Corriere della Sera, 9 giugno 2019
Biografia di Sadiq Khan
«Siamo orgogliosi di avere il primo sindaco musulmano di una grande metropoli occidentale»: e a proclamarlo nei giorni scorsi non è stato soltanto il leader laburista Jeremy Corbyn, suo compagno di partito, ma anche esponenti del governo conservatore. Perché Sadiq Khan non è semplicemente il primo cittadino di Londra: è una bandiera della Gran Bretagna multietnica e multiculturale, l’icona vivente di una città cosmopolita e variopinta, dove ormai oltre il 40 per cento di chi ci vive non è bianco.
Ed è proprio per ciò che rappresenta e per i valori che incarna che Sadiq Khan è diventato il bersaglio di Donald Trump, la sua (poco) magnifica ossessione. Fra i due è molto tempo che scorre cattivo sangue: già l’anno scorso il sindaco aveva benedetto le proteste organizzate a Londra per la visita del presidente americano, dopo che questi lo aveva più volte attaccato sui temi della sicurezza, accusandolo di essere debole nei confronti del terrorismo. E nei giorni scorsi i due sono verbalmente venuti alle mani: con Kahn che ha dato a Trump del fascista e The Donald che ha bollato Sadiq come «un perdente senza speranza».
Il problema, per il presidente del muro anti-immigrati e del bando anti-Islam, è che Kahn è l’incarnazione di una possibile integrazione di successo delle minoranze e dei musulmani nella società europea. Sadiq è il figlio di un autista d’autobus arrivato dal Pakistan, cresciuto in un alloggio popolare assieme a una famiglia numerosa: ma che è riuscito ad andare all’università, a laurearsi in legge e a diventare un avvocato e un politico di successo.
Kahn è di origine pakistana, ma è un britannico al 100 per cento, come lo sono ormai gli immigrati di seconda e terza generazione. E quando tempo fa durante una visita in Pakistan un giornalista gli chiese stupidamente come si sentisse a essere tornato nella terra d’origine, lui gli rispose «I am South London, mate!», che più o meno si può tradurre con «ah bello! Io sono di Londra Sud!». E tutto questo senza rinnegare la fede degli avi: Sadiq frequenta regolarmente la moschea e pratica il digiuno durante il Ramadan, oltre ad aver cresciuto nella fede islamica le due figlie (che ovviamente vanno vestite come le tipiche teenager londinesi, cosa che fa la grande maggioranza delle giovani musulmane).
Ma Khan è un islamico «ecumenico»: il giuramento da sindaco, tre anni fa, lo ha prestato durante una cerimonia inter-religiosa alla presenza di sacerdoti cristiani e rabbini ebraici. E il suo primo gesto pubblico è stato quello di andare a una commemorazione dell’Olocausto: perché ha sempre sottolineato la necessità della «tolleranza zero» nei confronti dell’antisemitismo (un principio che di recente i laburisti di Corbyn sembrano aver trascurato).
Il sindaco è anche riuscito a scandalizzare i musulmani conservatori (e ad attirare gli strali delle frange estremiste): perché è apertamente pro-gay e ha votato a favore della legalizzazione dei matrimoni omosessuali. Insomma, Khan rappresenta la punta avanzata di quell’Islam europeo che sta prendendo corpo, soprattutto in Inghilterra, fra le generazioni ormai integrate: che senza gettare alle ortiche le convinzioni più profonde, le coniugano con il liberalismo occidentale.
Politicamente il sindaco di Londra è un laburista moderato, lontano dai furori marxisti di Corbyn e dei suoi seguaci: ma l’attuale leadership del partito, nonostante le differenze ideologiche, sta ben attenta a non entrare in contrasto con un personaggio così popolare. E se Corbyn promette di instaurare il socialismo in Gran Bretagna, Khan si è sempre dichiarato assolutamente «pro-business»: come d’altra parte non poteva non fare il sindaco di una città dove il 20 per cento del Pil proviene dalle attività finanziarie della City.
Londra si riconosce in lui, nel suo look perennemente senza cravatta che sfoggia negli incontri pubblici che organizza regolarmente con i cittadini. E Khan rappresenta a dovere l’anima aperta ed europea della capitale: ha fatto campagna contro la Brexit e lo scorso Capodanno ha fatto illuminare la grande ruota panoramica sul Tamigi, il London Eye, con i colori della bandiera della Ue.
Ovviamente non sono tutte rose e fiori. I critici gli rimproverano di essere incapace di affrontare l’epidemia di criminalità violenta che sconvolge le strade di Londra, il cui tasso di omicidi ha ormai superato quello di New York: non passa giorno che le gang di quartiere non si affrontino a colpi di coltello, lasciando sempre qualche morto ammazzato per terra. E il clima di insicurezza serpeggia anche nelle zone del centro.
Nonostante tutto, resta difficile sfidare Kahn: tanto che i conservatori hanno dovuto mettere in campo contro di lui, per l’anno prossimo, un nero caraibico, Shaun Bailey (ormai l’idea che il sindaco di Londra possa essere un bianco appare eccentrica ai più). Ma anche con questo trucco appare probabile che i londinesi si apprestino a rinnovare il patto di fiducia col loro Sadiq.