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 2019  giugno 10 Lunedì calendario

Biografia di Edoardo Rixi

Edoardo Rixi, nato a Genova l’8 giugno 1974 (45 anni). Politico (Lega). Deputato (dal 23 marzo 2018; già dal 16 febbraio all’8 giugno 2010). Già viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti (2018-2019), sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (2018) e assessore allo sviluppo economico della Regione Liguria (2015-2018). Ex consigliere regionale della Liguria (2010-2018) e consigliere comunale di Genova (2002-2007; 2012-2015). Ex vicesegretario federale della Lega Nord (2014-2016). «Io sono a favore di tutti i tunnel. Anche di quello del Brennero» • «Rixi è figlio unico di una famiglia importante. Suo padre è un noto economista: era stato lui a preparare il programma economico a Sandro Biasotti, quando era diventato presidente della Regione Liguria. La madre è una donna manager di successo, prima nel campo della moda (Roberta di Camerino) e ora nel settore auto (Fiat-Macciò)» (Elio Domeniconi). Nato nel quartiere popolare di Sestri Ponente, si trasferì poi con la famiglia in quello più signorile di Pegli, dove «viveva con la famiglia nel castello a picco sul mare, davanti ai Bagni Castelluccio» (Michela Pedemonte). «Con la politica aveva iniziato all’inizio degli anni Novanta, un po’ al liceo Mazzini e un po’ nei comitati di quartiere» (Ava Zunino). Dopo la maturità classica, conseguì la laurea in Economia e commercio presso l’Università di Genova (tesi: La ristrutturazione del sistema bancario nei Paesi scandinavi. Dalla crisi degli anni ’90 alla moneta unica), avviando quindi collaborazioni professionali con l’Università di Tor Vergata di Roma, la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova e il consiglio regionale della Lombardia. Parallelamente, la militanza tra le file della Lega Nord lo condusse, nel 2002, all’ingresso nel consiglio comunale di Genova, tra i banchi dell’opposizione. «Politicamente si considera figlio di due padri: Sergio Castellaneta [istrionico e controverso politico genovese (1932-2018), leghista della prima ora uscito dal partito già nel 1994 e quindi anima di una lista civica vicina al centrodestra ma da posizioni spesso critiche – ndr] e Umberto Bossi, “che rappresentano – dice – la rivolta dei cittadini ad una politica lontana dalla gente”. Edoardo Rixi […] nei cinque anni […] trascorsi come consigliere e capogruppo leghista ha fatto la voce grossa. Contro, ad esempio, la moschea a Cornigliano. Contro l’inceneritore a Scarpino e i nomadi a Voltri o l’assegnazione delle case popolari agli immigrati. Ha alzato i toni tanto che alla fine per molti è diventato "l’intollerante", una sorta di barbaro che esagera sempre. Lui ne è cosciente, e la spiega così: “Sono tra chi crede ancora che nella vita esistono le cose giuste e quelle sbagliate, e credo che un politico debba portare avanti le esigenze dei cittadini a prescindere dalla fama che si fa: quando, da consigliere comunale, vedi che non riesci a fare niente davanti ad ingiustizie palesi, è tuo diritto-dovere (nei limiti della legge, è ovvio) fare di tutto per portare il problema all’attenzione della città. L’ho fatto, e questo mi ha portato molti nemici, non solo a sinistra”. […] È diventato il beniamino di interi quartieri, alla testa delle lotte più aspre» (Zunino). Primo dei non eletti alla Camera alle elezioni politiche del 2008, fu frettolosamente inviato a Roma dal partito nel febbraio 2010 per subentrare all’onorevole leghista Maurizio Balocchi (1942-2010) appena deceduto, e poi richiamato in Liguria neppure quattro mesi dopo, allo scopo di presidiare il territorio in veste di consigliere regionale. Candidato sindaco della Lega Nord alle elezioni comunali di Genova nel maggio 2012, ottenne il 4,70% dei consensi, risultando così l’unico leghista eletto: assunse quindi la carica di consigliere comunale in aggiunta a quella di consigliere regionale, e volle mantenere entrambe nonostante importanti dirigenti del partito allora guidato da Maroni lo avessero esortato a cedere la prima, nell’ottica del rinnovamento impostato dopo la stagione degli scandali, cui pure Rixi era rimasto totalmente estraneo. «Non è certo stato lui a inserire nella Lega Francesco Belsito, l’ex autista di Alfredo Biondi. È sempre rimasto fuori dal “cerchio magico” della famiglia Bossi. […] Ha appoggiato sin da subito la candidatura di Matteo Salvini: appartengono alla stessa generazione, hanno cominciato a far politica nello stesso momento, hanno fatto tante cose assieme» (Pedemonte). Il suo crescente disagio all’interno del partito si stemperò proprio dopo la conquista della segreteria da parte di Salvini, che il 28 novembre 2014 lo nominò vicesegretario federale della Lega Nord