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 2019  giugno 08 Sabato calendario

I perché sulle migrazioni degli animali

Il pianeta è attraversato da miliardi di animali migratori che nuotano, volano, strisciano: minuscoli o giganteschi o in gruppo, dalle farfalle alle balene, dagli gnu ai salmoni ai granchi, percorrono migliaia di chilometri ogni anno, affrontando difficoltà e rischi mortali. Cos’è questa smania di muoversi, di viaggiare? Che senso ha lasciare la «patria», e la nostalgia omerica del nostòs, del ritorno? Come fanno a raggiungere la loro destinazione? Come si orientano, come tornano ogni anno esattamente nel luogo in cui sono nati? E soprattutto, perché lo fanno? Perché uccelli, pesci, anfibi, rettili, insetti e mammiferi marini e terrestri migrano? Non sarebbe meglio restare nello stesso posto?
Domande antiche, che la naturalista Francesca Buoninconti affronta in Senza confini. Le straordinarie storie degli animali migratori. Da millenni gli uomini si interrogano sulle rondini, ad esempio: per qualcuno volavano sulla luna, per altri si spogliavano di penne e piume trasformandosi in rami. La spiegazione più strana, scrive l’autrice, è di Aristotele - che si occupò anche di tonni rossi - secondo il quale alla fine dell’estate si posano sui canneti dei laghi, perdono il piumaggio e si tramutano in rane, trascorrono l’inverno sotto forma di anfibi e poi riemergono dall’acqua in primavera, di nuovo con le ali blu lucenti. Ipse dixit.
Federico II di Svevia scrisse il De arte venandi cum avibus, fior di trattato sulla falconeria ricco di più di 500 illustrazioni, un’ottantina di descrizioni di uccelli e osservazioni sul comportamento degli stormi, i tempi della migrazione e le particolarità del piumaggio e del volo. Ma solo dalla fine dell’Ottocento arriveranno le prime risposte della scienza. 
Quella contemporanea, scrive l’autrice, è che la maggior parte degli animali migratori obbedisce alle leggi del riprodursi e del trovare cibo a sufficienza: due cose che raramente si trovano nello stesso luogo. Questi animali vivono in luoghi con stagioni definite: molto spesso proprio l’alternanza delle stagioni e dei cicli produttivi fa sì che le aree favorevoli e ricche di cibo in inverno, non lo siano per riprodursi in estate. E viceversa. Il posto migliore per nutrirsi non è quello migliore per mettere al mondo la nuova generazione o semplicemente sopravvivere. Così i migratori sono costretti a spostarsi per evitare il caldo o il freddo estremo, trovare le condizioni ideali per la riproduzione, e avere cibo a sufficienza per se stessi e per la prole. Meglio affrontare grandi rischi (primo fra tutti, l’attraversamento di mari e oceani) e una morte probabile, che una morte certa.
Gli esempi sono molteplici e affascinanti. Fra i percorsi-record, scrive l’autrice, quello della Berta beccosottile (Puffinus tenuirostris) che «percorre in migrazione 30.000 chilometri ogni anno: da settembre ad aprile nidifica in Tasmania e da maggio ad agosto sverna tra le onde del Mare di Bering e di Ciukci. Senza contare che, durante la nidificazione, dalla Tasmania vola fino in Antartide per alimentarsi e portare cibo alla prole. E poi c’è lei, la sterna artica (Sterna paradisaea), che detiene il record per la migrazione più lunga del mondo: 80.000 chilometri in viaggio tra il Polo Nord e il Polo Sud, viaggia ogni anno tra Polo Nord e Sudseguendo percorsi diversi tra andata e ritorno.
Gli uccelli migratori che arrivano in Europa in primavera, invece, godono di due grossi vantaggi. Il primo, sottolinea la Buoninconti, è che alle nostre latitudini in quel periodo si verifica un’esplosione di fiori, frutti e insetti. Il secondo è che le giornate si allungano: ci sono quindi più ore di luce a disposizione per raccogliere il cibo. E questo vuol dire impiegare meno energie per procurarsi da mangiare e riuscire a portare avanti anche più di una covata. Restando in Africa non avrebbero altrettanta abbondanza. Quando l’estate finisce e sopraggiunge l’inverno, preferiscono tornare in Africa, dove troveranno una nuova primavera.
La nota più dolorosa, fra tante meraviglie, è che tutto questo andare sarà presto stravolto dal riscaldamento globale. La perdita e lo spostamento dei ghiacci marini spinge ad esempio i pigoscelidi di Adelia e i pinguini imperatore a spostarsi più a Sud. Nuove migrazioni cominceranno, anche di animali da sempre stanziali, anche di piante. Centinaia di specie da qualche tempo sono costrette a mettersi in marcia, altre lo faranno presto. «Entro il 2100 quasi 700 specie marine americane, di cui molte importanti per la pesca commerciale, potrebbero veder spazzato il 90% del loro areale ed essere costrette a spostarsi anche di 2000 chilometri verso Nord. Molte piante stanno già scalando le montagne per sfuggire all’arsura, cambierà persino la geografia dei vini e delle zone d’origine», spiega l’autrice. E ci sarà poco da brindare: è una guerra, come quelle che coinvolgono gli umani, migranti obbligati anche loro