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 2019  giugno 09 Domenica calendario

Le bufale su Facebook spiegate da Carole Cadwalladr



LONDRA — «Non mi fermeranno mai». Anc he se su Twitter i suoi nemici come Nigel Farage & Co. si dilettano ogni giorno a trattarla come un’ossessionata mezza matta, Carole Cadwalladr, 49 anni, è una delle giornaliste investigative più premiate nel Regno Unito. Qualche giorno fa il celebre festival letterario Hay l’ha onorata per il "suo lavoro eroico e rigoroso", nel 2018 ha ricevuto il premio Orwell e qualche settimana fa ha sfiorato il Pulitzer con le sue inchieste sullo scandalo Cambridge Analytica, che l’anno scorso evidenziò quanto i nostri dati personali su Facebook e i social network possano essere razziati dai giganti hi-tech e da oscure società per scopi politici e di propaganda, vedi le elezioni Usa e il referendum della Brexit. Ma Cadwalladr, reporter dell’ Observer , nata nelle campagne del Galles, ciuffi biondi e ribelli come lei, è diventata ancor più famosa dopo una recente conferenza "Ted" a Vancouver in cui, con rara spietatezza giornalistica, ha scoperchiato il lato tenebroso di Facebook nella campagna del referendum Brexit: «Nella mia cittadina Ebbw Vale — racconta — il 62 per cento ha votato per l’uscita dall’Ue mentre proliferava su Facebook una valanga di post a pagamento contro l’immigrazione locale e l’imminente ingresso della Turchia nella Ue: peccato che quest’ultima fosse una bufala. E a Ebbw Vale, città negli anni ricoperta di fondi Ue (lo dimostrano targhe molto visibili in città), praticamente non ci sono immigrati».
Ma chi ha sponsorizzato quei post su Facebook, Cadwalladr? E dove sono ora?
«È questo il grande mistero che gli "dei della Silicon Valley" non vogliono rivelare. Facebook non dice chi li ha comprati, né quanti dirigenti fossero a conoscenza delle pratiche illegali di Cambridge Analytica. Le risposte che Zuckerberg ha dato al Congresso non sono credibili. Di quegli "annunci" Facebook non ha un archivio, un database, niente. Si sono dissolti. Il nostro Parlamento ha chiesto a Facebook una maggiore trasparenza. In cambio abbiamo ricevuto solo disprezzo e arroganza dal capo Mark Zuckerberg, che non si è neanche presentato a Westminster».
E ora come si fa?
«Come giornalisti possiamo offrire il nostro contributo alla ricerca della verità, ma dovrebbero essere i governi a guidare questa lotta. Invece, alcuni politici britannici pensano che questi colossi hi-tech siano oramai troppo grandi da combattere. Altri sono complici: non vogliono che la verità venga fuori perché hanno infranto la legge in campagna elettorale oppure sono ossessionati dal "completare la Brexit a ogni costo". Facebook e molti politici hanno interessi comuni. Ma io non mi fermo. Bisogna capire che cosa è successo nel 2016».
Secondo lei cos’è successo?
«Il referendum sulla Brexit è stato truccato. La nostra democrazia è stata attaccata. Forze interne ed esterne al Regno Unito si sono alleate per frantumare il sistema politico britannico, che ha ancora leggi vetuste per combattere offensive informatiche così potenti e fulminee. Purtroppo ne sappiamo ancora poco, ma di certo hanno estremizzato la nostra società. E così siamo diventati più vulnerabili. La nostra situazione mi ricorda l’incendio del Reichstag, poco prima delle elezioni ancora libere negli Anni ’30 in Germania che spianarono la strada allo smantellamento della democrazia. Moltissime persone oramai decidono il loto voto nelle ultime 48 ore ed è in quel momento che è strabordata nel 2016 una marea di fake news. Mi fa ridere che uno come Farage parli di sovranismo quando altre forze straniere se ne approfittano».
A chi si riferisce?
«Farage e i suoi hanno molti legami con la destra americana, oltre che con l’estrema destra in Europa. Il leader del Brexit Party è un ponte chiave tra i due blocchi.
Steve Bannon (l’ex "Rasputin" di Trump, ndr) sta coalizzando tutte queste forze, condividendo dati e strategie, grazie agli oscuri finanziamenti che riceve come dalla famiglia miliardaria americana di destra Mercer. Lo stesso Farage, ex dinosauro della tecnologia, ora conquista tantissimi consensi sui social e YouTube, e molti giovani: il Brexit Party ha una propaganda online molto sofisticata, plasmata su quella dei Cinquestelle in Italia. E guardacaso l’algoritmo dei video di Farage viene pompato dalle molte condivisioni di Rt , la tv legata al governo di Mosca».
Il Brexit Party ha però stravinto le elezioni europee.
Secondo lei ha altri scopi, oltre all’uscita dalla Ue?
«Il Brexit Party ha poco a che fare con la politica, Nigel Farage potrebbe essere di estrema destra o di estrema sinistra: non ha una politica, una strategia, un programma. Niente. L’obiettivo vero è molto "bannoniano": sfasciare il sistema. E poi, intorno a personaggi come Farage, ci sono un sacco di speculatori che vi guadagnano moltissimo, come gli hedge fund che hanno finanziato la sua campagna referendaria nel 2016, accumulando nel tempo milioni perché l’instabilità politica crea instabilità monetaria. E faranno lo stesso smantellando la sanità pubblica britannica. Ma molti in Regno Unito pensano che siamo ancora un paese da "fair play", non capiscono che siamo sempre più preda di questi miliardari sanguisughe, e non vogliono sentirsi dire che il nostro Paese è fucked. Sì, fottuto. Ma dovremmo rendercene conto per provare a salvarci».