La Stampa, 10 giugno 2019
Gli italiani tengono i soldi in banca
I tassi di interesse rimarranno bassi molto più a lungo. I prezzi continueranno a dare poche preoccupazioni. I mercati finanziari resteranno volatili, soprattutto a causa della guerra commerciale scatenata dalla Casa Bianca. In questo panorama internazionale, è probabile che le scelte dei risparmiatori italiani proseguano le tendenze che illustriamo nel giornale di oggi.
I problemi interni del nostro Paese aggiungono complicazioni. I tassi bassi dovrebbero invogliare le imprese a investire, ma le incertezze sia sull’export sia sulla politica interna ne diminuiscono la voglia. A differenza del resto del mondo avanzato, il risparmio può invece ottenere buoni rendimenti dai titoli dello Stato; ma questo avviene perché c’è più rischio.
Finora, i bassi tassi di interesse hanno spinto gli italiani soprattutto a tenere i soldi in banca. Certo, un po’ ci si perde con l’inflazione, ma dato che in genere gli investimenti finanziari rendono poco, non vale la pena di ingegnarsi a trovare impieghi. Chi nel 2018 aveva scelto le Borse, facendo i conti a fine anno si era trovato perlopiù con brutte sorprese.
Degli interessi praticamente nulli che oggi fruttano i conti bancari tuttavia gli italiani sembrano preoccuparsi poco. È una curiosa differenza rispetto alla Germania, dove ogni giorno si mandano accidenti alla Bce perché con i tassi bassi «espropria i risparmiatori».
In realtà, studi della Bce mostrano che le famiglie italiane sono più danneggiate dai bassi tassi di interesse rispetto a quelle tedesche; soprattutto perché hanno depositi molto superiori ai loro debiti (mutui casa o crediti al consumo). Tuttavia, è facile per loro accorgersi che Mario Draghi ha anche regalato rate di mutuo più basse a tutti gli indebitati con tasso variabile.
In Germania meno famiglie hanno la casa e la maggior parte dei mutui è a interesse fisso. Ma soprattutto è la potentissima lobby bancario-assicurativa, che dai tassi bassi ci perde, a soffiare sul fuoco del malcontento. Quasi mai si rileva che invece come contribuenti i tedeschi ci guadagnano, perché il loro Stato si indebita a tassi sotto lo zero.
Gli italiani tengono senza recriminare i soldi in banca anche a causa di una economia poco dinamica, che offre scarse occasioni di investimenti reali. Nel paragone internazionale, ormai il nostro tasso di risparmio non è alto; e quando torna a crescere di rado è un buon segno, perché dimostra un calo di fiducia nel futuro proprio e del Paese.
Negli anni ’80, l’investimento di massa in titoli di Stato aveva protetto bene i risparmi dall’inflazione allora elevata; ma aveva consentito ai politici scelte irresponsabili che condussero al quasi crack del 1992. Anche oggi acquistare titoli di Stato protegge dall’inflazione, anomalia mondiale di questi tempi; e anche oggi questo segnala un pericolo.
Non è sana una situazione in cui solo quell’impiego del risparmio rende. L’alto costo del debito pubblico serve ad avvertire i politici che non stanno governando bene. Si spera che se ne accorgano.