insieme a Riccardo Molinari. I due mantennero la carica fino al 26 febbraio 2016, quando – pochi giorni dopo che Rixi era stato rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta «Spese pazze», su presunte irregolarità nei rimborsi di alcuni consiglieri e assessori regionali (Molinari aveva subìto il rinvio a giudizio per un’indagine analoga già nel luglio 2014) – furono entrambi sostituiti da altri esponenti leghisti, ufficialmente secondo una mera logica di avvicendamento periodico. Nel frattempo Rixi aveva visto sfumare, nel 2015, la sua candidatura alla presidenza della Regione Liguria, già annunciata e poi ritirata in seguito all’accordo tra Salvini e Berlusconi sul nome del forzista Giovanni Toti. In seguito alla vittoria di quest’ultimo, poi, Rixi, forte di oltre 11 mila preferenze, ottenne l’assessorato regionale allo sviluppo economico, con numerose deleghe, tra cui quella, particolarmente importante in Liguria, relativa alla portualità. In vista delle elezioni comunali del 2017 meditò di candidarsi nuovamente a sindaco di Genova, ma, anche per non destabilizzare la fragile unità della coalizione di centrodestra, si acconciò poi a benedire la candidatura dell’indipendente Marco Bucci, che risultò infine vincitore, spezzando un lungo ciclo di amministrazioni di centrosinistra. L’ascesa politica di Rixi parve ormai definitivamente proiettata a livello nazionale nel 2018, quando, eletto deputato, fu nominato dapprima sottosegretario e poi viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: in tale veste si sforzò costantemente di incalzare l’anodino titolare del dicastero, Danilo Toninelli, a un atteggiamento di sano pragmatismo rispetto alla realizzazione delle infrastrutture necessarie al Paese, dimostrando particolare attenzione per la situazione di Genova e della Liguria all’indomani del crollo del Ponte Morandi (14 agosto 2018). La sua attività all’interno dell’esecutivo si è però conclusa il 30 maggio 2019, quando, severamente condannato per peculato a conclusione del primo grado del processo «Spese pazze», ha rassegnato – consegnandole irritualmente nelle mani del vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno Salvini – le proprie dimissioni da viceministro, immediatamente approvate dal leader leghista nonostante precedenti e reiterati proclami di una sua incondizionata difesa a oltranza. «La condanna è oltre le previsioni. E, prima che s’inneschi la spirale dentro il governo gialloverde, Matteo Salvini la disinnesca “accettando” le dimissioni preparate dal viceministro ai Trasporti, e suo fedelissimo, Edoardo Rixi, senza risparmiare bordate ai giudici: “Lo faccio per il bene dell’esecutivo – dice Salvini – e suo, perché lo avrebbero trasformato nel Mostro di Firenze. Rispetto le sentenze e conto su un’assoluzione a fine processo. Ma trovo incredibile che ci siano spacciatori a piede libero e sindaci, amministratori e parlamentari accusati o condannati senza uno straccio di prova”. […] Il Tribunale di Genova ha ritenuto Rixi colpevole per le spese pazze sostenute dalla Lega nel consiglio regionale ligure fra 2010 e 2012, quando lui era capogruppo. E gli ha inflitto 3 anni e 5 mesi per peculato e falso, superando la proposta del procuratore aggiunto Francesco Pinto, che si era fermato a 3 anni e 4 mesi. Rixi paga in prevalenza per non aver vigilato sugli scontrini messi a rimborso dai suoi ex colleghi Maurizio Torterolo e Francesco Bruzzone (quest’ultimo è oggi senatore del Carroccio e ha preso 2 anni e 10 mesi); le spese “personali” ammontano a 19.855 euro, una parte sostenuta in occasione di raduni a Pontida o per viaggi talvolta in giornate festive. I giudici hanno disposto per l’ormai ex viceministro pure l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, che scatterebbe dopo un verdetto in Cassazione, e la confisca di 56.807 euro, ovvero i soldi spesi indebitamente da lui e in modo generico dal gruppo, in parte già restituiti» (Mario De Fazio e Matteo Indice). «Alla Lega di Rixi sono state contestate, fra le altre cose, le numerose birre acquistate a Pontida in occasione delle feste del periodo di Bossi, gli inspiegabili quindici scontrini di fila emessi in uno stesso giorno dal Caffè dell’Angolo di Mondovì, i 1.774 euro spesi nella pelletteria di lusso a Tolentino, gli acquisti al "Chocolate Town" all’Outlet di Serravalle. C’erano anche le molteplici ricevute del Quadrifoglio, il ristorante di Carcare preferito dal consigliere Maurizio Torterolo. Quest’ultimo ha inguaiato non poco i due ex colleghi Rixi e Francesco Bruzzone. […] Torterolo ha infatti patteggiato due anni proprio per una serie di contestazioni che condivideva con Rixi. […] "Ricorreremo in appello" dopo "aver letto le motivazioni della sentenza, perché siamo convinti che sia