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 2019  giugno 09 Domenica calendario

La disputa su Chernobyl in tv

WASHINGTON «Qual è il costo delle bugie?» E «di chi è la colpa?». La mini serie Chernobyl comincia con due domande che, a distanza di 33 anni dal disastro nucleare, riaccendono uno scontro da guerra fredda tra russi e americani, evocando antichi complotti della Cia e più attuali manovre di sabotaggio economico. 
La fiction in 5 puntate ideata dal newyorkese Craig Mazin, diretta dallo svedese Johan Renck e trasmessa dalla piattaforma Hbo, ha ottenuto un grande successo. Negli Stati Uniti è stata vista da un totale di 6 milioni e, secondo i rating della rete, come Internet movie database o Rotten Tomatoes, ha totalizzato il più alto indice di gradimento per questa categoria di programmi. Più del Trono di Spade. 
In Italia arriverà da domani, su Sky Atlantic. In Russia nessuna tv ha comprato i diritti. Anzi il canale Ntv ha annunciato di aver pronta la contro-storia, quella autentica, per smascherare «la versione caricaturale» degli americani. Il regista è Alexey Muradov, 56 anni di Mosca, premiato quest’anno dalla National Academy per le arti e le scienze della Russia. 
Il racconto di Mazin, 48 anni, prende le mosse da quella drammatica notte del 26 aprile 1986. Un’esplosione, poi un incendio nel reattore nucleare di Chernobyl, nel Nord dell’Ucraina. In queste settimana i media americani si sono concentrati sull’accuratezza scientifica della trasposizione sullo schermo. Micheal Shellenbergher, presidente di Envirnmental Progress ha sottolineato tutte le esagerazioni, se non le distorsioni della realtà. Un solo esempio, per non svelare troppo. C’è la scena drammatica di una donna che corre in ospedale per assistere il marito, un vigile del fuoco sfigurato dalle emissioni della centrale. «Non lo toccare o resterai contaminata» la ammonisce la scienziata-eroina. Ma le radiazioni non sono virus contagiosi. 
Da ultimo, però, la discussione si è spostata sul piano storico-politico, diventando sempre più aspra. Stanislav Natanzon, popolare conduttore della tv Russia 24 ha commentato: «Mancano solo le fisarmoniche con gli orsi che ballano e poi siamo a posto». Come dire, facile rappresentare con luoghi comuni i meccanismi istituzionali dell’Unione Sovietica negli anni Ottanta, quelli di Michail Gorbaciov: burocrati gretti e servili; il culto della segretezza anche nell’emergenza; l’imbarazzante penuria di strumenti tecnologici e così via. 
Anche la risposta messa in campo dalla Russia ufficiale, però, fa discutere. Il regista Muradov ha detto al tabloid Komsomolskaya Pravda: «Esiste una teoria che spiega come gli americani avessero infiltrato la centrale nucleare di Chernobyl; molti storici non negano che nel giorno dell’esplosione un agente dei servizi segreti nemici fosse presente nella stazione di comando». Conclusione: «Il mio show mostrerà una visione alternativa della tragedia di Pripyat (la cittadina vicino alla centrale, ndr)». Difficile che l’operazione non sia stata avallata dal Cremlino. L’emittente Ntv è controllata da Gazprom, l’industria petrolifera chiave, la base materiale del potere di Vladimir Putin. Altri opinionisti importanti, come Dmitry Steshin, sostengono che obiettivo della fiction americana è screditare l’industria nucleare russa, in modo da danneggiare la vendita di centrali all’estero della società statale Rosatom. 
Dalla capitale russa, però, arrivano anche altre voci, come nota il quotidiano britannico The Guardian. La giornalista Ilya Shepelin ha scritto su Moscow Times: «Il fatto che sia un canale tv americano e non uno russo a raccontarci la storia dei nostri eroi è una fonte di vergogna che a quanto pare i media pro-Cremlino non riescono a sopportare». 
Chernobyl è stato l’incidente nucleare più grave della Storia. Secondo un rapporto dell’Onu causò 65 morti accertati e almeno 4 mila casi di tumore alle tiroide. Ma esistono stime più catastrofiche, otre 20-30 mila morti su cui si continua a dibattere. Oggi è diventata meta anche di un turismo della memoria. 
La gestione della crisi fu il test più importante per la politica della Glasnost , la trasparenza, predicata da Gorbaciov. Nel 1987 un tribunale sovietico identificò e condannò sei tecnici e ingegneri dell’impianto. Tra gli imputati non c’era alcun agente della Cia.