ItaliaOggi, 8 giugno 2019
Periscopio
Il malcontento si spande a macchia d’aceto. Dino Basili. Uffa news.Luigi Di Maio si presenta alla conferenza stampa in cui deve ammettere di aver perso 6 milioni di voti, in apparenza freddo come il venticello artico della sconfitta, ma ha lo sguardo liquido di uno che scopre che gli hanno rigato la macchina. Renato Farina. Libero.
«Occupatevi dei vostri dipendenti e dei vostri clienti. Non perdete del tempo con i vostri investitori. Essi dichiarano di «essere investitori a lungo termine» invece prendono subito il volo alla prima difficoltà. Jack Ma, padrone di Alibaba, citato da Philippe Escande. Le Monde.
«Come giudichi», chiesi a Roberto Gervaso, «i tre grandi del giornalismo nostrano, Montanelli, Eugenio Scalfari, Enzo Biagi?». «Montanelli è una flûte di Dom Perignon, Scalfari un bicchiere di barbera troppo vecchio, Biagi Più facile che cambi sesso che votarlo», rispose, «mi piace però la sua aria da cattivo. Meglio dei buonisti che ti fottono, fingendo di tollerarti come Romano Prodi e Walter Veltroni». «Di Silvio Berlusconi sei amico ed elettore. Come lo inquadri?», chiesi. «Ogni imprenditore vende arrosto ma lui è capace di venderlo ai vegetariani». Giancarlo Perna, scrittore. LaVerità.
La Sinistra nostrana si entusiasma solo per il sovranismo altrui. Non si conquistano voti presentandosi come «il partito dello straniero». Negli ultimi tempi in Italia il mondo progressista ha sistematicamente simpatizzato con Macron quando attaccava Salvini e con Juncker quando criticava il governo Conte. Si conferma così il sospetto che la sinistra sia establishment, e pronta a svendere gli interessi nazionali. Ed è un’illusione anche scambiare Macron per un europeista: è un tradizionale nazionalista francese, che dell’Europa si serve finché gli è utile, ma per piegarla ai propri interessi. Federico Rampini, La notte della sinistra. Mondadori, 2019.
Alla fine della presentazione a Verona del libro di Aldo Cazzullo (Giuro che non avrò più fame) il pubblico ha stretto d’assedio l’autore per farsi autografare le copie. «Io sono del ’34», «io del ’29», facevano a gara gli astanti. Era come se esibissero un passaporto, come se dicessero all’autore: io sì che posso capire ciò che hai narrato, perché l’ho vissuto sulla mia pelle. Mi parevano raggianti di orgoglio, come se qualcuno li avesse finalmente sdoganati, restituendo loro il diritto di cittadinanza in questa Italia che oggi appare decostruita, non ricostruita. Stefano Lorenzetto. L’Arena.
Mi hanno attribuito di tutto: mi hanno gettato addosso tutta la spazzatura possibile, perché sono fuori dai canoni. In Anima mundi poi c’è la descrizione del sottobosco romano del cinema e della Rai degli anni 80, che conosco molto bene, purtroppo. Erano anni terribili per chi faceva quel lavoro, come me, e non era furbo. Comunque, anche quello irritò moltissimo. Del resto scrivo quello che penso, non penso agli effetti che può suscitare. Susanna Tamaro, scrittrice (Eleonora Barbieri). Il Giornale.
La Nato viene spronata da Trump a incrementare i finanziamenti per i costi della macchina militare. Non solo. Trump vuole anche gli europei contribuiscano al finanziamento di questa organizzazione in misura maggiore.L’Italia (ma anche la Germania) devono investire sino al 2% del pil. E questi paesi, come gli altri, si sono espressi per il no, non ce la fanno. Fabio Mini, già generale di corpo d’armata (Aldo Forbice). LaVerità.
Abbiamo cenato insieme con la mia famiglia. Uno dei due miei cugini Jacoangeli, Fabrizio, è un clinico di straordinario livello (tra l’altro, nove anni fa mi ha guarito dalla depressione) ma è soprattutto un medico delle anime e un lettore di esse. Giorni dopo, gli ho chiesto: «Che cosa te ne pare di Ortensio Zecchino, storico e fotografo eccelso?». Egli sa che è per me un fratello maggiore; e mi ha risposto: «Vi assomigliate molto; la differenza è che lui pratica l’arte della pazienza, tu quella dell’insofferenza e del disprezzo verso gli altri», Nessuno, così laconicamente, è stato capace di descrivermi in modo più preciso. Paolo Isotta, storico della musica. Libero.
In Russia seguii le lezioni era Vladimir Fok. Insegnava a Leningrado, ma capitava spesso a Mosca. Una testa mirabile. Mi parlarono tantissimo di Alexandr Lurija. Le sue ricerche nel campo delle neuroscienze erano molto avanzate. Andai a trovarlo, nella casa dove viveva, a Mosca. Mi venne incontro un uomo dal portamento aristocratico. Ci accomodammo in una stanza piena di libri. Sedette su una poltrona con accanto un possente cane. Parlava con voce decisa e contemporaneamente accarezzava l’animale. Con pochi tratti disegnò un ritratto molto affascinante delle neuroscienze in Russia. Emanava una grande tranquillità. Silvano Tagliagambe, filosofo (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Bush41 (per distinguerlo da Bush 43 cioè il figlio, numerazione presidenziale) era stato ambasciatore in Cina, pur potendo scegliere altri sedi più turistiche, per quella concezione da Freccia Alata della diplomazia americana. Era nato ricco ma l’aveva voluto essere ancor di più; era stato membro della fondamentale Skull and Bones, la più araldica delle confraternite, a Yale. Michele Masneri. Il Foglio.
Lo sterminio degli armeni mi ha tolto qualsiasi forma di ansietà. Non mi agito per nulla, mai, perché penso a ciò che accadde ai miei progenitori e mi dico che il peggio del peggio lo abbiamo già vissuto. Credo che ogni individuo abbia dentro di sé un lago profondo, da cui trae forza. A me pare di ritrovarla quando ascolto il nostro canto di comunione, Der voghormia, Dio abbi pietà. Antonia Arslan, romanziera, autrice de La masseria delle allodole (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Suo padre era il fotografo Nazareno Domenico Casali, che aveva investito gli anni migliori della sua vita nel vano tentativo di diventare un pugile di una qualche notorietà per poi, dopo una mezza dozzina di inesorabili sconfitte, rassegnarsi a fare il fotografo a Bologna, in piazza Maggiore. Immortalava su lastre di vetro coppie di innamorati, bambini in carrozzina, avanguardisti, crocerossine o tifosi del Bologna calcio corredando ogni immagine del doveroso svolazzo di piccioni che il piccolo Michele, battendo con violenza due assicelle, riusciva a provocare. Pupi Avati, Il papà di Giovanna. Mondadori, 2008.
Più che un collezionista, il playboy è un ottimista. Roberto Gervaso. Il Messaggero.