Libero, 9 giugno 2019
I serpenti uccidono 100mila persone l’anno
«Il boa è il più bello e il più raffinato, il pitone reale invece è timido e riservato, s’impunta se non lo accontenti». Enrico Marconato appassionato di serpenti – ne ha quasi 200, nessuno velenoso, nella sua casetta nel Trevigiano – non ha dubbi: «Hanno un’intelligenza primordiale, puro istinto, e sanno riconoscere le persone». Da qui ad addomesticarli per farli diventare animali da compagnia per Marconato è stato un attimo, per noi rappresentano ancora il temutissimo demonio tentatore del racconto biblico di Adamo ed Eva. In Italia dal ’96 è vietata la detenzione di bestiole pericolose, tuttavia sul nostro territorio vivono sei specie di serpenti velenosi: uno è il colubro lacertino, raro e dal carattere aggressivo, ma per fortuna ha i denti nella zona posteriore della bocca, difficilmente riesce a iniettare il veleno con un morso. Le altre cinque sono vipere: la berus, l’ursinii, la vipera dal corno, la più comune aspis e la “giovane” vipera dei walser. Le italiane hanno un morso che risulta fatale soltanto nello 0,1% dei casi e quasi sempre la mortalità dipende da complicazioni collaterali (reazioni allergiche, infarti o ictus) e non dall’effetto diretto del veleno. Mentre la vipera Russel che si incontra in India è la più letale, causa circa 10mila morti l’anno. Quando non uccide, i sopravvissuti diventano pazzi.
IN AFRICA
Se nel nostro Paese negli ultimi dieci anni sono morte meno di 10 persone per morsi di serpenti velenosi, nel resto del mondo i dati sono allarmanti. Ogni anno circa 5,4 milioni di persone vengono attaccate dai rettili: 2,7 milioni avvelenate, con oltre 100.000 decessi (15mila al giorno); disabilità o deformità permanenti invece per 400.000 vittime. Un veleno che uccide più di qualsiasi altra malattia tropicale. Per contrastare il fenomeno è stata presentata una strategia dell’Organizzazione mondiale della sanità con l’ambizioso obiettivo di dimezzare il numero di decessi e disabilità entro il 2030. In effetti «il bilancio umano ne fa una vera e propria epidemia nascosta», come spiega Gabriel Alcoba, esperto di medicina tropicale per Medici senza frontiere. «Questa emergenza deve essere affrontata in maniera olistica, mettendo il paziente al centro, e con programmi di salute preventiva a livello della comunità che possano ridurre i rischi in maniera sostanziale». Tra le aree più colpite c’è l’Africa sub-sahariana, dove, secondo la Ong, è ancora più impellente un’azione immediata per arginare un fenomeno che ha nella mancanza di accesso ad antidoti efficaci e di qualità una delle principali problematiche. Infatti il morso di serpente è curabile, ma la stragrande maggioranza delle sue vittime non riesce a raggiungere un trattamento risolutivo. Le dosi necessarie alla cura possono costare centinaia di dollari e, soprattutto nelle aree rurali, spesso non sono disponibili. «Tempestività e qualità del siero sono i due fattori che spesso mancano e che invece salverebbero la vita», dicono gli esperti. Intanto l’Oms sta ultimando un sistema di finanziamento internazionale di approvigionamento di sieri sicuri e per sensibilizzare le popolazioni sul pericolo dei serpenti.
NON LASCIANO SCAMPO
Non tutti sono velenosi, ma quelli velenosi spesso non lasciano scampo. Il taipan occidentale è il più mortale. Un suo morso può ammazzare 100 uomini e fino a 250mila topi. Al secondo posto troviamo il bruno orientale che vive in Australia. Una goccia del suo veleno basta a far fuori un uomo. È noto per la sua capacità di rincorrere i suoi aggressori, morde più volte fino a ucciderli. Il suo veleno blocca la respirazione e il battito cardiaco. Il terzo è il bungaro fascista, serpente che vive nel Sud est asiatico e in Indonesia. Solo il 15% delle sue vittime riesce a salvarsi. Il contatto con i suoi denti provoca rapidamente paralisi muscolare, crampi, tremori e spasmi. Fortunatamente è un serpente timido, difficilmente attacca per primo. Il taipan dell’Australia invece (quarto in classifica) potrebbe decretare la fine di 12mila cavie. Il suo veleno blocca arterie e vene e la morte arriva entro un’ora. Anche se viene somministrato l’antidoto, le vittime riportano danni permanenti. Al quinto posto c’è il mamba nero (Africa), famoso per la precisione chirurgica del suo morso e per la grande aggressività. Detiene pure il primato di essere il più veloce con i suoi 20 chilometri orari, senza contare che con un morso può stendere (per sempre) 25 uomini in 15 minuti. Ed ecco il serpente tigre (sesto posto) che abita in Australia, il suo veleno uccide in mezz’ora. Ma è un fifone, davanti all’uomo tende a scappare. In settima posizione troviamo il cobra delle Filippine: fra i cobra è quello con il veleno più mortale, può sputarlo fino a tre metri di distanza. E colpirti. Si piazza all’ottavo gradino di questa ingloriosa classifica la vipera Russel (già citata). Al nono posto invece c’è la vipera della morte, vive tra l’Australia e la Nuova Guinea. Dalla testa triangolare e dall’attacco veloce, ti manda all’altro mondo entro sei ore per insufficienza respiratoria. Chiudiamo in bellezza con il serpente a sonagli (America). Non sentitevi spacciati per un morso, se l’antidoto arriva per tempo siete salvi.