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 2019  giugno 09 Domenica calendario

Les Belles Lettres sono nate in trincea

Si narra che George Mallory, l’alpinista che partecipò alle prime tre spedizioni britanniche di conquista dell’Everest (nell’ultima morì tra le nevi eterne), abbia risposto a un giornalista che gli chiedeva perché desiderasse scalare la montagna più alta: «Because it’s there». Un’espressione sussiegosa che significava semplicemente: perché è lì. A questa frase è ricorsa Caroline Noirot (“président du directoire” dell’editrice parigina Les Belles Lettres) per spiegare, nel suo testo posto in apertura al catalogo storico del centenario, perché la casa francese scelse di pubblicare i classici. Caroline riprende quel che avrebbe proferito anche Paul Mazon quando gli chiesero nei lontani anni Venti perché stava progettando edizioni di testi greci e latini: «Parce qu’ils sont là».
Ma – c’è sempre un “ma” nelle storie degne di questo nome – la pubblicazione dei classici antichi presso Les Belles Lettres nacque per orgoglio nazionale. All’inizio del secolo scorso i francesi avevano a disposizione volumi di grande formato per Omero o Plutarco, Orazio o Lucrezio: tomi, pubblicati da Didot a cominciare dalla prima metà dell’800, in quarto, su doppia colonna. Studiosi e studenti al fronte dal 1914, costretti alla vita di trincea, dovettero ricorrere alle edizioni tedesche Teubner per leggerli. Ritornati dalla guerra, decisero di dar vita a una editrice che avrebbe pubblicato opere maneggevoli, con testi sicuri e traduzioni (il 900 esigeva anche queste). Per tal motivo nel 1919 nacquero Les Belles Lettres; o meglio, era il 17 giugno di quell’anno. Stanno per compiere cent’anni.
Questa casa editrice è ormai la prima al mondo per le opere degli antichi. La serie greca, diretta da Jacques Jouanna, con quella latina, che fa capo a Jean-Louis Ferrary e John Scheid, hanno superato i mille volumi. Tutti offrono testo originale critico, traduzione, formidabili apparati di note e saggi introduttivi. Nella serie greca l’ultimo uscito è un libro di Galieno (sta continuando la pubblicazione delle sue opere complete, oltre 70 i tomi previsti); in quella latina è apparsa invece la quarta parte del Commentario sull’Eneide di Servio. È in corso la nuova edizione delle Enneadi di Plotino, si sta progettando Platone con le recenti acquisizioni filologiche, Aristotele continua. Nella serie latina è il caso di ricordare Claudiano, Plinio il Giovane o il medico romano Scribonio Largo, per citarne solo alcuni tra i recenti editati.
Qualcuno potrebbe fare spallucce, ma il vero problema è che i classici ormai si decidono a Parigi o a Oxford e Cambridge, a Berlino o negli Usa, a Harvard. L’Italia, dove molte di queste opere sono nate, è rimasta in sostanza con la sola Collezione Lorenzo Valla, nella quale non tutti i testi sono critici.
Les Belles Lettres pubblicano anche altro. Se si gira tra i banchi della “sua” mitica Librairie Guillaume Budé (95 di Boulevard Raspail), in questi giorni si scopre un volume con i Poèmes complets di Nietzsche (originale tedesco e traduzione), che contiene inediti non ancora apparsi in Germania. E ancora: nella collezione Classici dell’Umanesimo, diretta da Pierre Laurens, ecco Andrea Fulvio con Le antichità di Roma (ha il testo latino a fronte). Un’opera da noi trovabile soltanto in antiquariato, di un autore che fu sodale di Raffaello nell’esplorazione dei resti romani; anzi mostrò all’artista come andavano collocate nel tempo le varie rovine.
Potremmo proseguire parlando della collezione cinese, di quella dedicata alla Scolastica medievale, di un’altra da poco nata per opere esoteriche. Ma forse conviene rispondere a chi chiede per quale ragione è bene pubblicare ancora i classici. Senza retorica, né evocando valori o espressioni da operetta, rispondiamo: perché sono lì.