Tuttolibri, 8 giugno 2019
Michael Jackson raccontato da Margo Jefferson
Oggi Margo Jefferson è una delle scrittrici più apprezzate della scena letteraria americana, ma la sua carriera è decisamente anomala: ha raggiunto il successo con Negroland quando aveva già superato i sessanta anni, dopo essersi costruita un solido profilo intellettuale con articoli pubblicati sul New York Times e The Nation. Agli inizi la critica ha accolto con interesse le sue prime prove letterarie, ma emergeva anche una diffidenza rispetto alla provenienza giornalistica. Basta leggere le prime pagine di quel libro per vedere come si trattasse di un pregiudizio, e la sua alta qualità letteraria è confermata nell’appassionante Su Michael Jackson, in uscita in Italia per 66th and 2nd. Dopo una nuova introduzione, scritta a seguito della visione di Leaving Neverland, il documentario nel quale due giovani raccontano di essere stati abusati da bambini da Jackson, la Jefferson riflette sulla psiche del musicista, spiegando come possa essere insieme ghetto e prigione. «Per molti di noi è entrambe le cose – e anche qualcosa di più complicato. Un ghetto può essere anche un posto vitale. Un santuario può trasformarsi in prigione. Michael Jackson è fuggito dal ghetto di Gary, in Indiana, e ha costruito il santuario di Neverland, che è diventato una prigione circense, l’emblema perfetto della mente di Michael Jackson». È ammirevole come l’autrice riesca a mettere in discussione verità precostituite, ribalti ogni concezione assoluta e non scada in un facile romanticismo. Poche righe dopo racconta quale fosse la sua vita familiare, descrivendo così i genitori: «Joseph Jackson, il padre che crede nelle frustate ma non nelle percosse; Katherine Jackson, la madre sempre incoraggiante e sempre sfuggente«. Il linguaggio è veloce, attento, sempre efficace, e se esiste una relazione con il passato giornalistico è nell’ammirevole economia delle parole, che restituiscono una vicenda che è per metà fiaba e metà film dell’orrore. Anche Michael Jackson a subito abusi in gioventù, e nel libro risulta una creatura piena di dolore e mistero: un freak che ha composto il proprio corpo con pezzi di idoli quali Diana Ross, Liz Taylor, Liza Minnelli ed Elvis Presley, del quale sposò la figlia. La Jefferson sottolinea come siano «tutti ex bambini smarriti, strappati troppo presto a un’infanzia normale per colpa della fama o di tragedie familiari». È illuminante apprendere che quest’uomo di enorme talento desiderava interpretare unicamente Peter Pan o Edgar Allan Poe, con i quali si identificava. Insieme alla descrizione delle incredibili collezioni nella tenuta di Neverland, le pagine maggiormente rivelatorie sono quelle relative al processo, che la star riuscì a trasformare in un circo: anche in questa circostanza l’autrice oscilla tra l’ammirazione per il carisma, la pena e la paura che le accuse risultino vere.Un verso di Jackson dice «Before you judge me try to love me»: la Jefferson lo cita dopo aver affermato che a seguito dei suoi traumi fosse in grado di relazionarsi solo con i bambini, pretendendo che tutti lo amassero incondizionatamente. Ma poi conclude «Michael Jackson parla in vece del bambino mostruoso che tutti ci portiamo dentro».