un organismo vivente composto di organi reciprocamente dipendenti. È facile separare la zuppa dal dessert, ma è impossibile separare il cuore dai polmoni. Trump è veramente in grado di promuovere l’economia di mercato negli Stati Uniti sabotando il libero scambio a livello mondiale? Il Partito comunista cinese può davvero continuare a godere dei frutti della liberalizzazione economica senza fare il minimo avanzamento verso la liberalizzazione politica? Gli ungheresi possono veramente avere la democrazia senza le libertà individuali, o la “democrazia illiberale” di Orbán è soltanto un nome più aggraziato per “dittatura”? La pace internazionale può veramente sopravvivere in un mondo dove si costruiscono muri alle frontiere o si intensificano le guerre commerciali? L’approccio del buffet potrebbe finire per tradursi in uno sgretolamento del sistema liberale, sia a livello nazionale che internazionale. Che cosa prenderà il suo posto per il momento non è affatto chiaro. Traduzione di Fabio Galimberti Copyright Le Figaro/Lena L’autore è uno storico e saggista. Tra i suoi libri il bestseller “Sapiens. Da animali a dèi. Breve storia dell’umanità” (Bompiani, 2014) e “21 lezioni per il XXI secolo” (Bompiani, 2018).
Per la tabella vedi foto nella cartellina Quotidiano di Calabria