La Lettura, 9 giugno 2019
Dialogo tra Giulio Giorello e la cantante Levante
«Giulio è un nome che amo molto». «Lo ha utilizzato anche nei suoi romanzi». L’incontro tra la cantautrice Levante e il filosofo Giulio Giorello avviene in vista dell’arrivo, il 4 ottobre, del nuovo album della cantante, Magmamemoria, anticipato dal singolo Andrà tutto bene.
Che cosa significa «Magmamemoria»?
LEVANTE – Ho inventato questa parola per dare un nome alla mia nostalgia. Ho pensato alla memoria che brucia. Sono nata ai piedi dell’Etna, la «montagna» come la chiamiamo noi. Quindi quale immagine migliore? In Magmamemoria c’è il passato, ma anche il futuro, che è il tempo in cui si sviluppa il ricordo. Sono molto legata al tempo. Vado verso il futuro guardandomi spesso indietro. A lungo mi sono colpevolizzata per questo; ora non più. Perché penso che non possa esistere futuro senza passato, senza memoria. Il disco porta su un’altalena tra passato e futuro, forse perdendo un po’ di vista il presente. Ma è il mio vizio: vivo tra i ricordi e il calendario del prossimo mese. Questi ricordi sono nell’album, con tanti nomi, tante città. Come delle fotografie.
GIULIO GIORELLO – Il titolo, Magmamemoria, è molto bello. E questa canzone, Andrà tutto bene, tocca proprio il tema del tempo. «Per trattenerci in una morsa senza memoria/ Senza memoria», ripetuto. Mi ha colpito il ritornello che recita: «Contro ogni previsione/ Hai perso il desiderio della rivoluzione». Non «hai perso la rivoluzione», perché lo sappiamo che in Italia non c’è stata. Ma è il desiderio che è importante. Questo ritornare sul fatto che sia il desiderio della rivoluzione a essere stato cancellato. Per avere che cosa in cambio?
LEVANTE – Il momento di stasi in cui ci ritroviamo.
GIULIO GIORELLO – Per stare tranquilli, per stare sicuri, per poter dire che «andrà tutto bene»?
LEVANTE – Chi lo sa. Le domande del ritornello sono domande che io ho fatto a me stessa e che ripropongo a chi ascolta. A 32 anni mi chiedo: questo futuro me lo aspettavo? Ora c’è tanto sdegno. Sento tantissime lamentele, però non ci sono azioni. Dov’è finito il desiderio di rivoluzione che c’era un tempo? Non so se faremo mai la rivoluzione.
GIULIO GIORELLO – Ho i miei dubbi. Almeno in questo Paese.
LEVANTE – Nello scrivere questo brano sono partita dall’idea che il nostro Paese non si ricorda di quello che è stato. Altrimenti non ritornerebbero in auge certi movimenti politici e certi gesti e linguaggi d’odio. Il brano è nato di getto. Davanti alla carta riesco a mettere insieme idee che non avrei pensato di poter accostare. Di questi tempi parlare di ciò che accade attraverso l’arte è un dovere. Fare finta di niente lo trovo molto ipocrita. Con questo testo mi schiero, e può anche fomentare l’odio di qualcuno nei miei confronti.
GIULIO GIORELLO – Ci sono mai state polemiche per i suoi testi?
LEVANTE – Sì. Una delle ultime è stata quella della Curia di Lecce. Due anni fa ho scritto un brano dal titolo Gesù Cristo sono io. Che in realtà è un testo molto cattolico, accosta il calvario di una donna maltrattata a quello di Cristo. Proprio per questo brano «irriverente» la Curia non mi ha consentito di esibirmi in piazza Duomo dove avrei dovuto suonare ad agosto. Se fosse stato un testo blasfemo l’avrei capito. Ma non è stato compreso. Certo le mie canzoni non devono piacere a tutti, la cosa grave è che ci siano dei poteri forti che possono decidere che cosa sì e che cosa no.
GIULIO GIORELLO – Lei scrive e canta: «Tempi deserti di coraggio». Una buona descrizione dei tempi che stiamo vivendo?
LEVANTE – Dipende dai punti di vista. Io trovo che siano «tempi deserti di coraggio» da dove io guardo le cose. Dall’altra sponda c’è tanto coraggio nel dire e nel fare certe cose. In questo momento, ad esempio, al governo c’è tanto coraggio (ride).
GIULIO GIORELLO – Mi lego ancora a queste tematiche: c’è una frase che mi ha colpito nel romanzo Questa è l’ultima volta che ti dimentico – anche in questo libro si parla di memoria.
LEVANTE – L’ho scritto mentre lavoravo all’album.
GIULIO GIORELLO – Mi ha colpito questa battuta, a pagina 100 proprio, per puro caso. Il padre di Egle, l’amica della protagonista, era «legato alle convenzioni sociali», e fin qui passa. E poi aggiunge: «Al sorriso della maggioranza». Questo è un po’ più inquietante. Perché io ho la sensazione che a volte la maggioranza non sorrida ma ghigni. E questo desta qualche preoccupazione.
LEVANTE – Noi siamo un Paese che tenta di seguire sempre la maggioranza. In pochi vanno controcorrente. Cerchiamo sempre di spostarci in gruppo. E anche il padre di Egle è un personaggio che è parte di quel gruppo. È nato sotto il «segno della croce».
