Robinson, 8 giugno 2019
Inizia la Milanesiana di Elisabetta Sgarbi
Non ci resta che la speranza
Tra la raffinata intelligenza con la quale il sudafricano John Coetzee, premio Nobel per la letteratura, viviseziona il cuore degli esseri umani e la poetica vagamente “truzza” del cantante Al Bano; tra la forza morale di Liliana Segre, senatrice a vita e testimone della Storia, e Chiara Pia Aurora (chi è? Ah, una delle attrici de La compagnia del cigno) in teoria esistono ben più dei sette gradi di separazione che potrebbero collegare (si dice) un essere umano e l’altro. Ma tutti loro, più altri 206 ospiti, appartengono al “liquido” esercito della Milanesiana, la festa dei libri, degli autori, del cinema, della musica: la miscellanea che compie tra pochi giorni i suoi primi vent’anni di vita.
Per questa sua amatissima creatura ( www. lamilanesiana. eu, @ lamilanesiana) Elisabetta Sgarbi ha voluto – e lei sa pretendere molto – che in primo piano ci fosse” la speranza”, l’ultima dea degli antichi. E ha aggiunto un’altra voce al ricco programma, proprio quella che nella stringente attualità sta allarmando ( e disperando) moltissimi italiani: l’Economia.Di soldi, futuro e povertà si parla in una serie di incontri nella sede della Borsa, il palazzo Mezzanotte, che dal 2010 – si sa – è fronteggiato dal dito medio alto undici metri in marmo di Carrara firmato Maurizio Cattelan. Per comprendere la complessità e lo sforzo organizzativo ( 0 per cento dei costi sponsorizzato da privati) basta segnalare che proprio alla Borsa, il prossimo 10 giugno, primo giorno “milanesiano”, parla Mario Monti sulle democrazie e l’ 11 leggono i loro interventi Hoda Barakat (Booker International Prize for Arabic fiction 2019) e Gao Xingjian (Premio Nobel per la Letteratura 2000). Sino al 16 novembre sono previsti 65 appuntamenti, arrivano ospiti internazionali da 15 Paesi, aprono 12 mostre (una di Vasco Vitali) e, per celebrare al massimo il ventennale compleanno, ci sono trasferte in dodici città ( tra le quali Ascoli Piceno, con Tullio Pericoli e Laura Morante).
C’è sempre da chiedersi – durante occasioni nelle quali non è difficile perdere il senso dell’orientamento – che cosa resti di quello che si dice, di quello che si ascolta. Ma la” Sgarbina”, come la chiamano affettuosamente nel mondo delle case editrici, con il sorriso indifeso e la volontà d’acciaio, una sorta di Rambo travestito da Biancaneve, conosce della sua creatura ogni millimetro. Ha visto crescere e cambiare la Milanesiana, anno dopo anno, ed «è per non sentire il morso di questa nostalgia – dice lei stessa, fragile e sorniona – che lancio una sfida fisica e intellettuale ancora più audace. La Milanesiana racconta un’Italia piena di energia, piena di speranza. Io provo nostalgia. La Milanesiana racconta la speranza».Tra gli ospiti, come si diceva, un bel po’ di Nobel e Pulitzer – segnaliamo Richard Powers, che l’ha vinto quest’anno – e sei premi Strega, un Goncourt ( Tahar Ben Jelloun), moltissimi premiati da Red Carpet cinematografico ( per esempio, il grande Citto Maselli che verrà intervistato da Antonio Gnoli al cinema Mexico, sabato 15, alle 21). Numerose le occasioni di concerti e spettacoli; e almeno tre segnalazioni da” ragionamento” s’impongono. A cominciare da un atleta come Alex Zanardi, quattro medaglie d’oro ai Giochi paralimpici di Londra e Rio: un grande testimone per parlare de” La vittoria e la speranza”, il 25 giugno al Teatro Franco Parenti, con Carlo Verdelli e Alessandro Bonan. Altra lectio magistralis perfetta per Milano è quella di Massimo Cacciari, al Piccolo Teatro Grassi, in via Rovello su” Giustizia e Speranza": argomento di casa in questa città che era Tangentopoli e che ha visto, specie nel passato, emergere inchieste cruciali per la storia del Paese. Infine, a 50 anni dalla sua morte, a Giorgio Scerbanenco, fratello maggiore dei giallisti italiani, è dedicato un incontro al quale partecipano una dei tre figli, Cecilia, e gli scrittori Fulvio Abbate e Massimo Carlotto.Il Premio Rosa d’oro quest’anno viene dato a un anziano e serio intellettuale africano, una sorta di smentita a Nietzsche, secondo il quale “La speranza è il peggiore tra i mali, poiché prolunga i tormenti degli uomini”. Keniota, nato povero, con parte della famiglia vittima dei Mau Mau, scrive nelle lingue africane e siede in cattedra a Yale: un bel tipo, il prof Ngugi wa Thiong’o, 81 anni, e ce l’ha fatta sperando nei cambiamenti in meglio del mondo.