Corriere della Sera, 8 giugno 2019
Cecilia Bartoli adora imbruttirsi
SALISBURGO Cecilia Bartoli appare con la dentiera fatta dal suo dentista, indossa una sottoveste lurida, si strappa la parrucca a ciuffi restando quasi calva. Nel colpo di scena finale avviene la dissoluzione del potere e dell’incanto del suo personaggio, «una tentatrice, una strega, un’amante appassionata», dice lei. E si trasforma in un mostro.
Alcina di Händel, al debutto ieri a Salisburgo, con Gianluca Capuano sul podio dei Musiciens du Prince di Monaco, è lo spettacolo di punta del Festival di Pentecoste diretto da Bartoli: ha richiamato 76 quotidiani e 13 tv da tutta Europa; ed è la prima avventura barocca per il regista Damiano Michieletto (la ripeterà a Parigi col Giulio Cesare). Ha tre ore e venti di musica e 26 arie da gestire, ispirate dall’Ariosto e unite dalla magia e dal sogno: «La parola che ricorre più di frequente è inganno, ho diviso lo spazio scenico in due, da una parte c’è il mondo reale, dall’altra quello degli inganni», esordisce il regista.
Sulla sua isola deserta, la maga Alcina fa naufragare gli uomini, e la tempesta è in un video; li seduce e poi li trasforma in pietre e alberi: nel libretto anche in animali, però qui si omette questa terza invenzione. Tutto comincia con Bradamante che, camuffata in abiti maschili, va in cerca di Ruggiero, suo sposo scomparso. Qui la vicenda si svolge in un hotel ambiguo, inquietante come il motel di Psycho, dove i personaggi non sono consapevoli. Bradamante non vede che dietro a uno specchio (come quello di Biancaneve dove la strega interroga il futuro, ma è come un vetro che permette di guardarvi attraverso) ci sono i prigionieri di Alcina. Lentamente si assiste al loro disvelamento.
«Ruggiero capisce che tutto il potere magico è in quello specchio, afferra un’ascia e lo manda in frantumi, come se avesse annullato l’incantesimo di Alcina», aggiunge Michieletto. Dall’alto scendono pezzi di specchio appesi a dei fili, è il mondo di Alcina che è stato distrutto, mentre gli uomini, vestiti in abiti rinascimentali, come se la loro vera natura fosse quella del tempo di Ariosto (unico tocco antico in un’ambientazione contemporanea), vengono liberati. Sull’isola incantata si fanno strada ruoli en travesti e una trama da Optalidon. Oronte (capo delle guardie di Alcina), ama Morgana (sorella della maga), che ama Bradamante che ama Ruggiero, lo schiavo di Alcina, e i due si amano, questo è certo.
La scenografia
Ci sono arie che durano fino a 12 minuti, riempite di pochi versi, e poi c’è scritto da capo che vuol dire ricantarle ancora una volta. Una manna per il talento di Michieletto (atteso alla Scala nella prossima stagione con due nuove produzioni, Salome di Strauss e un dittico contemporaneo tra Nono e Schönberg) che può dilatare o restringere l’azione come gli pare, nel suo negozio di «giocattoli» abitato da simboli e narrazione: «La difficoltà è gestire la durata. È una musica che non si impone, i personaggi sono allusivi». Il rischio, quando si maneggia il barocco, è proprio nell’accezione negativa che si dà al barocco, e cioè di riempire la scena di tante cose ridondanti.
C’è un doppio di Alcina, una bambina, e un’altra Alcina che rappresenta la morte e alla fine, ancora più imbruttita, diventerà Cecilia il mostro. «Ho cercato di rendere i personaggi umani, giocando con l’elemento della magia, il surreale. Alcina è una donna triste, sola, crudele, rabbiosa, gelosa, chiusa nel suo potere, vulnerabile. Ha bisogno di amore, sente che la fine è prossima, è questo tipo di umanità che rende emozionante il personaggio e lo nutre», conclude Michieletto. Ed ecco che Cecilia Bartoli canta «Ah mio cor, schernito sei, traditor t’amo tanto, vuoi lasciarmi sola in pianto»: è il ritratto di una donna che piange, non di una strega che ti ipnotizza. Il regista ha posposto l’ultima aria per enfatizzare la catarsi di una persona ormai perduta. È il senso della paura che possa svanire ciò che hai raggiunto, prestigio, potere, bellezza, e la tua vita perderà significato. Nessuno più arriverà all’isola di Alcina.
Dopo gli effetti speciali di video in super slow motion, (sullo specchio in frantumi e sull’esplosione di una bolla sott’acqua quando a Ruggero viene svelato l’incantesimo dell’isola), Cecilia Bartoli si mostra coi denti neri e cariati. Al regista, la cantante dice: «Alle mie colleghe non piace imbruttirsi e sporcarsi. Io invece lo amo».