GIULIO GIORELLO – Ma lo impone anche agli altri.
LEVANTE – Ognuno deve avere la libertà di poter credere a ciò che vuole. Senza imporre nulla agli altri.
GIULIO GIORELLO – Lo dice anche nel primo romanzo, Se non ti vedo non esisti: «Ecco cos’era l’amore, lasciare libere le persone, anche di sbagliare, senza desiderare di possederle, senza giudicarle mai – da quale altezza, col dito giudice, possiamo ritenerci in grado di distinguere il giusto e il vero?».
LEVANTE – Mi batto spesso per le libertà. Certo nel rispetto di sé stessi e della comunità, ma non credo che abbia senso vivere senza questo punto di partenza.
In «Magmamemoria» c’è poco presente. In «Andrà tutto bene» c’è però tanta attualità.
LEVANTE – Il presente c’è ma nel momento in cui dico «presente» è già «passato». Vivo il presente con una strana tristezza, forse tipica anche della mia terra, come qualcosa di effimero, sfuggente.
GIULIO GIORELLO – La Sicilia è una bella isola, densa di memoria. Ha avuto scrittori che l’hanno raccontata molto bene: Pirandello e Sciascia. In modo drammatico, a volte, ma con una certa dose di ironia. Anche questa canzone ha una componente ironica non banale.
LEVANTE – Forse sarcasmo.
GIULIO GIORELLO – Anche. Il sarcasmo è più diretto e anche più tagliente dell’ironia.
LEVANTE – Come: «Credevi fosse più lontano, eh?».
GIULIO GIORELLO – Che cosa potrebbe rispondere la persona a cui sono rivolti questi versi, come potrebbe difendersi? Si può difendere? Oppure no?
LEVANTE – È un brano che aggredisce. Però non vuole provocare, ma far riflettere su quello che stiamo vivendo. Vuole essere un abbraccio, una stretta, una scossa. Non posso salvare il mondo, ma faccio quel che posso: voce e penna sono la mia spada e il mio scudo.
Stefano Cucchi, la questione ambientale, gli immigrati... sono molti i temi affrontati nella canzone.
LEVANTE – Siamo un popolo pieno di contraddizioni. «L’eutanasia è un peccato». Non si può porre fine a una vita, la vita è sacra. Molto bene. Ma è sacra la vita di tutti? O solo la nostra?
GIULIO GIORELLO – E quindi: «Se muore un uomo in mezzo al mare/ È solo un immigrato»...
LEVANTE – La cosa spaventosa è che in questo notiziario apocalittico non mi sono dovuta inventare niente. In tutto ciò, la frase «andrà tutto bene» dà un po’ la sensazione del sorriso della Monna Lisa. Comunque, io amo pensare che andrà tutto bene.
GIULIO GIORELLO – Davvero?
LEVANTE – Sì, è dal pensiero che nasce tutto.
Quindi il desiderio della rivoluzione può tornare?
LEVANTE – Sì, ma non abbiamo questo impulso, abbiamo il vizio di ridurci sempre con l’acqua alla gola. Questo momento buio però deve passare. E comunque, ci piacciono le personalità forti, trainanti.
GIULIO GIORELLO – Ce n’è in Italia?
LEVANTE – Purtroppo sì. Quel linguaggio violento e volgare dovrebbe far svegliare la sinistra italiana.
GIULIO GIORELLO – Mi domando quando la sinistra, ufficiale o meno, si tirerà fuori dal sonno e comincerà a reagire in maniera non rabbiosa ma intelligente e attenta alla situazione del Paese e dell’Europa, perché mi sembra molto difficile pensare a un futuro maturo dell’Italia senza l’Europa. Il suo testo continua: «Mi chiedo ancora quanti sogni devo allo Stato/ In questo stato».
LEVANTE – È proprio così: quanti altri sogni dobbiamo ancora buttare via?
GIULIO GIORELLO – C’è un’ultima cosa che mi colpiva in questa canzone: «Le frasi fatte per parlare/ Fare l’amore e non pensare». Non starebbe meglio «fare l’amore e anche pensare»? Usare il pensiero per qualcosa di parallelo? Per esempio pensare a non farsi imbrogliare, non dalla persona con cui hai un rapporto sentimentale, ma dal resto. Quella che abbiamo chiamato «l’altra parte», quella rumorosa e intrigante, o quella delle persone che si permettono di scegliere per te... Ma lei l’ha perso il desiderio della rivoluzione?
LEVANTE – No, io sono qui che canto queste canzoni. Sono sempre più arrabbiata. Ho sempre pensato che diventando grande mi sarebbe passata. E invece mi arrabbio sempre di più. Come un’adolescente.
GIULIO GIORELLO – Gli adolescenti oggi sono ancora così arrabbiati?
LEVANTE – No, per nulla. Bisognerebbe aiutarli a riscoprire l’arte della noia, come slancio creativo, oltre gli schermi degli smartphone. Questo è un nuovo mondo. Ma perché non vada tutto a rotoli abbiamo bisogno di esseri umani che non si perdano nell’etere. Le giro la domanda: «Questo è il futuro che sognavi per te?».
GIULIO GIORELLO – No.