ItaliaOggi, 8 giugno 2019
Aquilea, quarta città romana
Di abitanti ora ne conta tremila, ma nell’età della Repubblica Romana ne aveva 100 mila ed era la quarta città dell’Italia (dopo Roma, Milano e Capua). Vi si batteva moneta. Fu fondata nel 181 a. C. per finalità commerciali e militari. Per alcuni secoli Aquileia (in provincia di Udine) ha esercitato una funzione militare di prima grandezza, come luogo di partenza verso il Noricum e i Balcani. E un ruolo di intermediario culturale. Quest’anno ricorrono i 2.200 anni dalla sua nascita. Divenne una delle più autorevoli città cristiane e resistette ad Alarico, ma nel 452 Attila la rase al suolo. Oggi conserva un insieme di scavi archeologici imponenti (porto, vie, foro, circo, sepolcreto), insieme con alcuni monumenti di alto valore: la Basilica e i due Musei. Sino alla Prima Guerra Mondiale faceva parte dell’Austria.E nell’Ottocento fu spogliata da alcuni grandiosi monumenti, che furono portati al Museo di Vienna. E che ora, per un amichevole accordo fra Italia e Austria, vengono prestati dal Kunsthistorisches alla città di Aquileia. Che ha organizzato una ricchissima mostra. Si pensi che da Vienna sono giunti, dopo 200 anni, 110 pezzi fra i 340 conservati nel Museo. Una mostra che conferma l’utilità non solo artistica della collaborazione tra istituzioni dell’Unesco. Ospitata dal Museo Archeologico Nazionale apre oggi le sue porte e celebra la cultura europea, non solo con gli oggetti esposti, ma con la sua duplice organizzazione italo-austriaca:«Magnifici ritorni. Tesori aquileiesi dal Kunsthistorisches Museum di Vienna» (sino al 20 ottobre, ore 10-19, lun. chiusa).
Che ci richiama alla mente il famosissimo quadro romantico Italia e Germania (1828) di Friedrich Overbeck, conservato alla Pinacoteca di Monaco di Baviera, nel quale due bellissime giovani, l’italiana coi capelli neri, bionda la tedesca, si esprimono affetto reciproco. Emblema della affinità culturale tra il mondo germanico e quello latino. Molti e straordinari i pezzi esposti: la massiccia croce bronzea del IV secolo con le lettere monografiche A e ? appese al braccio orizzontale; la gemma verde che raffigura una matrona con pettinatura alla moda del primo secolo; la lucerna decorata con due maschere teatrali; la grande statua in marmo dell’aquila, a grandezza naturale con le ali aperte, evidente richiamo al nome della città; il piatto d’argento con emblemi della fertilità e dell’agricoltura; e tanti altri interessantissimi oggetti.
Ma l’opera d’arte di eccezione, che da sola merita una visita della mostra, è il rilievo votivo di Mitra Tauroctono, prodotto in Mesia o Dacia nel secolo II d. C. Il culto solare di Mitra, di origine orientale, era molto diffuso tra i soldati, che ad Aquileia erano tanti. Il rilievo in marmo esposto, ovale e largo quasi un metro, serviva probabilmente come immagine durante i riti. È di rara perfezione artistica. E di un ottimo stato di conservazione. Fu trovato nel 1888 sepolto nel campo di un monastero, dove probabilmente era stato nascosto quando nel IV secolo il trionfo del cristianesimo proibì il culto di Mitra.
Raffigura tutti gli elementi di quella religione, che non poco aveva in comune con quella cristiana: il dio, col suo cappello frigio, dentro una grotta sgozza un toro, il cui sangue feconda la terra. Assistono al rito gli animali di Mitra, il serpente, il cane, lo scorpione, il corvo e tre pecore; presenti al rito i due «diaconi» del Dio, Cautes e Cautopater, che, con le fiaccole in mano, simboleggiano l’alba e il tramonto.
L’altro grande reperto esposto alla mostra è la cosiddetta Venere di Aquileia. Alta statua di marmo, la sua destinazione originaria doveva essere un edificio pubblico, come le terme o il teatro della città. Purtroppo priva del capo e della mano destra, il corpo della dea è ricoperto solo in parte da un panno che le nasconde il grembo. Non era una venere «callipigia», non mostrava il suo bel sedere, ma esponeva due grandi seni, inadatti in un luogo sacro.
Fu trovata nel 1824, sepolta in un suo campo, da un parroco, certo Zuppancich. Sacerdote devoto e pio entrò in crisi di fronte a quella immagine straordinaria di Venere, copia romana di originali greci: come faccio a tenere in parrocchia la statua di una divinità così nuda? Meglio venderla. E fu così che Venere nel 1828 entrò nelle collezioni imperiali di Vienna. Al Museo fu tenuta a lungo nei sotterranei e l’occasione della mostra ne ha consentito il restauro per opera della Fondazione Aquileia.