innocente", commenta l’avvocato del viceministro Edoardo Rixi Maurizio Barabino» (Marco Preve). «Al contrario di chi ha oggi un incarico negli enti locali (i condannati sono stati 19), sospeso per gli effetti della legge Severino, Rixi può allo stato mantenere il seggio da deputato: sebbene l’interpretazione della norma sia controversa, per i parlamentari serve un giudizio definitivo. La nomina a viceministro non avrebbe invece subìto ripercussioni automatiche. Al di là delle dichiarazioni istituzionali affidate a Facebook (“sono innocente, ma mi faccio da parte per l’amore che provo per l’Italia e per non creare problemi al governo”), a chi lo ha incontrato […] Rixi ha affidato parole più nette, ribadendo d’aver subìto un’ingiustizia: “Mi arrivano messaggi da numerosi avversari che mi esprimono solidarietà e mi danno ragione. E comunque adesso la Lega andrà avanti sulla Tav”. Salvini lo ha nominato su due piedi responsabile nazionale Trasporti per il partito, e la strategia era stata concordata un giorno e mezzo prima. […] Troppo fresco il trionfo del 34% alle Europee per passare subito come quelli che impantanano l’esecutivo nel difendere una poltrona, impossibile replicare le tensioni dell’affaire Siri, il sottosegretario ai Trasporti indagato per corruzione e “dimissionato” da Conte dopo le resistenze di Salvini: ecco quindi pianificata l’exit strategy e i comunicati stampa, tant’è che le posizioni ufficiali sono state espresse a pochi minuti dalla sentenza genovese. Il premier, cioè colui che ha dovuto “accettare” le dimissioni sebbene lo stesso verbo fosse stato usato dal suo vice Salvini, “ringrazia” Rixi: “Gli auguro di far valere le proprie ragioni”» (De Fazio e Indice). In seguito Rixi ha apertamente criticato la sentenza, dicendosene «stupefatto» e adombrando persino un disegno politico ai danni della Lega: «Questa vicenda mi ha fatto riflettere sull’equilibrio dei poteri in Italia. […] Ho capito che c’è qualcuno che per paura della dittatura limita la democrazia». Successivamente, pur ribadendo la propria amarezza, ha dichiarato: «Lascio quasi volentieri. Continuare a lavorare accanto a Toninelli era praticamente impossibile» • «Edoardo Rixi rappresenta il nuovo corso della Lega. Ha studiato da manager, è laureato. Non ha nulla da spartire con gli attacchini di vecchio stampo, cari al padre fondatore della Lega in Liguria, l’ex ristoratore Bruno Ravera, che si vanta di avere solo la licenza elementare. È un leghista che ai giubbotti preferisce la giacca e la cravatta» (Pedemonte) • Sposato dal 2015 con Marzia Vita, dirigente della Oscar Vita, la catena di gioiellerie della sua famiglia; un figlio, Damiano (2018), chiamato così in onore del cardiologo e alpinista genovese Damiano Barabino, intimo amico di Rixi morto durante una scalata sulle Alpi francesi nel novembre 2012 • «La mia passione sportiva è la montagna, come tanti altri genovesi. Amo la montagna non solo come bellezza, ma proprio come sport. Sono istruttore del Cai e sono scalatore. Non sono invece tifoso di calcio» (a Chiara Pieri). «Oltre alle numerose salite e vie aperte sulle Alpi, ho partecipato a varie spedizioni extraeuropee, fra cui nel 2001 alla spedizione al Tirich Mir (m 7.708, Pakistan) organizzata dal Club alpino accademico italiano e nel 2003, in Perù, sulla Cordillera Blanca, in collaborazione con l’Operazione Mato Grosso». Da ultimo, nell’agosto 2018, «è salito sul Lyskamm, sia l’Orientale (4.560 metri) che l’Occidentale (4.480 metri), non risparmiandosi la difficilissima cresta che unisce queste due superbe vette del Monte Rosa» (Mario Paternostro). «È da quando avevo sedici anni che vado in montagna. In montagna ho conosciuto e ho perso i miei migliori amici. Mi piace tantissimo, ed è la cosa che mi manca di più, perché facendo politica il mio tempo libero è sempre di meno. Per me è una valvola di sfogo importantissima, perché, nel momento in cui uno è di fronte alla natura, da solo, deve dimostrare quello che vale. Spesso, nelle situazioni comuni di ognuno, le cose non sono sempre come sembrano. Quando invece si fa alpinismo, si creano dei rapporti fraterni con le persone con le quali ci si lega in cordata. […] In montagna, quando sei nelle difficoltà, esce effettivamente il carattere di una persona. Io mi sono legato con persone diverse da me, non ho guardato la tessera che era in tasca alla persona alla quale mi legavo, e siamo rimasti sempre e comunque grandi amici. Poi la montagna mi serve anche per stare un po’ solo con me stesso» (a Stefano D’Oria) • «Genova deve essere una grande capitale del Mediterraneo, può tornare ad essere il centro del Mediterraneo. Bisogna crederci fino in fondo» • «Un desiderio che vorrebbe realizzare? “Gestire un rifugio alpino, quando andrò in pensione”» (Pieri).